L’ULTIMO LEADER SOCIALISTA di Luciano Belli Paci del 20 gennaio 2020

20 gennaio 2020

L’ULTIMO LEADER SOCIALISTA di Luciano Belli Paci del 20 gennaio 2020

Non posso non dirmi craxiano. Anche se volessi nascondermi – e non è nel mio stile – non potrei farlo: mi iscrissi al Psi nel 1984 proprio per Craxi. Venivo dal Psdi dove avevo militato dall’età di 14 anni e dal quale da tempo meditavo di uscire perché ne vedevo l’irreversibile sclerotizzazione. Avevo rimandato più volte quel passo perché indispettito da prese di posizione del Psi che giudicavo inaccettabili, come la linea della trattativa durante il rapimento di Moro nel 1978 o come la solidarietà con l’Argentina nella crisi della Falkland-Malvinas nel 1982. Nel 1984, finalmente, mi decisi e portai con me un bel gruppo di giovani socialdemocratici.
Se prima Craxi non avesse completato il processo di piena socialdemocratizzazione del Psi non avrei mai aderito perché ho sempre considerato lo sterile massimalismo, la subalternità ai comunisti, la confusione ideologica e la distanza dalla famiglia socialista e laburista europea come tare devastanti nella storia del socialismo italiano.
Nel Psi craxiano mi sono sentito sempre al posto giusto, compagno tra compagni dentro una missione davvero titanica, specie per un partito medio, quella di superare da sinistra le tante anomalie italiane che si compendiano nella definizione di “democrazia bloccata”. Nessuno allora pensava che il Muro potesse crollare e la guerra fredda potesse finire nel giro di pochi anni. Noi avevamo il nostro muro domestico da demolire, frutto della storia fatta anche dei nostri antichi errori. Avevamo il maggiore partito comunista dell’occidente, il più debole partito socialista d’Europa, la Dc permanentemente al governo, nessuna possibilità di alternanza e, di conseguenza, una montante tendenza consociativa ed una occupazione sempre più pervasiva dei partiti nella pubblica amministrazione e nella vita economica. Tutta l’azione corsara del Psi di quegli anni deve essere valutata dentro questo contesto immobile e marcescente.
Furono commessi anche molti errori, ma resto convinto che la linea fosse giusta. Perché la denuncia della questione morale fatta dal Pci berlingueriano, in sé sacrosanta, rimaneva fine a se stessa visto che solo lo smantellamento della paralizzante egemonia dei due colossi politici poteva ridestare la nostra bella addormentata dal suo sarcofago.
L’errore esiziale di Craxi fu quello di non capire che, essendo intervenuto nel 1989 il crollo del Muro di Berlino prima che noi riuscissimo a compiere l’impresa titanica di abbattere il muro invisibile che necrotizzava la vita democratica italiana, lo schema di gioco era saltato ed occorreva cambiare tutto. Perdendo contatto con la realtà, il Psi si trovò ben presto da inseguitore a inseguito, da rinnovatore di una democrazia esangue a bersaglio grosso di chi voleva in realtà distruggere la repubblica dei partiti, con tutti i filistei.
Di quella repubblica dei partiti il Psi era il perno, il simbolo, ma anche l’anello debole per via del radicamento fragile, del potere sproporzionato, della mancanza di “controllo sociale” per filtrare arrivisti ed affaristi, dell’antipatia del leader troppo compreso nel suo titanismo. L’establishment economico-mediatico, ormai insofferente nei confronti di partiti che non gli conveniva più finanziare e con i quali non voleva più spartire il potere reale, decise di abbattere quel sistema approfittando dei suoi vizi. Così arrivarono prima le campagne antipartitiche di Segni e C., poi la decimazione giudiziaria, i processi nelle piazze, la delegittimazione della politica in quanto tale, che fu messa “a cuccia” per ridurla a compiti di servizio per il Mercato (maiuscolo) che tutto regola.
La fine dell’ultimo leader socialista, latitante ed esule al tempo stesso, non rappresenta solo un simbolo dell’umiliazione collettiva patita da milioni di socialisti, umiliazione che ha pesato e pesa come un macigno sulle sorti, anche elettorali, della sinistra italiana. Quel titano incatenato nel suo rifugio di Hammamet rappresenta una sorta di presagio di come, facendo tabula rasa della democrazia dei partiti (e non ne conosco altre), si sarebbe ridotta la politica italiana.
A questo penso oggi, 19 gennaio 2020, 20° anniversario della morte di Bettino Craxi.

 

Vai all'Archivio