LA RIVOLUZIONE DELLA NORMALITA' E I SUOI LIMITI di Alberto Benzoni
25 febbraio 2019
Ovvero, la condizione della
sinistra dopo le regionali abruzzesi e sarde.
Nel nostro caso il ritorno alla normalità significa la liquidazione di tutto il
ciarpame nuovista alla base del disastro politico e intellettuale del Pd di
questi ultimi dieci anni.
Al primo posto, la fine dell'illusione veltroniana dell'autosufficienza. In
Abruzzo come in Sardegna (e come alle municipali di Brescia e di Ancona di
qualche tempo) la coalizione è guidata da personalità "radicate nel
territorio" e che menano vanto della loro non appartenenza partitica;
mentre lo stesso Pd incamera molto meno della metà dei consensi andati allo
schieramento di sinistra.
Secondo, questo stesso schieramento non è portatore di alcun verbo rottamatore
rispetto all'eredità della sinistra storica -e in questo rifiuta esplicitamente
il messaggio renziano e il suo portatore- sino a riproporre, nella costruzione
delle alleanze locali il vecchio principio dell'apertura senza pregiudiziali
verso i vecchi e nuovi cespugli della sinistra politica e sociale mentre sembra
insensibile agli appelli calendiani.
Terzo, questa sinistra normale sembra avere ritrovato i suoi avversari normali:
non più i mostri sovrano-populisti (e soprattutto grillini evocati dai Calenda
e dai Renzi) ma la vecchia destra di sempre incarnata non solo da Salvini ma
anche da Berlusconi; e il tutto nello schema di un confronto basato sui
contenuti.
Tutto bene allora? Nient'affatto. Perchè questo ritorno alla normalità ha i
suoi limiti; e limiti tali da pregiudicare in partenza i suoi sviluppi futuri.
Il primo ha a che fare con la personalità del suo punto di riferimento
nazionale, Zingaretti. Non certo un mostro di coraggio personale o politico: al
punto di non reagire ancora all'Opa ostile di Calenda e di scegliere come
portabandiera alle europee l'improbabile Pisapia.
Il secondo e più grave si caratterizza come incapacità di passare dal
particolare al generale e dal locale all'internazionale. Passaggio essenziale
perchè non si cambiano le cose in Abruzzo o altrove se non si cambiano a
livello nazionale E, allo stesso modo, non si cambiano in Italia se non si
cambiano in Europa.
Nessuno può pretendere naturalmente che dopo anni di sonno il Pd possa
risvegliarsi disponendo da subito degli strumenti culturali e politici
sufficienti per la bisogna. E in un contesto in cui parte fortemente
svantaggiato nel futuro scontro con la destra.
Ci basterebbe, allora, che in vista di questo scontro, cominciasse a
ricostruire una sua qualche identità alternativa, riformista, ragionevole come
si vuole cercando di capire chi e che cosa va combattuto. Chiediamo come si
vede molto poco; ma forse chiediamo troppo. Anche perchè la sinistra radicale è
ancor oggi ben lontana dalle dimensioni minime necessarie per condizionare in
qualche modo l'involuzione di quella moderata...