LA FINE DEL PENTAPARTITO E LE VERITÀ NON DETTE CRAXI DISSE NO AGLI ANTI-CASTA: COSÌ I PM UCCISERO I SOCIALISTI di Fabrizio Cicchitto Prima parte da ilRiformista del 11 giugno 2020.
11 giugno 2020
Dopo il crollo del muro di Berlino, i grandi gruppi industriali cercarono di togliere il potere ai partiti tradizionali. Cuccia propose al leader del Psi di guidare la “svolta” anti-partitica. Rifiutò. Fu travolto. E sostituito dal Pds.
Dobbiamo a Beppe Sala una cosa non da poco. E cioè che qualche giorno fa sulla prima pagina del Corriere della Sera è comparso un riferimento al “Socialismo”, ad un “nuovo Socialismo” collocato nel titolo della sua intervista ad Aldo Cazzullo.
Era da molto tempo che un riferimento del genere non compariva sulla prima pagina del più autorevole quotidiano italiano. Siccome lo stesso Sala, che spesso nel suo libro vola molto alto, talora al limite della astrazione, tuttavia, giustamente parte proprio da un duro riferimento storico, la sera del 30 aprile 1993 (cioè la sera delle monetine tirate a Craxi alla uscita dell’hotel Raphael) per dire fu il momento in cui perdemmo una antica parola: socialismo.
Siccome proprio Sala parte di lì, non possiamo fare a meno di confrontarci con quel momento di crisi e su ciò che lo aveva provocato. Oggi molti sepolcri imbiancati si scandalizzano per quello che emerge dal trojan applicato al telefonino del magistrato Palamara e per ciò che esso mette in evidenza intorno ai rapporti tra i magistrati delle varie correnti e le relazioni fra essi e alcuni parlamentari.
Che cosa sarebbe successo se un trojan fosse stato in azione quando, negli anni 92-94, ogni giorno alle 19, c’era una riunione fra i direttori o loro delegati, del Corriere della Sera, di Repubblica, de La Stampa e de L’Unità per coordinare l’uscita dei loro giornali il giorno dopo sulla base delle “dritte” provenienti dal pool di Mani Pulite?
E che sarebbe successo se il trojan fosse stato in azione quando Gardini si recò in via delle Botteghe Oscure per incontrare i massimi dirigenti del Pds, portando con sé una valigetta di 1 miliardo di vecchie lire, oppure quando nel 1994, un esponente della procura di Milano, passò in anticipo al Corriere della Sera l’avviso di comparizione e il giorno dopo un ufficiale dei carabinieri avrebbe consegnato a Berlusconi allora presidente del Consiglio (ben altro che la battuta di Palamara su Salvini?!).
Chiedo scusa se volo così basso, ma credo di essere alla stessa altezza del punto di partenza di Sala all’inizio del capitolo sul socialismo: Credo nella rigenerazione.
La sera del 30 aprile 1993 assistemmo ad un cambiamento d’epoca. Fu il momento in cui perdemmo una antica parola: il socialismo. E quella sera di fine aprile, a Roma, alla televisione centinaia di persone a lanciare monete, le lire... che si sollevavano nell’aria per andare a colpire all’ingresso dell’hotel Raphael emblema del decennio che tanto aveva reso orgogliosa l’Italia, l’uomo della modernizzazione che, non incidentalmente, era socialista (Sala, Società per azioni, pagina 61, Einaudi 2020 Torino).
Allora siccome il retroterra storico viene evocato, esso non può poi essere fatto scomparire con un colpo di bacchetta magica anche perché con esso scompaiono tutti i riferimenti del passato (non solo Craxi ma anche Berlinguer) e ne rimane in campo solo uno, cioè Aldo Moro che secondo noi è un punto di riferimento di straordinario livello (oltre che di drammatica evocazione, perché fra il 16 marzo e il 9 maggio del 1978 è avvenuto uno strappo nella storia italiana che, paradossalmente, può essere messo insieme, nella sostanza più profonda a quello verificatosi appunto il 30 aprile 1993), ma per tutta una altra operazione che talora viene evocata nel libro di Sala, cioè per la rifondazione di un centro degno di questo nome, fondato appunto su un metodo politico, quello della mediazione, che ha ispirato la storia della Dc.
