LAICI SCHIACCIATI NELLA SECONDA REPUBBLICA di Luciano Belli Paci - 28 ottobre 2008

20 novembre 2008

LAICI SCHIACCIATI NELLA SECONDA REPUBBLICA di Luciano Belli Paci - 28 ottobre 2008

Negli ultimi 14 anni la situazione politica dei laici in Italia è nettamente peggiorata. Per rendersene conto basta riflettere sul fatto che le leggi che costituiscono le pietre miliari della laicità nella storia della Repubblica, quella sul divorzio del 1970 e quella sull'aborto del 1978, non sarebbero mai passate nei parlamenti eletti dal 1994 ad oggi, sia con maggioranze di centro-destra (elezioni 1994, 2001, 2008) sia con maggioranze di centro-sinistra (elezioni 1996, 2006). La ragione di questo indebolimento dei laici non risiede in un'accresciuta influenza della Chiesa Cattolica nella società italiana, visto che tutti gli indicatori dicono che la secolarizzazione ha continuato a svilupparsi e che sono largamente maggioritari, anche tra i cattolici, i cittadini che non sono disposti ad uniformare le proprie scelte alle direttive delle gerarchie ecclesiastiche. Vi sono invece ragioni strettamente politiche che concorrono a determinare una situazione sfavorevole. La fine della DC e del principio dell'unità politica dei cattolici ha reso "contendibile" il c.d. voto cattolico. La scomparsa dei partiti laici, la creazione di partiti-contenitore scarsamente identitari e l'introduzione di sistemi elettorali maggioritari hanno determinato le condizioni perché la competizione elettorale si concentrasse principalmente nella conquista dell'elettorato fluttuante, che si presume di centro. Poiché si suppone che l'elettorato cattolico sia per definizione di centro, va da sé che gli strateghi del maggioritario reputano essenziale dedicare a questo elettorato una cura particolare. In questo contesto si sono inserite, da un lato, la consumata abilità politica della CEI che ha sollecitato in ogni modo gli schieramenti politici a mettersi in gara per compiacerne i desiderata, e, dall'altro lato, l'ansia di legittimazione e la subalternità culturale di larga parte del ceto politico, sia di centro-destra sia di centro-sinistra. Si è così imposta nel linguaggio politico corrente una micidiale sineddoche, per cui si parla di un tutto, "i cattolici" ("i cattolici vogliono", "rispettare i cattolici", ecc.), riferendosi in realtà ad una parte del tutto, ai soli clericali, cioè a quella minoranza di cattolici che è ancora disposta a seguire le direttive politiche delle gerarchie e/o che è proprio convinta che i precetti di una religione, la loro, debbano tradursi nelle leggi dello Stato ed essere così imposti a tutti. La produzione (o non produzione) legislativa di questi anni risente in modo evidente di questo stato di cose. Basterà ricordare i maggiori privilegi diretti e indiretti concessi alla Chiesa (buono-scuola, immissione in ruolo degli insegnanti di religione, esenzione ICI per immobili commerciali di proprietà ecclesiastica), la paralisi di qualunque progetto riguardante i diritti civili (divorzio breve, Pacs, testamento biologico), le nuove leggi restrittive e repressive (L. 40 sulla fecondazione assistita, affidamento condiviso, prostituzione). C'è un solo modo per invertire questa tendenza: far pesare il voto dei laici, credenti e non credenti, che sono la grande maggioranza dei cittadini italiani. E dunque organizzare l'opinione laica, farla entrare nel gioco politico, renderla visibile, fare rete, anche con strumenti come la Consulta per la Laicità delle Istituzioni. Occorre far capire agli schieramenti politici (tutti) che il voto dei laici non è scontato, che è anch'esso "contendibile" e può essere conquistato solo assumendo impegni precisi e mettendo in pratica comportamenti conseguenti. Occorre inoltre che noi laici ci rendiamo conto che la "laicità difensiva" è perdente e che l'unica difesa efficace delle nostre ragioni consiste nella lotta per espandere sempre di più il perimetro dei diritti civili, dell'emancipazione delle persone, dell'affermazione piena dei principi costituzionali.

Vai all'Archivio