LA PARABOLA EVANGELICA DI GIULIO, di Antonio Landolfi, da Agenzia Fuoritutto, 8 luglio 2010

26 luglio 2010

LA PARABOLA EVANGELICA DI GIULIO, di Antonio Landolfi, da Agenzia Fuoritutto, 8 luglio 2010

Le peripezie della Legge Finanziaria, e gli scontri sociali e politici che hanno determinato tra maggioranza ed opposizione, e soprattutto all'interno delle stesse forze di governo, hanno messo definitivamente in luce abbagliante il vero problema della nostra economia, che è quello delle distanze africane che si sono determinate ancora una volta tra il Nord ed il Sud del paese. Il divario che si era attenuato nei decenni dell'intervento straordinario, che era, con tutte le sue manchevolezze, una politica riformistica, s’è accentuato in maniera insopportabile dopo l'improvvida decisione di cancellare ogni aspetto finanziario ed istituzionale di questo intervento. L'ubriacatura protoliberistica degli anni Ottanta aveva cancellato ogni possibilità di sviluppare nel Sud un'economia dell'offerta, cioè di creare una solida economia della produzione di beni materiali ed immateriali, e di conseguenza aveva determinato una pressoché esclusiva presenza di un'economia dei consumi. Il Nord, e l'Europa di cui entravamo a far parte, produceva, il Sud consumava.
Ma per consumare senza produrre il Sud era inevitabilmente destinato ad accentuare la richiesta di risorse non destinandole agli investimenti, e ad incrementare il proprio debito pubblico tanto più che la mancanza di una significativa economia dell'offerta ha finito per accrescere il livello di disoccupazione, specie tra i giovani, che ha raggiunto una soglia chiaramente insopportabile.
Si è arrivati in tal modo al paradosso che mentre negli anni cinquanta e sessanta chi - come la sinistra - si opponeva al riformismo dell'intervento straordinario era tacciato di estremismo e di massimalismo; oggi è tutto il contrario. Si viene tacciato, infatti, di estremismo e di statalismo chi (pochi) vorrebbe un'iniziativa riformistica ed interventista.
Non ci si rende conto (come ha fatto Tremonti) che senza una politica di industrializzazione complessiva ed organica, la crisi economica del Sud andrà aggravandosi. E l'argomento usato dal Ministro dell'economia del mancato uso di gran parte delle risorse messe a disposizione dall'Europa è la prova che senza una strategia globale dello sviluppo dell'offerta produttiva è impossibile realizzare un'economia dì investimenti a livello industriale. Lo conferma il caso dell'unica regione che ha fatto eccezione, cioè la Lucania. Essa, infatti, ha seguito una linea industrializzatrice per quanto riguarda l'industria estrattiva, creando il più forte polo petrolifero dell'Europa continentale, a cui si è aggiunta l'iniziativa della produzione automobilistica dello stabilimento FIAT di Melfi. Il che dimostra che laddove ci sono soggetti produttivi, pubblici come l'ENI e l'ENEL, o privati attivamente interessati ad un progetto di industrializzazione le risorse europee sono impiegate.
Del resto Tremonti potrebbe essere lui stesso oggetto della critica che rivolge alle regioni meridionali, quando si pensi che in sette anni di governo in cui ha diretto l'economia del paese quasi tutte le risorse che l'Europa ha destinato alla costruzione delle infrastrutture nel nostro paese sono rimaste nel cassetto, visto che tutti gli annunci mirabolanti riguardanti le grandi opere a cui le risorse europee erano destinate sono rimaste fino ad oggi lettera morta.
Ciò capita, ce lo dice il Vangelo, a chi vede la pagliuzza nell’occhio dell'altro, e non s'accorge della trave nel proprio occhio.
Sulla scia della posizione di Giulio Tremonti si ostina a muoversi Marchionne. Che in una sua dichiarazione del "Corriere della Sera" del 4 luglio conferma quanto da noi rilevato in una precedente nota di FUORITUTTO sul diverso atteggiamento da lui tenuto nei confronti dei sindacati americani rispetto a quello che mantiene rispetto a quelli italiani. La differenza sta, come già abbiamo avuto modo di osservare, nel fatto che assumendo la guida della Chrysler egli ha accettato che i sindacati statunitensi ottenessero, come richiesto da 0bama, la proprietà della maggioranza azionaria della società di cui Marchionne è diventato amministratore delegato. Mentre a Pomigliano egli pretende addirittura di abolire i diritti dei lavoratori dividendo i sindacati, per farli contare meno che zero. Nessuno pretende che egli si comporti in Italia come si è comportato negli USA. Ma ha voluto un referendum che ha dato la maggioranza all’accordo per l'attuazione del progetto di produzione della Panda in Italia, a Pomigliano. Mantenga adesso il suo impegno, senza pretendere unanimità impossibili, e rispetti in primo luogo il diritto al lavoro di tutti i dipendenti di quello stabilimento, che sembra ormai avere ai suoi occhi il solo torto di essere ubicato in quel Mezzogiorno, dove tra l’altro lo stesso Marchionne ha avuto i natali.

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