LA SINISTRA, DALLA SCONFITTA DEL 4 MARZO AD OGGI di Alberto Angeli

21 aprile 2018

LA SINISTRA, DALLA SCONFITTA DEL 4 MARZO AD OGGI di Alberto Angeli

E’ accaduto quanto si pronosticava: Maria Elisabetta Alberti Casellati ha ricevuto l’incarico, ovvero Berlusconi è il beneficiario dell’arrocco, la mossa che a scacchi muove due pezzi e mette il Re nella condizione più sicura. Conoscendo la fama dell’uomo sarà il ventriloquo della Presidente incaricata (continuando la mimesi di cui ha dato prova doppiando Salvini durante la conferenza stampa post colloquio con Mattarella), della quale si conoscono, oltre alle sue indubbie doti intellettuali, anche le sue incontenibili inclinazioni a mostrare una solidarietà che va dalla nipote di Hosni MubaraK (anno 2011), alla manifestazione del 2013 di fronte al Palazzo di Giustizia di Milano a protestare contro i giudici che stavano processando il suo protettore.

Si conferma, secondo una vecchia storia scritta sulla pelle delle discriminazioni sociali, che alla donna bendata, simbolo della Giustizia, è stata tolta la bilancia: Berlusconi viene ricevuto dal Presidente della Repubblica e Presidente del CSM, quindi è riconosciuto e rispettato come Rappresentante di un Partito, a cui sono riconosciuti i diritti politici e civili. Ovviamente, anche l’incaricata, Sen. M.E.A. Casellati, lo riceve essendone stata mentore e assistente legale.

Tutto nella norma, tutto correttamente e cerimoniosamente rispettoso delle leggi e delle consuetudini? Se è’ pur vero che l’incarico è circoscritto all’area politica dei pentastellati e del CDX, è del pari incontestabile che l’uomo a capo di forza Italia è interdetto dai pubblici uffici ed è stato cacciato dal Senato della Repubblica. Tuttavia, tutti i media spostano l’attenzione sull’esito del secondo girone diretto dalla Casellati, da cui i personaggi del nostro teatro sono usciti recitando: “Il Giuoco delle parti “, commedia di Luigi  Pirandello.  Dalle dichiarazioni rese dai capi delegazioni cinquestelle e CDX, Salvini e Di Maio, risulta chiaro che l’ostacolo a dare corso ad una vera trattativa è Berlusconi. I cinquestelle possono al massimo accettare da FI e FdI un voto di sostegno ad un governo Di Maio, senza trattative e concessioni di rappresentanze Ministeriali.

La reazione di Berlusconi non si è fatta attendere con il suo no! a di Di Maio. Una reazione verso la quale Salvini non ha espresso alcuna solidarietà, manifestando invece risentimento per l’agitazione del socio e l’inconcludenza del rivale, dichiarandosi pronto a mettersi in discussione direttamente, dando così l’ennesima prova di ignorare la costituzione e la prassi istituzionale. Adesso la situazione è resa complicata, irrisolvibile, dalla Sentenza del 20 aprile della Corte di Assise di Palermo sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia. Un evento su cui Salvini ha sorvolato, lasciando a Di Maio e Di Battista di compiere il giro di boa che distrugge irrimediabilmente ogni ipotesi di coinvolgimento di FI nella formazione di un governo con i 5S e CdX.

Fin qui il fronte della destra e del movimento 5S, che hanno occupato la scena e lo spazio mediatico. E la sinistra, il PD e LeU, pare anestetizzata, incapacitata a mostrare una propria linea alternativa, un progetto di superamento di questa crisi istituzionale e politica. Il debito pubblico (che si muove oltre i 2.300 mld)  sorvegliato speciale, ma mancano i custodi che ne controllino la progressione incessabile; il PIL dà segnali di regressione; l’occupazione a tempo indeterminato segnala una discesa e aumenta il precariato, sono preoccupanti gli indici di crisi del manifatturiero, come del commercio estero e delle esportazioni in generale;  la produzione industriale e la vendita al dettaglio indicano un meno. Insomma, i fondamentali economici e sociali manifestano  indici preoccupanti e a sinistra cresce il silenzio.

