LA MILANO DI ETTORE TROILO. IL PREFETTO POLITICO di Ettore Troilo. Il prefetto politico di Paolo Franchi dal Corriere della Sera del 9 giugno 2014

15 luglio 2014

LA MILANO DI ETTORE TROILO. IL PREFETTO POLITICO di Ettore Troilo. Il prefetto politico di Paolo Franchi dal Corriere della Sera del 9 giugno 2014

Quarant’anni - tanti ne sono passati dalla morte di Ettore Troilo - sono molti. Non abbastanza, però, da togliere attualità alla cerimonia in programma martedì in Prefettura, dove, accanto a quella del suo predecessore, Riccardo Lombardi, verrà scoperta una lapide in memoria e in onore dell’ultimo «prefetto politico», dimissionato da Mario Scelba il 27 novembre 1947. Perché ricordare e onorare Troilo nella «sua» Prefettura significa, per Milano, riconciliarsi ufficialmente non solo con un uomo che lo merita, ma con un pezzo decisivo della propria storia.
Sulle trentasei drammatiche ore successive alla destituzione di Troilo - le dimissioni per protesta del sindaco socialista Antonio Greppi e di 170 sindaci della provincia, l’occupazione della prefettura da parte di centinaia di ex partigiani in massima parte comunisti, l’entusiasmo del capo degli occupanti, Giancarlo Pajetta, smorzato al telefono da Palmiro Togliatti che gli chiede sarcastico cosa conti mai di farne, di una Prefettura occupata - si è scritto molto. Forse è troppo dire che l’Italia si ritrovò a un passo dalla guerra civile. Ma certo ci andò abbastanza vicina. E se le cose andarono fortunatamente in modo diverso una parte del merito va ascritta, assieme al comandante del presidio militare Capizzi e al sottosegretario inviato da Scelba, Marazza, proprio a Troilo. Che, spinto da sinistra a mettersi alla testa della «rivoluzione», e da destra a lasciar sgomberare la folla con le armi, non perse la testa. Si scriverà poi malevolmente che si barcamenò anche per alzare il prezzo, in vista di un nuovo, prestigioso incarico nella delegazione italiana all’Onu promessogli da Alcide De Gasperi. Ma appena due mesi dopo a questo incarico, così come al grado di prefetto, Troilo rinunciò per tornare al suo lavoro di avvocato. Fiero, anche in vecchiaia, di rappresentare forse l’unico caso di funzionario dello Stato sprovvisto di pensione. Magari ce ne siamo dimenticati. Ma c’è stata anche un’Italia (e degli italiani) così.
Dei giorni roventi della Prefettura di Milano discuteranno stasera al circolo De Amicis, in una tavola rotonda promossa dalla Fiap e dalla Fondazione Brigata Maiella, il figlio Carlo, Marcello Flores, Agostino Giovagnoli, Carlo Tognoli e chi scrive. La speranza è che (e non solo al De Amicis) si parli anche d’altro. E cioè della Milano in ginocchio dell’immediato dopoguerra in cui si immerge, il prefetto discepolo di Filippo Turati e Anna Kuliscioff, segretario di Giacomo Matteotti, fondatore e comandante della più grande e importante brigata del Centro Sud, la Maiella. Di una Milano dove, mentre c’è da far fronte in tutti i campi a drammatici problemi quotidiani, si riaprono la Scala e la Fiera, e nasce il Piccolo Teatro. Anche per questo, per il contributo che hanno dato all’avvio di una rinascita economica, culturale e civile straordinaria che uomini come Troilo meritano di essere ricordati. Magari all’Expo, con una grande mostra sul lungo «miracolo a Milano», come Carlo Troilo ha proposto al sindaco Pisapia.

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