LA DEGENERAZIONE URBANA E L’EXTRATERRESTRE di Luigi Corbani da Arcipelago Milano del 22 marzo 2023
22 marzo 2023
Un alieno - Maran - a Milano
In questi giorni ho letto, con grande stupore,
l’intervista ad un extraterrestre, il quale, secondo “Repubblica” dice
che “la politica deve disegnare una regia e chiedere ai fondi
immobiliari di orientarsi non più solo secondo le regole del mercato, ma anche
secondo quelle dello sviluppo sociale della città” L’extraterrestre
sta “facendo il punto sulle priorità che dovrebbero guidare i grandi
progetti di riqualificazione. Dall’ex area Falck Sesto San Giovanni, dove sta
andando in scena una sfida tra i colossi del settore, al dismesso Farini sul
quale Ferrovie è a caccia di sviluppatori.”
Naturalmente “Repubblica” non chiede a costui
dove era negli anni precedenti e che cosa faceva: costui non è un
extraterrestre capitato per caso a Milano, è stato in Giunta per dieci
anni, è stato anche assessore all’Urbanistica. Costui interviene
oggi dopo che ha contribuito a far scappare i buoi (compresi gli scali
ferroviari, Farini in primis), dopo che, con continuità con le precedenti
Giunte di centrodestra, ha dato mano libera al capitalismo rapace dei fondi
immobiliari.
Ho la netta convinzione che molti degli
interventi urbanistici, dalle giunte Albertini a quelle di Sala, siano
stati gestiti in funzione di un capitalismo ossessivamente predatorio,
alla ricerca dell’utile immediato, di un capitalismo finanziario e
immobiliare, indifferente alla realtà locale e al contesto che circonda
le loro operazioni.
E oggi, come piovuto da un altro pianeta,
l’assessore alla Casa ci dice una cosa che avrebbe dovuto fare lui e il suo
partito da decenni. Partito che invece si è arreso all’assalto dei fondi
immobiliari, finanziari, assicurativi e bancari, senza fare politica e senza
combattere le disuguaglianze. Ancora recentemente lui e buona parte del suo
partito hanno assecondato progetti di speculazione edilizia sulle aree
pubbliche di San Siro, bollando quelli che si sono opposti, come la
vecchia sinistra trinariciuta.
Le disuguaglianze sono diminuite o sono
aumentate ?
In questi trent’anni di governo del territorio
cittadino le disuguaglianze sono aumentate e i costi sono stati scaricati sui
cittadini, giovani anziani, lavoratori dipendenti e ceto medio. Di
più, quella gestione urbanistica ha allontanato da Milano, i ceti
meno abbienti, e gli stessi ceti medi, mentre in nome di una città “green” si
cementificava a dismisura (e cosa che continuerà con l’operazione degli scali
ferroviari, realizzata dalle giunte di “sinistra”) e si fa pagare
l’inquinamento con le aree B e C a coloro che vengono in città a lavorare
e produrre ricchezza o si producono piste ciclabili (improbabili) a
scapito dei pendolari, senza aumentare la rete di trasporto pubblico urbano.
Ricordo che è considerata urbana la dimensione di una area raggiungibile con il
trasporto pubblico nel giro di un’ora.
E naturalmente, al Sindaco non interessa la
dimensione politica, sociale, economica e culturale dell’area metropolitana, né
sembra interessare al PD, forse in relazione al fatto che ha perso la gestione
amministrativa della maggior parte dei comuni metropolitani. Ma anche
quest’ultimo fatto politico per cui il centrodestra amministra la
stragrande maggioranza dell’area metropolitana milanese, sembra non interessi
al PD milanese e metropolitano, che si culla nell’illusione di aver in pugno
Milano. Non si rendono conto che è finita la fase del “modello Milano”, tanto
sbandierato, quanto fasullo. Un modello, che dietro il luccichio dei
grattacieli, dietro il fumo del nuovismo a tutti i costi, dietro le lucciole
del moderno omologato alla globalizzazione, ha tentato di nascondere un
decadimento della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici, ha demolito
la cultura del Comune al servizio dei cittadini e ha impoverito il patrimonio
pubblico, conseguito in tanti anni prima del fascismo e dopo il fascismo con la
ricostruzione del dopoguerra.
Grossi problemi in vista
Una economia cittadina e metropolitana che si
sviluppa attraverso la produzione di disuguaglianze quasi inevitabilmente
genererà grossi problemi.
