LA VIOLENZA E’ SEMPRE DA CONDANNARE: ANCHE SE LE VIOLENZE NON SONO SEMPRE UGUALI di Francesco Bochicchio

26 febbraio 2018

LA VIOLENZA E’ SEMPRE DA CONDANNARE: ANCHE SE LE VIOLENZE NON SONO SEMPRE UGUALI di Francesco Bochicchio

La violenza  di Palermo da parte di settori della sinistra antagonistica a danno di esponente di primo piano di destra fascista, oggetto di pestaggio brutale, crea confusione, che va accuratamente dipanata.

In primo luogo, la violenza va sempre condannata, da qualunque parte venga.

Ma, in secondo luogo, le due violenze non sono eguali: per l’accoltellamento del giovane di sinistra mentre stava attaccando manifesti in gruppo, da parte di un gruppo di Forza Nuova, le indagini vanno a rilento e i militanti di Forza Nuova hanno dato la colpa ai militanti di sinistra affermando che l’accoltellato si è ferito da solo. Anche l’esponente di Forza Nuova oggetto del brutale pestaggio ha precedenti per aggressioni a danno di extracomunitari, cercando anche di dare la colpa agli aggrediti.

I fascisti come sempre realizzano  una violenza organizzata e scientifica a danno degli avversari politici, con una strategia ed un disegno di destabilizzazione e di attacco alla democrazia, che  riceve l’appoggio o comunque la benevolenza di destra democratica, come Fratelli d’Italia, la Lega ed anche Forza Italia: ed infatti, Berlusconi afferma, addirittura dopo l’orribile “raid” di Macerata,  di temere non il fascismo ma l’antifascismo. Quella di sinistra è violenza di gruppi minoritari scomposta ed improvvisata, come negli incidenti da essi provocati durante i cortei antifascisti, senza alcun progetto e senza appoggio negli altri e maggioritari settori di  sinistra.

I fascisti creano tensione e preparano il terreno per un grande attacco quando ci saranno le condizioni con la popolazione esasperata dagli extra-comunitari.

E veniamo alla confusione. Parlare come sul “Corriere della Sera” di “opposte fazioni”  è improprio e richiama gli “opposti estremismi” degli anni settanta, dove si negò che la violenza di sinistra poi diventata terribile nacque come reazione a quella fascista ed alle stragi.  Galli della Loggia parla addirittura di improprietà di ricorso all’antifascismo, in quanto con componenti anche antidemocratiche e violente, in un’ottica che in definitiva tende a creare le condizioni di una hegeliana notte in cui “tute le vacche sono nere”, se non legittimando alla fine il fascismo  comunque delegittimando la lotta nei suoi confronti.

Dietro la confusione vi è un disegno del fronte moderato: non quello di favorire il fascismo, ma quello di delegittimare l’antifascismo radicale e con esso l’antagonismo socio-politico, ponendolo sullo stesso piano del fascismo. E’ un disegno antidemocratico ma anche privo di senso: si vuole  ripetere l’operazione realizzata con successo negli anni di piombo, trascurando un aspetto fondamentale. Lì vi era un fronte moderato  che incarnava un sistema valido e vitale. Qui si incarna un sistema in disfacimento. Il rischio di tale strategia del fronte moderato è di esacerbare i toni rinvigorendo le fila del fascismo e, di riflesso, dell’antifascismo: se è illusoria la sua pretesa di fungere da ago della bilancia, ben diverso e realistico è lo scenario di un o scontro selvaggio..

Se questo è lo scenario, delegittimazione dell’antifascismo come antagonismo, con il rischio di creare le condizioni per esacerbare la conflittualità politica, la sinistra non moderata ed antiliberista si deve preparare in modo adeguato.  

La violenza non appartiene alla sinistra ma, oltre a degenerazioni anche non effimere, come in tutti i regimi comunisti realizzati, e come durante gli i anni di piombo, non si può dimenticare che un’indulgenza verso la violenza vi è sempre stata, indulgenza del tutto ingiustificata e non coerente con l’ideologia, come mostrò impareggiabilmente Lucio Colletti prima di abbandonare il marxismo, evidenziando che in Lenin mancò qualsiasi esaltazione della violenza, sostenuta ed utilizzata solo per abbattere lo zarismo prima e difendere poi la rivoluzione da attacchi eversivi. E’ da aggiungere che il famoso riferimento di Marx a “la violenza levatrice della storia” non è contenuto negli scritti politici ma nel “Capitale”, alla fine del I libro, e si riferiva alla nascita del capitale industriale che si basò sull’esproprio degli artigiani e dei piccoli proprietari e sulla persecuzione  a danno di chi non si occupava nell’industria e veniva etichettato come vagabonde. In Marx, la violenza proletaria veniva, evidentemente, ad essere giustificata esclusivamente al fine di difendere la rivoluzione da minoranze violente visto che Marx, sempre alla fine del I libro, previde che la classe operaia sarebbe diventata stragrande maggioranza alla luce della fine del ceto medio: detta fine si sta realizzando centocinquanta anni dopo, ma a fronte della dispersione delle classe lavoratrice, il che ha inficiato lo scenario prefigurato da Marx ed alterandolo irrimediabilmente.

Negli anni di piombo dalla opposizione al fascismo prima e dalla violenza di reazione, si passò, per il tramite di una speranza rivoluzionaria inconsistente (nel momento in cui era volontaristica e basata sull’assalto al Palazzo d’Inverno, rinunziando ad un gradualismo serrato ed efficace),  ad una violenza fine a sé stessa e terribile, in un’ottica dannunziana ed estetista di natura nichilista.

In definitiva, occorre andare ben oltre la pur giusta ed anzi doverosa evidenziazione della irriducibilità dell’una violenza rispetto all’altra.

Nei confronti del fascismo si deve muovere resistenza attiva non violenta, bloccando le manifestazioni, e protestando in permanenza sotto le sedi.

Il fascismo va isolato e delegittimato: l’antagonismo, come forma in grado di opporsi con fermezza ad esso, e di aggregare altre forme di antifascismo.

L’antagonismo deve isolare e delegittimare il fascismo e proporsi come univa alternativa al moderatismo. In una fase di dispersione di classe,  l’antagonismo, privo di una base sociale, deve coniugare l’opposizione sociale ad una politica, basandosi sulle masse popolari. Di qui la necessità di un dialogo con il populismo non fascista e non razzista, come il Movimento 5 Stelle, che pure sull’opposizione al fascismo ha non poche incertezze e non è andato alle manifestazioni di protesta nei confronti del “raid” di Macerata. Il Movimento 5 Stelle incarna la protesta più efficace nei confronti del moderatismo ma non è in grado di presentarsi in termini di alternativa. Di qui, anche per  esso, la necessità di un dialogo con la sinistra antiliberista.  

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