LA CRUNA DELL’AGO. CRAXI, IL PARTITO SOCIALISTA E LA CRISI DELLA REPUBBLICA - Recensione di Giovanni Scirocco al libro di Simona Colarizi di Marco Gervasoni (Laterza, 2005)
11 gennaio 2007
La “cruna dell’ago” è la metafora utilizzata dagli autori per indicare la “transizione difficile, anzi impossibile, dal vecchio sistema politico immobile e agonizzante a un nuovo sistema dinamico e moderno” (p. VII), una sfida nella quale Bettino Craxi perse la propria battaglia politica, trascinando nella sconfitta anche il PSI. Il libro è fondamentalmente la storia di questo fallimento, analizzato con attenzione ed equilibrio nelle sue diverse cause (prima tra tutte il voler riformare il sistema facendone ampiamente parte, la conseguente autoreferenzialità del gruppo dirigente del PSI, ma anche la presenza del partito comunista più forte d’occidente), grazie all’utilizzo di fonti tradizionali come la stampa, ma anche del tutto nuove, come le trasmissioni televisive di informazione (Rai e Mediaset), cui anzi viene attribuito un ruolo non indifferente nell’intera vicenda: una scelta intelligente, ma che forse ha portato a trascurare gli archivi di personaggi come La Malfa, Moro, Berlinguer, Lombardi il cui studio pure avrebbe potuto contribuire alla ricerca. Il volume ricostruisce dunque le vicende di un quindicennio di storia italiana viste attraverso l’ottica dell’azione del leader del PSI, Bettino Craxi, dall’elezione come segretario – ancora semisconosciuto e “ostaggio” delle varie correnti - nel luglio 1976 (dopo una pesante sconfitta elettorale che aveva portato il PSI al proprio minimo storico) fino alla sua rovinosa caduta, nel 1993, passando attraverso l'esperienza della presidenza del Consiglio, il referendum sulla scala mobile e Sigonella: un percorso che andrebbe inquadrato, come sottolineano gli autori, anche nel quadro di “un meccanismo di personalizzazione della leadership” che accomuna la politica italiana a quella dei paesi occidentali avanzati (p. 130). Gli autori riconoscono a Craxi (e al suo gruppo dirigente) il merito di aver liberato il PSI da una lunga situazione di subalternità rispetto al PCI, restituendo, con la chiara opzione per la socialdemocrazia e il rifiuto dell’ambiguità massimalista, orgoglio e senso di appartenenza ai militanti socialisti. Ampio spazio è dedicato poi al tema del rapporto controverso, e per molti versi strumentale, con il mondo della della cultura socialista e in particolare al ruolo di “Mondoperaio”, alla fine degli anni ’70, nel contribuire a renderla più al passo con i tempi, sulla base dell’acquisizione dei principi liberali e democratici e nella lotta contro il compromesso storico che però finirà per condurre non al riequilibrio elettorale con i comunisti e all’alternativa di sinistra, ma alla riproposizione dell’alleanza con la Democrazia cristiana. Un’alleanza di governo che, concepita da Craxi in termini concorrenziali per “infrangere lo schema bipolare senza ricambio che blocca la dinamica del sistema” e “assicurare esecutivi stabili ed efficienti, in grado di rispondere ai bisogni di una società moderna” (pp. 116-7), in realtà verrà percepita ad un certo punto, in un quadro di crescente "crisi fiscale dello Stato", come espressione della vecchia partitocrazia, non solo dai “chierici”, ma anche da un’opinione pubblica sempre più critica (o estranea, anche per l'azione di quelle reti televisive private che Craxi aveva favorito con il cosiddetto "decreto Berlusconi") nei confronti del sistema politico. Un'insofferenza che si tradurrà, infine, nella rivendicazione della "questione morale" (anche da parte di chi, come il PCI, aveva interesse a cavalcarla, "a copertura di un vuoto strategico troppo difficile da colmare", p. 136), a cui Craxi tentò - sempre più flebilmente, anche per l'assenza di un partito, il proprio, che egli stesso aveva contribuito, in maniera decisiva, a ridurre a "strumento non più in grado di elaborare politica" (p. 165) - di dare una risposta che restava nel Palazzo, non comprendendo che il terreno sul quale si giudicava la partita era ormai molto più ampio (considerando in esso anche il significato del crollo del comunismo - il momento in cui si spezza la "cruna dell'ago", p. 230 -, dell'emergere del fenomeno leghista e dell'entrata dell'Italia nel sistema di Maastricht) e sottovalutando il peso di attori come i magistrati e gli intellettuali. Si comprende così il paradosso, sottolineato dagli autori, per cui i socialisti e Craxi, tra i primi a sollevare i temi della riforma delle istituzioni, finiranno per essere travolti proprio da un referendum su questi argomenti, quello del 1991 sulla preferenza unica, vero punto di svolta di una vicenda che avrà poi il suo convulso finale in "Tangentopoli", epifenomeno di una consapevole sottovalutazione della "questione morale" (per l'analisi della quale gli autori concordano con le conclusioni alle quali era giunto, a suo tempo, Luciano Cafagna), di cui gli episodi di corruzione sono solo un aspetto (anche se certamente non il meno importante) all'interno della dimensione della politica, dei suoi costi e del funzionamento di una democrazia moderna (intesa anche come sistema dei partiti).
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