Per la stessa economia di mercato, le
disuguaglianze sono irrilevanti fino a quando producono a livello globale più
risultati negativi che positivi.
Per l’economia del libero mercato, senza
regole, è importante che il numero dei consumatori potenzialmente
interessati ai prodotti resti abbastanza grande E finché crescono i
redditi reali ( in media) va tutto bene per la economia urbana. Ma quando
subentrano problemi di inflazione (10%), di aumento del costo dei mutui, e
fenomeni di recessione, e il mercato è saturo di beni immobili, contenuti in
strumenti finanziari, dietro l’angolo si profila la bolla immobiliare .
In un quadro di libero mercato, fiorente, e
senza regole, si assegna allo stato, assistenzialista, o comunque
all’intervento pubblico, anche comunale, un certo numero di persone,
povere o “disagiate”. Ma se non si pensa per tempo, alla edilizia economica e
popolare, a prezzi contenuti per i redditi sotto la media, le disuguaglianze
rischiano di esplodere, di creare ghetti di povertà e degradi, urbani e
sociali, sempre maggiori.
In verità, in questi anni, le
disuguaglianze sociali e ambientali sono aumentate, e chi ne fa le spese è la
gente meno abbiente, i giovani, gli anziani delle periferie e il ceto medio.
Sarebbe troppo lungo qui analizzare le dimensioni di alcuni fenomeni che hanno
investito in modo sperequativo i residenti, i pendolari, gli studenti e i
“consumatori metropolitani”, quelli che con un anglicismo vengono chiamati
“city users”.
Ora molti fenomeni urbanistici e ambientali
vanno in una direzione che tende ad espellere residenti non sufficientemente
abbienti, pendolari, lavoratori, e a conservare studenti e “consumatori
metropolitani” (che magari comprano alloggio a caro prezzo a Milano, ma non ci
vivono). Una città “mangificio” (bar, ristoranti, dovunque e comunque) e
“spendificio” (centri commerciali, ovunque, sempre più grandi, in centro e
nell’area metropolitana).
Ad un occhio superficiale, Milano appare come
una città dallo skyline moderno (grattacieli omologati al resto del mondo), in
realtà ha una urbanistica che ha smarrito la sua dimensione sociale, per
entrare nella dimensione globalizzante dell’economia di libero mercato,
indifferente alle condizioni sociali del cittadino, ma attenta alla natura e al
portafoglio del consumatore. (Salvo poi chiedere il tetto al prezzo del gas e
della energia). È la città dei fondi immobiliari, del Qatar, delle banche e
delle assicurazioni.
Insomma, dobbiamo festeggiare la città per
ricchi che questi programmi immobiliari ci presentano?
Dove sta una politica riformista a Milano? Nei
servizi sociali, nei servizi pubblici di trasporto, nell’assistenza
sociosanitaria, nell’edilizia residenziale? Nell’ambiente urbano delle
periferie ?
Naturalmente non c’è alla base neanche una
idea dello sviluppo culturale di Milano, che ha sempre avuto nel binomio
cultura-economia, produzione intellettuale e manuale, il patrimonio genetico
della nostra città e dell’area metropolitana. E giustamente Antonio Calbi
in una intervista pregevole su Milano, ci ricorda “Eppure, l’anima più
autentica e antica di questa città è quella dell’inclusione, del civismo
diffuso, ma in questo senso i passi da fare sono ancora tanti”.
Salvatore Veca, nel suo ultimo articolo,
su “Città” scriveva: “La nuova Milano deve sorgere da un
rinnovato contratto sociale con la natura. Il contratto sociale deve definire i
principi di giustizia ambientale, che a loro volta coincidono con i principi di
giustizia sociale…Un’ultima annotazione per i lavori in corso della città
possibile: sono convinto che Milano potrebbe, grazie al patto tra il verde e il
blu, avviare l’esperimento sociale di uno sviluppo economico incentrato sulla
economia circolare, sull’economia verde , sull’economia civile, e soprattutto
su un capitalismo paziente e non ossessivamente predatorio sul
breve e sul brevissimo termine, come quello che ci è familiare e che ha perso
le sue risorse di legittimità sociale. Come è facile vedere, c’è molto da fare
qui, dalle parti ambrosiane”.
Ma purtroppo, come dice un mio
amico, le idee, da decenni, a Milano vengono dopo il mattone.
“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre
stelle, ma in noi stessi” “Buona notte, e buona fortuna”
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