D’altra parte, si devono per forza fare i conti con ciò che avvenne nei cruciali anni 92-94, perché se oggi siamo a questo punto di difficoltà con un Parlamento nel quale sono molto forti due soggetti politici - il M5s e la Lega nella versione Salvini che è cosa molto diversa dalla Lega Nord - che rendono quasi ingovernabile l’Italia nel suo momento di crisi più grave dalla fine della seconda guerra mondiale, ciò deriva anche dalla operazione eversiva-rivoluzionaria che fu allora posta in essere.
Nessuno può rimuovere un dato di fondo: l’Italia è stato l’unico Paese dell’Europa occidentale (nell’Europa Orientale e in Russia nel 1989 avvenne quel che sappiamo), nel quale ben 5 partiti eletti in Parlamento sono stati eliminati non dal voto degli elettori ma dal circo mediatico giudiziario: se fosse stato ancora vivo Curzio Malaparte avrebbe potuto scrivere una nuova versione del suo libro Tecnica del colpo di Stato.
Allora se si vuol fare un discorso storico-politico bisogna fare i conti con la storia che sta alle nostre spalle e con le alternative di fondo che ci scaricano addosso la pandemia tuttora in atto, la profonda crisi del capitalismo apertasi prima del coronavirus, la durissima dialettica geopolitica in corso nel mondo fra gli Usa, la Cina, la Russia, l’India, l’Iran, la Turchia e forse l’Europa.
Allora al di là di questioni morali francamente prive di seri presupposti (ci riferiamo a quella prospettata nella famosa intervista di Scalfari a Berlinguer che poi doveva costituire l’unica sostanza della alternativa lanciata a Salerno, che sostituì come strategia quella del compromesso storico e che era una alternativa a tutto e a tutti, senza uno straccio di alleanze politiche, e per di più fondata su una mistificazione, perché Berlinguer sapeva benissimo che il finanziamento del Pci era fondato quasi tutto su voci irregolari), bisogna cercare di capire cosa è veramente successo in Italia dopo il 1989.
L’unico in Italia a capire che il crollo per implosione del comunismo in Russia e nell’Europa dell’Est avrebbe avuto conseguenze anche sulla Dc e sul Psi fu Francesco Cossiga.
La Dc, il Psi, i partiti laici perdevano la rendita di posizione di cui avevano usufruito dovendo assicurare la governabilità di un Paese nel quale c’era il più forte Partito comunista dell’Occidente. Da quel momento in poi i grandi gruppi industriali-finanziari-editoriali da un lato cercarono di togliere ai tradizionali partiti di governo il potere di intervenire sulle grandi questioni economiche e sulle conseguenti lottizzazioni di potere (l’antipolitica nasce di li, di lì il libro su la Casta di Rizzo e Stella, di lì la campagna sulla liquidazione delle imprese pubbliche e sulle privatizzazioni) dall’altro decisero che era venuto il momento di stringere i cordoni della borsa nel finanziare i partiti.
Per di più la fine del Trattato di Maastricht rese antieconomico il sistema di Tangentopoli: Carli e De Michelis che sapevano di cosa si trattava non informarono Andreotti e Craxi delle conseguenze di ciò che stavano firmando.
Siccome, però, i “cervelli dei poteri forti” sapevano che comunque bisognava dare una sponda politica a una simile operazione di eversione-rivoluzione ecco il senso di alcune offerte: Cuccia che propose a Craxi di essere l’uomo della svolta presidenziale, maggioritaria, anti partitocratica, De Benedetti che parlò di tutto ciò a Pomicino.
Craxi rifiutò di guidare l’operazione contro i partiti e diventò così il principale nemico, l’uomo da distruggere, il “Cinghialone”.
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