LA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI VIGILANZA SULLE BANCHE: SCOLASTICA O ALTERNATIVA? di Francesco Bochicchio
26 aprile 2019
In ordine alla legge di istituzione della Commissione Parlamentare sulle banche vi sono molte polemiche, che si rivelano del tutto surreali, ma per venire a capo della problematica in modo razionale e sistematico, senza farsi avviluppare in vortici infruttiferi, occorre distinguere tra i vari aspetti.
La pretesa di istituire uno strumento di accusa nei confronti di Banca d’Italia è certamente a base dell’istituzione della Commissione, ed è del tutto criticabile.
La vera responsabile è la politica che ha lasciato mandare in rovina il sistema creditizio, con la parte governativa ed europeista che non ha represso i grandi scandali e che non si è opposta alle limitazioni ai salvataggi poste in modo inammissibile dall’Europa, e con la parte populista che si pone in posizione di demagogia anti-bancari, sfociata in irresponsabile attacco a Banca d’Italia
Banca d’Italia si è trovata vittima di una duplice azione esterna, in base a cui da un lato i suoi poteri sono decresciuti, assai fortemente, sia nei confronti dell’Europa che le ha sottratto poteri di politica economica e non pochi poteri di controllo sulle banche sia nei confronti del capitale finanziario che si è dimostrato insensibile ad ogni controllo, tanto politico quanto delle Banche Centrali, mentre dall’altro la sua credibilità è stata annullata essenzialmente dall’impossibilità di provvedere al salvataggio: per completezza, ma solo in via aggiuntiva, la perdita di credibilità è stata aggravata ed anche da sue colpe (anzi da forme di dolo del suo principale esponente di allora) nella questione del 2005 di Anton Veneto/BNL.
Ma, vista in generale, la sua gestione, nei limiti ristretti in cui si trovava, è stata impeccabile, in quanto ha avuto il grande merito di rendersi conto della necessità di rinforzare il s settore bancario e della conseguente necessità di concentrazioni.
Sue timidezze vi sono state, ma sono dipese essenzialmente dal clima generale.
Il vero profilo di addebito nei suoi confronti è quello di non aver fatto nulla o comunque di aver fatto poco e con timidezze per rimuovere i limiti appena visti, al cui interno si è adagiata dolcemente.
Il punto vero che si vuol rimuovere è un altro, la politica è stata carente e vuole occultare le proprie carenze rivalersi nei confronti di Banca d’Italia, del tutto innocente, se non sul piano del ruolo politico, dove è stata carente, ma dove non aveva poteri diretti, potendo contare sulla “moral suasion” dei suoi Governatori, ma la mancanza di capacità di esercitare “moral suasion” non è una vera e propria colpa, è solo il segno del declino. Singolare è che si voglia sferrare l’attacco a Banca d’Italia invece di rimuovere le cause del suo declino.
Dall’altro, da parte degli oppositori alla Commissione, si nega il potere pubblico di indirizzo dei poteri pubblici nei confronti delle banche. Potere pubblico proprio della programmazione economica, di cui all’art. 41,3° comma, della Costituzione. Come è noto, o meglio non è lo affatto, e come solo scrivente non si stanca mai denunziare, con una vera e propria del tutto inane “vox clamantis in deserto”, si è voluto sottrarre, dal primo centro-sinistra del ’62-63, alla programmazione di cui all’art. 41, 3° comma, della Costituzione, il settore finanziario per ragioni di tutela del risparmio, art. 47. E’ una vera e propria mostruosità basata su un marchiano errore tecnico di natura giuridica, in quanto esigenze specifiche del settore creditizio richiedono attenzione e garanzie per non ledere la stabilità, ma non la mancanza di programmazione economica, cui il settore creditizio non ha alcun titolo per sottrarsi. La programmazione economica non lede il risparmio, ma anzi lo valorizza con coordinamento e con controlli armonici unici atti ad impedire la speculazione a base del capitale finanziario, il quale ha distrutto il risparmio. E’ incredibile che tale mostruosità con errore tecnico a fondamento sia stato avallato e condiviso addirittura dal Presidente della Repubblica Mattarella proprio in occasione dell’emanazione della legge in esame. Oramai è chiaro che Mattarella ha portato a termine il disegno, avviato in modo velleitario da Cossiga, e realizzato con grande lucidità da Napolitano, di rendere la figura di capo dello Stato quale garante, non della Costituzione, ma del sistema di potere dominante. Poiché questi si articola in termini di totale eversione rispetto alla Costituzione, la figura del Capo dello Stato è ora un vero e proprio “monstrum” giuridico costituzionale. Come diceva Kypling, “That’s another story”.
L’espungere profili della direzione del settore ha portato alla mancanza di tutela del risparmio, in quanto ha levato ogni ostacolo al capitale finanziario, il quale non solo ha distrutto il risparmio, ma ha anche debellato l’attività bancaria di deposito, estranea ai suoi profili ultra-speculativi.
La Commissione Parlamentare di Vigilanza a tutela del risparmio nasce e si sviluppa in un contesto del tutto surreale che vede una contrapposizione tra ingerenza in compiti di tutela e penalizzazione sia di Banca d’Italia sia del mondo bancario da un lato e dall’altro rinunzia a compiti di guida.
La tutela del risparmio e la guida del settore sono compiti essenziali e sono anche tra di loro collegati. in quanto la mancanza di controlli pubblici ha esposto il risparmio agli abusi del capitale finanziario, che Banca d’Italia con il cambiamento dei rapporti di forza non è più in grado di controllare.
Ma Banca d’Italia non si rende conto che con le concentrazioni che essa vuol meritoriamente realizzare nasceranno dei nuovi grandi gruppi, che se non vengono controllati con una programmazione economica entreranno nell’ottica distorsiva del capitale finanziario.
D’altro canto, chi ha istituito la Commissione di Vigilanza non si rende conto che i controlli pubblici di politica economica sono necessari per realizzare la programmazione economica e così per tagliare le unghia al capitale finanziario, ma non sono affatto sufficiente ai fini della tutela del risparmio, la quale richiede necessariamente controlli autonomi ed indipendenti da dirigere in sede di programmazione ma non da stravolgere.
Vi sono due facce di uno stesso volto incomunicabili tra di loro, l’una espressa nella Commissione Parlamentare di Vigilanza che a quanto pare si basa su posizioni utopiche, suscettibili di trovare una forte eco in alcuni settori, anche raffinati teoricamente, della sinistra radicale, che pensano di fare a meno del settore bancario, come se la presenza di settori in disavanzo non sia insuperabile e tale da richiedere indefettibilmente l’intervento della finanza, o comunque di fare a meno di controlli indipendenti. L’altra, di chi si oppone alla Commissione Parlamentare, non si rende conto che la tutela del risparmio è illusoria se essa non si allea con la programmazione economica.
Se le due facce restano incomunicabili, al disastro non vi alternativa.
Occorre trovare una via di comunicazione stretta e indissolubile.
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