LE DUE EUROPE di Stefano Carluccio da Critica Sociale del 6 novembre 2011
09 dicembre 2011
Persino nel cuore dell’Impero, nella stampa di lingua sassone del IV Reich (come chiamano gli americani l’Europa “germanizzata”, poichè quella “carolingia” franco-tedesca è ormai superata dai fatti - come ha ben esemplificato Romano Prodi (“Ma quale direttorio! Lei detta le regole e lui fa la conferenza stampa”, alludendo al duo Merkozy) - persino in Germania e in Austria c’è fermento per la sottomissione alle tecnostrutture finanziarie globali della piccola politica dell’Unione. La questione è posta con brutale chiarezza: siamo di fronte a “Due Europe”, quella dei mercati e quella di popoli, ed ad uno bivio tra le due prospettive. Chi ha avuto il merito di mettere a fuoco sotto gli occhi del mondo la natura della crisi dell’Euro nella speculazione contro il debito sovrano dell’Unione (e dei suoi membri) è stato il primo ministro Papandreu con la minaccia del referendum, non sulla moneta unica, ma sulla questione di sovranità in assenza di un passo conclusivo verso l’integrazione economica e politica. Questione aggirata in nome dell’emergenza, quasi fosse impazzito. Scrive l’austriaca Die Press che le “reazioni alla proposta di referendum dimostrano che in Europa si è ormai affermato un pensiero unico che non tollera obiezioni, ma l’ortodossia finisce sempre per accecare le menti”. E si domanda: “Cosa ci vogliono dire i commentatori dell’ Europa unita (che il giornale austriaco mette sul piano di una casta sacerdotale, investita da non si sa quale potere superiore) che un rifiuto del piano di Bruxelles da parte dei greci avrebbe avuto ‘conseguenze imprevedibili’? Insinuano forse che le conseguenze delle ‘misure’ decise finora erano prevedibili? Gli avvenimenti dell’anno scorso ce ne hanno fornito qualche prova?”. Quindi l’affondo: “Perchè i cittadini europei non avrebbero il diritto di pronunciarsi su un progetto che riduce in modo considerevole la sovranità del loro Paese? Forse è colpa loro se non capiscono che succede oppure è di chi non glielo ha spiegato chiaramente? E le mancate spiegazioni di questi ultimi non sono forse dovute al fatto che anche loro non capiscono quello che succede?”. Senza dogma non vi sarebbe eresia “e senza eretici l’Europa - ne è convinta Die Press - non potrà essere salvata. In realtà chi contesta il diktat attuale difende l’Europa”. Si mormora in giro, sempre più spesso, che l’Euro sia stato un errore e che sia una disgrazia esserci finiti dentro. E’ un luogo comune forse maggioritario nel sentiment di tutti i ceti, soprattutto negli ex ceti medi o in via di diventarlo (l’asticella del reddito sale di mese in mese). E’ una reazione giustificata, ma sbagliata. Giustificata perchè l’Euro non era il fine del Trattato di Maastricht, ma un mezzo: il fine era il “Mercato Unico con un’Unica Moneta”, come titola lo stesso Trattato. Ma senza Mercato unico c’è solo la politica monetaria. E questa è l’unico criterio di economia pubblica europea vigente nell’Unione. Di qui la crisi della prospettiva unitaria, della crescita economica e della moneta. Sbagliata, perchè, L’Euro deve essere rimesso al suo posto come strumentale a una più ampia visione di Unità europea: porre fine a secoli di conflitti e al sorgere di totalitarismi, come vollero a Maastricht Khol e Mitterrand, Craxi, Thatcher, Gonzales, Soares, ecc. L’Euro è dunque un campo di battaglia in cui si combatte per “Due Europe” e che i democratici non abbandonano, per affermare la loro visione di Europa. Lo spiega molto puntualmente il più importante quotidiano tedesco la FAZ (Frankfurter Allgemeine Zeitung) in un editoriale di Frank Schirrmacher ( sollecitiamo a leggere con attenzione l’articolo qui sotto) che chiarisce i termini dello scontro in corso (vedi testo originale in tedesco). Essendo quello tedesco un popolo da decenni democratico, a tutela della sua stessa libertà la FAZ scrive fuori dai denti e pone questioni molto pesanti (forse ricordando Weimar), ma illuminanti su ciò che si muove dietro le quinte della crisi: “Sui mercati finanziari alcuni protagonisti analizzano senza scomporsi la storia di questa crisi annunciata. Una voce che circolerebbe - riferisce la FAZ - negli ambienti della finanza sostiene: sarebbe bello se una giunta militare prendesse il potere in Grecia, perchè nessuna giunta militare potrebbe essere accettata nella UE”. Quindi prosegue: “C’è chi come Forbes, che non è certo una voce ininfluente nel mondo della finanza, si spinge addirittura oltre: ‘La cosa più triste della battuta - riferisce - è che se ignoriamo il fatto che si tratterebbe di una dittatura militare, sarebbe in realtà una buna soluzione per il Paese”. Chiaro? Se non lo fosse, il quotidiano di Francoforte si fa più esplicito: “Ormai è sempre più evidente che la crisi che sta stritolando l’Europa non è una difficoltà passeggera, ma l’espressione di una lotta per la supremazia tra il potere economico e quello politico”. Sui giornali italiani nemmeno un cenno, nè all’editoriale (clamoroso per la testata e il Paese da cui proviene), nè al tema. Mille anni luce distanti. Non solo provinciali, non solo irresponsabili, come si dice. No, peggio: servili. Capita anche ai migliori, come - lo citiamo a mo’ di un esempio tra i tanti perchè mediamente più illustre - in un recente editoriale sul Corriere della Sera, nel quale si giunge a sostenere che: “ogni democrazia, persino quella greca, può liberamente mandare a quel paese anche l'euro, purché ne accetti le conseguenze. I cosiddetti mercati non impongono nulla”. Questo è il “culturalmente corretto” in voga. Ma la ragione ha un suo rigore: il dirigismo finanziario che si asserisce nell’articolo, si basa su una presupposta e indimostrata “neutralità” dei fatti economici, quasi questi non fossero il risultato di libere volontà, di scelte più o meno etiche. Quasi i “mercati” non avessero un nome, cognome, via e numero di telefono. La venatura dirigista di molti intellettuali italiani si è spostata, dopo la fine del comunismo, in quella che si specchia come falsa coscienza “liberale” perchè si applica alla finanza. Fatto sta che lo “storicismo finanziario” finora non l’aveva inventato ancora nessuno. Ma è una sciocchezza che sta diventando un “fatto” nell’opinione pubblica, la disorienta in una crisi che non si vuol dire come sconfiggere. Aspettare e subire. Dopo un secolo speso in distruzioni, il solo traguardo positivo, l’Europa unita, sembra essere in pericolo aggredita da entità neutre “che non impongono nulla”. Ci si crede davvero o ci si adegua? Nel dubbio verso “entità neutrali” di qualunque tipo, la Grecia inventò oltre duemila anni fa la Democrazia. Che neutrale non è, essendo l’arma degli indifesi.
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