Il Presidente Mattarella ha preso alcuni giorni di riflessione, dalla quale non potrà che provenirne una riproposizione di un mandato esplorativo, essendo decisamente contrario a nuove elezioni prima di avere esplorato tutte le risorse del quadro politico istituzionale del dopo 4 marzo. A chi e verso quali coordinate? Non si è indovini si pensiamo al Presidente della Camera On. Fico, con un incarico a sondare l’area della sinistra, PD e LeU.

Sarà una esplorazione alquanto difficile, quasi impossibile date le premesse sulle quali PD e LeU si sono divise prima, durante e dopo  la campagna elettorale, una scissione che origina da una idea e visione di società molto lontane. Intanto il jobs act, la legge Fornero, la buona scuola e la questione insormontabile della ingombrante presenza di Matteo Renzi. Punti difficili da accantonare, ai quali poi si contrappongono le proposte dei cinquestelle valutate dagli stessi irrinunciabili: revisione del jobs act, legge Fornero, buona scuola, introduzione reddito di cittadinanza, taglio vitalizi parlamentari, reintroduzione di  patrimoniali, revisione o ridiscussione trattati Europei, tanto per mettere in visione le difficoltà ad un accordo. Un contenzioso a cui si addiziona la figura del Presidente del Consiglio, pretesa irrevocabile da parte di Di Maio, difficilmente accettabile dal PD e sicuramente anche da LeU.

Accade comunque che ampi settori della stampa, delle imprese e di aree intellettuali del Paese, con la giusta neutralità dell’Europa,  stanno lavorando di fino  per una intesa fra 5S e PD e LeU, focalizzando alcuni punti del programma su cui le parti potrebbero trovare una intesa: reddito di cittadinanza, revisione e non cancellazione della Fornero e sostituzione del Jobs act con reintroduzione dell’art. 18; abbassamento delle tasse. Per non cadere in fraintendimenti è bene chiarire le differenze che marcano questi punti: il reddito di cittadinanza non è la lotta alla povertà, caso mai per sostenere questo impegno è più consono il reddito di inclusione; abrogare il JA è un obiettivo da perseguire con la messa a punto di una legge quadro dei diritti dei lavoratori (anche mediando con la proposta delle OOSS) estendo universalmente la difesa del posto di lavoro (giusta causa che neutralizzi l’arbitrio del datore di lavoro); revisione della Fornero da perseguire nel quadro dei diritti del lavoratore e con reperimento delle indispensabili risorse finanziare; Tasse e lotta all’evasione e al debito pubblico sono una unica visione che si completa con un piano di radicale riforma del sistema fiscale con la progressività impostata al superamento delle divaricazioni marcate del reddito, e della ricchezza, terreno su cui i 5S pare non siano assolutamente presenti.

Conciliare posizioni così divaricate diventa impossibile, se a ciò si aggiunge il fatto che il PD è prigioniero di un sortilegio malefico (Renzi?), al punto che non riesce a mettere in cantiere una riflessione sul risultato elettorale, un congresso straordinario per ridefinire l’identità del partito e riavviare una ricostruzione dell’area di sinistra sulla quale poggiare le fondamenta della rinascita di una moderna  forza progressista.

Allora, non ci sono alternative possibili se non ritornare quanto prima al voto, il che vuol dire forse ad ottobre prossimo. Sarà vero, sarà possibile? Nel frattempo chi sarà chiamato a governare? E i mercati finanziari, e l’Europa, e la politica internazionale, aspetteranno i nostri comodi? Soprattutto i poveri e i senza lavoro, i precari, del nostro Paese; la scuola e la sanità da ripensare (e universalizzare) dopo le controriforme della buona scuola e della sanità rapinata, privatizzata; i disagi dei terremotati, il territorio devastato e l’ambiente compromesso, chi provvederà; le opere infrastrutturali incompiute, annoverate come strategiche, come potranno essere recuperate; e  le guerre ai nostri confini  con quale strategia saranno affrontate preso atto dell’assenza dell’Europa, con le conseguenti immigrazioni che si riverseranno sulle nostre coste, città, periferie, chi avrà la forza di mettere in atto una gestione intelligente, oculata, solidaristica ma severa? 

