LA ROSA NEL PUGNO È UNA GRANDE SPERANZA, FACCIAMOLA FIORIRE – Enrico Boselli, 2 novembre 2006
15 novembre 2006
''La Rosa nel Pugno è una grande speranza, facciamola fiorire''. E' l'appello che il segretario dello Sdi Enrico Boselli rivolge con una lettera, pubblicata su una pagina a pagamento sul "Foglio" e sul "Riformista", al congresso dei Radicali italiani che si apre nel pomeriggio a Padova.
Alle compagne e ai compagni radicali che si riuniscono in Congresso dico: la Rosa nel Pugno è una grande speranza, facciamola fiorire In Italia, come in Europa, occorre dare nuove risposte a nuove sfide.
In Europa sono i socialisti liberali, i Blair e gli Zapatero, che hanno dimostrato di saper governare i profondi cambiamenti in atto, e nello stesso tempo di saper tutelare i diritti di tutti cittadini, a cominciare dai più deboli. Puntando alla crescita attraverso l’innovazione, la ricerca e l’istruzione e la valorizzazione dell’ambiente e della natura. In Italia una grande trasformazione è oggi ancora molto difficile da attuare poiché la cultura socialista e liberale, laica e radicale è minoritaria e perché sono forti gli integralismi religiosi e i fondamentalismi ideologici. Esiste ancora, come agli albori dello Stato unitario, una gerarchia della Chiesa cattolica che sogna di trasformare i peccati in reati. Ma se la vecchia Italia vuole impedire alla nuova di sorgere se oligarchie e oligopoli, clientelismo e corporativismo, assistenzialismo e familismo, bloccano la modernizzazione e fanno pagare i propri privilegi alle nuove generazioni e comunque a chi non è garantito, allora non ci si può rassegnare ad accettare che le cose restino come sono ed è più che mai necessario batterci per trarre fuori il nostro Paese da un inevitabile declino e ridare opportunità e slancio alle tante risorse che possiede Del resto, sono spesso le minoranze a introdurre e far affermare le idee più innovative riuscendo con la forza della convinzione e con l’impegno ideale e morale a convincere le maggioranze. È avvenuto per il Risorgimento, per la lotta antifascista, per la Resistenza, per il contrasto che ha contrapposto nella sinistra i liberali riformatori e i socialisti democratici ai massimalisti e ai comunisti nel 1948 e nel 1956, deve avvenire altrettanto anche oggi e domani. Occorre un progetto politico nuovo, un modo di fare politica nuovo, un partito nuovo.
Questo vuole e deve essere la Rosa nel Pugno. Alle compagne e ai compagni radicali proponiamo di lanciare una sfida che non sia solo su singoli temi, ma sull'intero arco di un progetto di riforma, modernizzazione, laicità, giustizia e libertà. Una sfida da lanciare ai riformisti che sono presenti in altri partiti dell'Unione. Proponiamo di dar vita ad un partito nuovo, aperto ai cittadini, capace di evitare il prevalere delle burocrazie dei partiti e delle caste politiche, fondato sulla trasparenza ed sulla democrazia, sulla più ampia libertà di espressione e di iniziativa. Un partito, leggero o pesante che sia, è fatto di cittadine e cittadini. Sono le cittadine e i cittadini che si ritrovano in congresso e votano, che discutono e decidono la politica nazionale e quella internazionale, ma anche la politica regionale, provinciale, comunale. Di cittadine e cittadini che scelgono i propri rappresentanti, i dirigenti di partito, i candidati alle elezioni nazionali e locali. Se è giusto preoccuparsi che il Partito non sia "occupato" da professionisti che vivono di politica, è giusto anche evitare che la vita interna sia ridotta a poche élites cooptate da un vertice più o meno illuminato che garantisce, o dovrebbe garantire, la qualità delle scelte. Ed è questa la formula organizzativa attuale della Rosa nel Pugno, dove la segreteria ha nominato gli altri organi dirigenti. Si tratta di una formula organizzativa che non può che essere provvisoria e transitoria, che presuppone che l’unica garanzia sia costituita dalla democrazia dei partiti e delle associazioni che compongono la Rosa nel Pugno, che può gestire straordinariamente un cartello elettorale ma non può costituire la struttura di un partito democratico nuovo. Un partito, leggero o pesante che sia, ha il “suo” simbolo non ne ha uno in "in affitto", È radicato nel territorio. Partecipa alla lotta politica promuovendo iniziative, lotte sociali, referendum. Un partito che non contesti la democrazia rappresentativa di tipo liberale e democratica, partecipa – salvo casi del tutto eccezionali - a tutte le competizioni elettorali, nazionali, europee e locali. L’Italia, ancor più di altri Paesi, ha istituti democratici diffusi in tutto il territorio. Se ne può criticare la frammentarietà che riguarda la miriade di comuni, la scarsa utilità che hanno le Province o l’eccessivo centralismo che hanno acquisito le Regioni.
Si può e si deve lavorare a una riforma degli Enti territoriali che eviti sprechi e sovrapposizioni, che raggruppi i piccoli comuni, che sopprima o dia nuovi compiti alle Province, che snellisca le eccessive burocrazie delle Regioni. Non si può però astenersi dalla vita democratica nel territorio che costituisce la realizzazione di quel fondamentale principio di sussidiarietà verticale secondo il quale è essenziale che siano le cittadine e i cittadini più vicini ai propri problemi a gestirli e a trovare le soluzioni più adatte. Il governo delle città, delle province, delle regioni è questione di grande importanza, e in quella sede la Rosa nel Pugno può combattere battaglie importanti. Solo per fare qualche esempio sui temi che i socialisti spagnoli hanno elaborato nella loro proposta di "nuove città": governi locali più vicini ai cittadini, trasparenza, legalità, costi della politica, sussidiarietà; o, nel caso dei laburisti britannici: immigrazione e sicurezza ; o su quelli anche qui molto discussi dei trasporti, dell’ambiente, dei rifiuti, dell’energia, delle politiche abitative. Siamo capaci di fare questo? Sapremo elaborare un modo nuovo e migliore di fare politica, senza rinchiuderci nella difesa delle nostre abitudini consolidate? Sapremo salvare quanto c'è di buono, e abbandonare il resto, nei differenti modi di fare politica che socialisti e radicali hanno adottato? Noi non vogliamo una Rosa nel Pugno che sia un "grande SDI" o un "grande Partito Radicale", non vogliamo omologare i socialisti ai radicali, o i radicali ai socialisti. Vogliamo costruire insieme, e a partire dal basso, un partito che sia nuovo anche nelle forme organizzative, utilizzando strumenti innovativi come il ricorso ai referendum e alle primarie con cui chiamare a partecipare alle scelte tutte le elettrici e gli elettori che si riconoscono nella Rosa nel Pugno.
Un nuovo partito che non sia dominato dalle burocrazie o da vertici illuminati, ma gestito democraticamente dalle cittadine e dai cittadini che si riconoscono nella Rosa nel Pugno. Domani si apre il congresso radicale, da cui ci attendiamo scelte generose e coraggiose, che superino di slancio la difesa conservatrice di una "Rosa nel Pugno come è" ed inizino a discutere della "Rosa nel Pugno come può e dovrà essere".
Buon lavoro dunque, cari compagni radicali