LA SINISTRA E LA NATO di Alberto Benzoni
03 marzo 2017
Nel corso delle ultime settimane sono avvenute tre cose.
L’Ucraina ha indetto un referendum sul tema della sua adesione alla Nato. Non è stata una iniziativa del governo, molto prudente sulla questione. Ma di un parlamento in cui aumenta ogni giorno il peso della destra nazionalista e, come si diceva una volta, ideologicamente bellicista. In questo referendum è dunque probabile la vittoria del sì: anche perché gli ucraini, separatisti o no, delle regioni orientali non saranno, in buona misura, in grado di parteciparvi.
Inutile aggiungere che se il sì vincesse e se l’Alleanza rispondesse sì alla richiesta di adesione, si registrerebbe una frattura totale e irreparabile tra Russia e Occidente, con conseguenze devastanti per l’ordine internazionale e per la stessa pace mondiale.
Allo stato, difficile che l’Occidente dica sì a questa eventuale richiesta. Ma il fatto è che non è in condizione di dare una qualunque risposta. A testimonianza di questo stato di cose, il secondo dei tre eventi cui facciamo riferimento all’inizio: la riunione annuale di Monaco sui temi della sicurezza, con la regolare presenza di russi, europei e americani.
Qui Lavrov ha detto cose più che sensate, cui hanno fatto eco molti governanti europei, per lo più dell’Ovest ( ma neanche ad ovest c’è stata unanimità di vedute ); mentre da parte dei partecipanti americani ( tra gli altri il vicepresidente e il ministro della difesa) sì è registrato un silenzio imbarazzante. “Siamo per l’Alleanza atlantica, pilastro incrollabile bla bla bla; per il resto attendiamo istruzioni”.
A questo punto, i casi sono due: o le istruzioni non ci saranno e allora prevarrà il “fai da te”dei nostalgici della guerra fredda dei nazionalisti isterici al governo dai paesi baltici a Kiev, passando per Varsavia, con tutte le loro perverse “Washington connections”; o, se ci saranno, nell’assenza totale, almeno negli Stati Uniti, delle sensibilità pacifiste o almeno sanamente kissingeriane, si affermerà una logica di contrapposizione totale con la Russia sia pure più controllata e istituzionalizzata. Dal punto di vista russo, il ritorno della guerra fredda; ma con i missili e il vario armamentario militare occidentale non più a migliaia di chilometri di distanza ma alle porte di Mosca ( per chi non lo sapesse è il caso di aggiungere che gli Usa spendono per la difesa più di 600 miliardi di dollari l’anno, contro i meno di 60 dell’Orso russo). Il tutto accompagnato dalla richiesta pressante agli europei di raddoppiare mediamente le proprie spese per la difesa sino al 2% del Pil.
Ora che dice di tutto questo la sinistra occidentale ? In America è troppo occupata ad attaccare Trump per i suoi rapporti con Putin per preoccuparsi di simili inezie. In Europa, in un certo senso, è anche peggio. E qui vale il nostro terzo evento: la risoluzione del Parlamento italiano sulla, diciamo così, dottrina di sicurezza del paese. Tutta una esaltazione del ruolo cardine dell’Alleanza atlantica e della Nato e non solo nell’Europa baltica ma persino, udite udite, nel Mediterraneo…
Comprensibile ma non per questo più giustificabile la necessità di prendere nettamente le distanze dai soliti “populisti” e dalla loro malsana ed equivoca passione per lo Zar. Il fatto è che però, così facendo, la sinistra di governo prende anche le distanze dalla propria storia e dalla propria cultura internazionale. Che, nei decenni che separano la fine della seconda guerra mondiale dalla caduta del muro di Berlino non è stata quella del “pacifismo a senso unico” ma quella dei Nenni e dei Brandt, dei Palme e dei Berlinguer e anche dei Craxi. Nessuna contestazione ideologica della Nato: ma adesione alla medesima come garante degli equilibri esistenti, nella sua accezione difensiva e geograficamente delimitata e in una prospettiva di graduale superamento dei blocchi contrapposti.
In un contesto siffatto, il dissolvimento del blocco sovietico avrebbe dovuto essere accompagnato ( questa l’opinione di due estremisti antioccidentali come Kissinger e Sergio Romano) da un generale riesame del ruolo dell’Alleanza e della stessa Nato, in un sistema di sicurezza che includesse anche la nuova Russia; o quanto meno dalla non estensione del sistema sino alle frontiere della Russia. Ma non ci è stato alcun riesame; semplicemente un impegno verbale (certificato dallo stesso Kissinger) di Bush nei confronti di Gorbacev in cambio del suo sì alla Germania unita nella NATO.
Poi il tutto è stato travolto nell’entusiasmo cosmopolita delle èlites occidentali. Aveva vinto l’Occidente e quindi anche i suoi tic e le sue istituzioni in nome dei diritti degli individui e dei popoli: avevano perso gli equilibri di potere, le sovranità nazionali e quanti si opponevano all’avanzata irresistibile del nuovo ordine internazionale. Anche la sinistra è stata vittima di questa ubriacatura e del doppiopesismo che l’ha accompagnata; quello per cui inventare il Kosovo è un omaggio alla democrazia e ai diritti dell’uomo mentre annettere la Crimea una violazione inespiabile della legalità internazionaleOggi, questa ubriacatura dovrebbe però essere finita; al punto di percepire che la Nato è diventata una creatura pericolosa ed esattamente opposta a quella che avevamo finito con l’accettare: aggressiva invece che difensiva, alimentatrice di crisi e di conflitti anziché strumento per prevenirli, in mano ad estremisti e avventurieri e non più controllata da vertici responsabili.E allora, forse, non è pretendere troppoil chiedere che le nuove sinistre di opposizione dedichino almeno una parte del loro tempo ad occuparsi della dimensione militare e politica dell’Europa oggi gestita, attraverso la stessa Nato, dai repubblicani americani e dai loro alleati orientali. I primi accecati da una perdita di egemonia di cui non riescono a capacitarsi, i secondi posseduti dal ricordo dei torti subiti e ansiosi di un qualche tipo di vendetta.
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