Gli studiosi dei flussi elettorali ci hanno spiegato che molti elettori del centro sinistra o di sinistra sono confluiti nei 5S, per questo è un movimento che volge il suo sguardo a sinistra, ma si ignora che ben 12 milioni di cittadini hanno preferito disertare il voto (quindi la prima forza di opposizione al sistema); che il programma dei 5S non aveva nulla di sinistra, se non la promessa del reddito di cittadinanza e il taglio della politica, abolizione della Fornero e del jobs act con reintroduzione dell’art 18 della legge 300, definiti dalla stampa benpensante proposte populiste, impraticabili, trascurando i temi dell’Europa e dell’Euro, la politica internazionale e delle alleanze,   ci svela che l’ago del  contatore geiger segnala a destra  forti radiazioni.

Il voto del 4 marzo è stata una contestazione antisistema, lo dicono i risultati e 12 milioni di non votanti. Il voto si è diretto verso le forme più estreme delle proposte politiche o più simpatetiche con le proposte di rottura e alternative alle consuetudini solidaristiche, dei programmi di risanamento economico e di riforme del sistema, delle quali si coglievano e sperimentavano solo sacrifici, accrescimento delle diseguaglianze e incremento della povertà e delle esclusioni. Milioni di disoccupati o precari, giovani privati di un futuro, famiglie senza una casa e alla disperazione, pensionati impauriti dalla voci di revisione de calcoli su cui le pensioni sono liquidate, un sindacato depotenziato e annichilito, finanza e banche onnivore delle poche risorse finanziare disponibili e la divaricazione sempre più intollerabile tra i ricchi e i poveri, sono la causa di questa rivolta sociale.

La perdita di ogni contatto della sinistra con la realtà del Paese, con la vita della gente, la divaricazione apertasi tra il gruppo dirigente e la base, anche a causa del cambiamento del modello organizzativo (da partito a movimento, alla creazione dei circoli sostituendo le sezioni), ha snaturato il simbolo consociativo su cui si stabilisce un consenso di continuo interscambio culturale e creativo tra base e vertice. Al militante o attivista è scemato il significato o il senso di un impegno per assenza di un referente, subentrando in lui un’alterità dicotomica rispetto al percorso seguito dal movimento chiamato a rappresentare.

La sinistra può dare il suo contributo solo su pochi temi, senza coinvolgimenti diretti con il Governo, che può essere diretto dai 5S senza la presenza dei voti di Salvini e men che meno della Meloni. Questo condizionamento della operatività del Governo è la garanzia per la sinistra a che si attui un programma minimo: lavoro, giovani, lotta alla povertà, solidarietà, riforma fiscale con revisione delle aliquote a favore delle fasce più colpite dalla crisi,  e impegno per la pace fuori da una introspezione neutralista. Nel frattempo la sinistra porta avanti il suo rinnovamento e rigenerazione.

C’è invero poco tempo, ma l’unica alternativa è la costituente della sinistra che predisponga e prepari un congresso rifondativo. In quel consesso recuperare una visione della sinistra proiettandola nel contesto di un mondo in corso di cambiamento, nella visione dei nuovi rapporti di forza e della divisione del lavoro che la globalizzazione del XXI si accinge a ridisegnare. Occorre mettere mano ad una cultura del rinnovamento del gruppo dirigente, intellettualmente all’altezza del compito a cui è chiamata la nuova sinistra.  Un rinnovamento che non può prescindere da una rilettura  e riformulazione della prassi elaborata da Marx e da Gramsci, indispensabile per riconquistare il consenso e la credibilità del mondo del lavoro, dei giovani  e degli intellettuali sinceramente disposti a battersi per una sinistra moderna al servizio del popolo, della pace e della libertà dal bisogno.

 

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