LA SINISTRA RADICALE NEL NUOVO QUADRO POLITICO di Alberto Benzoni
07 settembre 2019
LA SINISTRA RADICALE NEL NUOVO QUADRO POLITICO
Per “sinistra
radicale” intendo qui l’insieme di forze che si collocano, almeno
formalmente, a sinistra dell’attuale Pd. Il quale Pd, nel corso degli
ultimi decenni, ha via via abbandonati i suoi vecchi connotati per
diventare, a tutti gli effetti, partito del sistema anzi il guardiano
dell’ortodossia europeista, liberista e atlantica. In teoria, ciò
avrebbe dovuto creare degli spazi consistenti per noi; per quelli che
avevano “raccolto dal fango la bandiera”.
E invece no. E invece è
accaduto l’esatto contrario. Se nel 1996, la sinistra critica con la
sola Rifondazione comunista sfiorava il 9% e, nelle sue varie sigle,
superava, nel 2006, il 10%, alle ultime europee siamo arrivati, tutti
insieme, al 5 %. Se nel 1996 si era ragionevolmente uniti nel sostegno
indipendente e, spesso, critico al governo dell’Ulivo, le scarse forze
in campo oggi sono divise da odi profondi. Per Marco Rizzo che porterà
le sue legioni a Roma a manifestare contro il governo il prossimo 9
ottobre, il nemico principale non è Salvini ma Speranza…
A questo
riguardo, è bene ricordare che analoga, se non peggiore sorte, è toccata
ad altre due bandiere: quella del socialismo e quella
dell’ambientalismo. Bisogni presenti e come nella società (molto più
marcato e visibile il secondo del primo: il degrado ambientale nel senso
pieno della parola lo vedo e lo patisco; il fatto che il mio reddito
sia ….mila volte inferiore rispetto a quello di un riccastro americano
non mi tocca più di tanto anche perchè non ci posso fare proprio
niente). Totalmente inesistenti, invece, come capacità di
rappresentanza: sino al limite di un prefisso piemontese e lombardo.
E’ , portato a livelli estremi e tragicomici, lo stesso limite nostro.
Un delirio di autoreferenzialità con la relativa incapacità di
comunicare con gli altri e di rivolgersi al mondo esterno. Così come di
assumere iniziative e di “fare movimento”. Nessun progetto di presenza
autonoma a livello elettorale, ivi compreso quello comunale (che
dovrebbe essere alla nostra portata). Nessuna partecipazione attiva nei
movimenti. Nessuna capacità di partecipare ad alleanze più larghe o
anche solo a porle all’ordine del giorno. Insomma, nessuna
manifestazione percepibile di “esistenza in vita”.
Ma non è solo
colpa nostra. Perché, e qui parlo in particolare di noi, la nostra crisi
esistenziale è anche il frutto dell’indebolimento generale della
sinistra. Se il “sole dell’avvenire” è scomparso, noi consenzienti,
dall’orizzonte, è scomparso per tutti, moderati o radicali che siano;
perché è scomparso dai cuori e dalle menti della nostra gente. Se i
valori fondanti della nostra società e, per altro verso, la narrazione
della sua crisi, sono governati della destra, anche noi siamo trascinati
sotto le macerie. Se siamo diventati cittadini di Sodoma o di Gomorra
non c’è Giusto che ci possa salvare.
Pure, cari amici e compagni,
non possiamo fermarci a questo punto. Per chiuderci in una specie di
ridotto della Valtellina, preparandoci con lo studio e l’analisi a
rivincite future.
Nella cultura e nella memoria storica della
sinistra, da duecento anni a questa parte, c’è la netta distinzione tra
il Nemico principale e il suo avversario. Per lottare contro il primo,
se necessario a fianco del secondo; e per mantenersi separata e, quando
opportuno, critica nei confronti di quest’ultimo.
Uno schema che si
ripropone con assoluta nettezza all’indomani della crisi di governo e
con la formazione del nuovo governo Pd/5S/Leu. In alternativa c’erano le
elezioni, la vittoria di Salvini e del centro-destra, il monopolio da
parte del Pd di tutto lo spazio di opposizione in attesa di quella crisi
economica e finanziaria che l’avrebbe, con l’amica Europa, forse,
riportato al potere. Il tutto facendo pagare al nostro paese prezzi
inimmaginabili.
Oggi abbiamo invece, con la fine dell’odio paranoico
tra Pd e 5S un governo che afferma in linea di principio la necessità
della svolta ; che avrà margini di manovra, economici e finanziari, di
gran lunga superiori; e non solo rispetto a quello che l’ha preceduto; e
che difende i principi della democrazia liberale contro i suoi nemici.
Prendiamone atto.
E prendiamo atto anche del fatto che i suoi
impegni sono per lo più vaghi; e talora del tutto insufficienti. E che
rimarranno tali in assenza di un forte movimento che da sinistra ponga
all’ordine del giorno e con forza i temi di questa svolta: rilancio
dello stato e del pubblico, politica ambientale, mezzogiorno,
investimenti pubblici qualificati, politica redistributiva, rapporto
costruttivo e nel segno del cambiamento con l’Europa, per citare i
principali titoli.
Una grande occasione per noi. Non dobbiamo
lasciarcela sfuggire. Perché ne va del futuro non solo della sinistra ma
del nostro paese.