LA MOSSA DEL CAVALLO di Alberto Benzoni
14 novembre 2017
Nel suo post dedicato alle elezioni siciliane, Franco Bartolomei sottolinea
il fatto che nessuna delle forze politiche presenti all'appuntamento ( con la
parziale eccezione del centro-destra) sia stata in condizione di realizzare il
suo disegno politico: la sinistra di opposizione confinata nel suo piccolo
spazio tradizionale, il Pd senza voti e senza alleanze, il M5S, lontano dalla
maggioranza assoluta, anche se premiato dal voto disgiunto. E conclude che, per
dare un senso alla prossima legislatura, occorra la "mossa del
cavallo"; e cioè un ripensamento complessivo delle culture e delle
prospettive politiche oggi in campo.
Franco ha certamente ragione. Ma, a complicare ulteriormente le cose, c'è il
fatto che i disegni reali delle nostre formazioni politiche- in questo caso
centro-destra compreso- non corrispondono affatto a quello che vogliamo
attribuirgli. Se Mdp, almeno sinora, ha lasciato la porta aperta ai vari
pontieri è perchè almeno sinora ha guardato più al Pd che alla società italiana;
nella speranza di recuperarlo alla causa una volta sconfitto definitivamente
alle urne l'intruso Renzi. Se Il Pd non coltiva, come dovrebbe se volesse
veramente.
E, allora vincere le elezioni, la politica delle alleanze alla sua sinistra è
perchè lo stesso Renzi vuole in realtà tenersi le mani libere, con il controllo
totale del partito e con la distruzione dei suoi oppositori attraverso il
meccanismo del voto utile. Se Gentiloni e gli ottimati come lui vanno avanti
facendo finta di niente è perchè sanno che, comunque vadano le cose, loro
saranno gli unici beneficiari dello stallo politico futuro e delle pressioni
europee per un governo di unità nazionale conro il populismo. Se Grillo posa a
futuro partito di governo è perchè sa di poter lucrare comunque sulla cospicua
rendita di unica forza di opposizione. E se, infine, Berlusconi, come ha già
fatto, punta ad una "alleanza elettorale purchessia" è perchè conta
di poter utilizzare il consenso complessivo ricevuto per dare personalmente le
carte di future intese.
Non siamo, attenzione, di fronte ad un piano B destinato ad essere messo in
campo se il piano A dovesse fallire. Perchè, in realtà, il piano A non esiste,
almeno sinora, se non come specchietto per le allodole.
Il guaio però è che la gente, quella decisa ad astenersi ma soprattutto quella
che si recherà alle urne, questo inganno l'ha ampiamente intuito. E che a
pagarne le conseguenze sarà in particolare l'area di sinistra nominale( Pd) o
reale ( sinistra di opposizione) che sia. Il centro-destra potrà continuare a
ingannare; tanto non deve dimostrare niente. Il M5S potrà posare a futuro
governo; tanto i consensi di unica forza di opposizione non glieli leva
nessuno. In quanto, invece, al Pd dubito che il suo popolo possa essere
soddisfatto del flop elettorale, con annessa retrocessione a terza forza.
Mentre, per quanto riguarda la lista unitaria di sinistra, riconfermare i dati
del 2013 sarebbe una sorta di pietra tombale su ogni possibile aspirazione
futura.
Pure siamo solo noi, sinistra di opposizione, ad avere, insieme, l'interesse e
l'opportunità, di spezzare questo gioco di specchi e di far vedere la nudità
dell'imperatore. Basterà, per questo, ritornare al nostro piano A: proporre
agli italiani e in particolare a coloro che hanno votato no il 4 dicembre la
nostra critica radicale sulla rotta seguita nel corso degli ultimi decenni
assieme ad una serie di impegni concreti per modificarla. E' basterà dire,
essendone magari pienamente convinti, che la lista unitaria non è un accrocco
dell'ultima ora per garantire la nostra presenza in parlamento ma l'inizio di
un lungo e comune percorso futuro.
Sarà, se non altro, un punto fermo. E magari, l'essere chiari su noi stessi e
sui problemi del paese renderà più difficili e soprattutto assai meno
convenienti gli inganni altrui.