LA COSTITUZIONE AMERICANA E LA DITTATURA DELLA MAGGIORANZA di Alberto Benzoni del 6 novembre 2024
06 novembre 2024
LA COSTITUZIONE AMERICANA E LA DITTATURA DELLA MAGGIORANZA
Anni fa un’azienda licenziò un proprio dipendente perché ammorbava con i suoi peti tutti gli ambienti in cui lavorava; ma il Nostro reagì citando in giudizio l’azienda in nome di un articolo della Costituzione che garantisce la totale libertà di espressione ma senza precisare le forme in cui questa potesse manifestarsi. Non so dirvi, purtroppo, quale fu l’esito della causa. Ma il semplice fatto che questa fosse avviata dimostra il feticismo istituzionale proprio della società americana. Feticismo istituzionale che giunge sino al mantenimento in vita di norme costruite più di duecento anni fa per tutelare rigidamente le prerogative delle diverse comunità locali rispetto al potere centrale. E la diversità rispetto all’uniformità. Il tutto per garantire quell’equilibrio complessivo necessario alla crescita del sistema.
Di fatto, però, queste norme, anche perché interpretate alla lettera (come è avvenuto sempre più, e non a caso, in tempi recenti), hanno portato alla divisione sempre più rigida tra gli stati; e su questioni fondamentali per la vita delle persone e delle collettività, quali la legislazione penale, l’aborto, l’ambiente e la prevalenza, o meno, della legge federale su quella locale. Si aggiunga a tutto questo che la neutralità della magistratura, sempre endemicamente a rischio per l’elettività delle cariche, è oggi sotto attacco, e al più alto livello, da parte di una Corte suprema ormai controllata stabilmente dal partito repubblicano.
In questa situazione, già di per sé abnorme, appare ancora più clamorosa l’anomalia del sistema elettorale. Costruito “in illo tempore” per garantire l’equilibrio tra tutti gli stati fondatori; così da attribuire maggiore importanza al Senato rispetto alla Camera dei Rappresentanti e su questioni vitali per l’intera comunità come i rapporti internazionali, le leggi di bilancio e la scelta dei giudici della Corte Suprema. Nella radicata, anche se spesso smentita, convinzione, che, a questo livello di responsabilità avrebbe prevalso o prima o poi, lo spirito bipartisan.
Oggi questo spirito non esiste più. Sostituito, nel corso degli anni, dalla variante interna della cultura della guerra. Che vede due partiti impegnati in uno scontro frontale che non è tanto legato alle loro scelte di politica economica o di politica estera, non poi così distanti, quanto alla visione che hanno di sé stessi e dell’altro e della stessa natura del paese in cui vivono e che li circonda.
Ciò detto, occorre aggiungere che questo confronto è, insieme, distorto nei contenuti e falsato negli esiti.
Distorto nei contenuti perché la vittoria di un candidato non è il frutto diretto del voto popolare ma del numero dei delegati in rappresentanza dei vari stati. Con il risultato di concentrare il dibattito negli stati in bilico, prestando, come dire, una minore attenzione a quelli assai più numerosi, dove il risultato è dato per acquisito in partenza. E di tarare il messaggio che si vuole trasmettere non sulle scelte di fondo (di carattere interno ma soprattutto internazionale) ma sui bisogni/problemi propri dei vari segmenti dell’elettorato. Per la cronaca, un frazionamento dell’attenzione e del messaggio che sarebbe arrivata a prendere in considerazione anche le “soccer moms”; leggi le mamme che seguono, ai bordi del campo, i loro figli che giocano a pallone.
Tutto ciò, attenzione (assieme all’assai più insensata allocazione dei seggi per il Senato, dove la California democratica coni suoi oltre cinquanta milioni di abitanti, ha diritto agli stessi due seggi del Wyoming repubblicano, che conta 5OO mila), viene a condizionare l’esito stesso del confronto. E, complessivamente, a vantaggio di una destra che, per cancellare i suoi propositi, ha saputo cambiare il terreno di scontro. Offrendo al tradizionale populismo americano un nuovo e più visibile bersaglio: ieri era Wall Street con tutti gli annessi e connessi; oggi abbiamo l’èlite zitellota, caratterizzata dal disprezzo per tutti i valori tradizionali e, soprattutto, per la gente che intende rappresentarli e difenderli.
Un approccio che, di qua e di là dell’Atlantico sembra funzionare alla perfezione. Anche perché favorito da un presidente in carica che dice quello che pensa ma non pensa a quello che dice; fino a chiamare l’elettorato dell’avversario spazzatura”.
Ma questo è un altro discorso.
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