L’ ORDINAMENTO DEL SETTORE BANCARIO E FINANZIARIO E LA POLITICA di Francesco Bochicchio
02 febbraio 2018
CONCLUSIONI: POLITICA E TECNICA NELL’ORDINAMENTO BANCARIO
Nella prima repubblica, soprattutto grazie a Guido Carli, Governatore di Banca d’Italia dal ’60 al ’75 e poi, in sequenza temporale, Presidente di Confindustria, parlamentare Dc e Ministro del Tesoro, preoccupazione principale era di evitare che la politica contaminasse il sistema bancario: preoccupazione fatta propria dall’allora partito comunista un cui brillante economista, Gianni Manghetti, fu esplicito in un suo libro: “Giù le mani dalle banche”.
Era la preoccupazione sulle degenerazioni della partitocrazia con il suo spirito spartitorio e clientelare: ma a monte vi era la preoccupazione che la politica incidesse sui criteri di corretta selezione delle aziende beneficiarie del credito, alterandoli.
Qui vi è il punto decisivo: alla giusta ed orgogliosa rivendicazione dell’autonomia del credito si è unito indissolubilmente il rifiuto dell’ingresso della politica economica nel settore.
Il Pci negli anni ’80 si è così opposto ai tentativi, goffi e spesso strumentali ma almeno abbozzati, di Craxi di politica economica nel credito, gettando insieme all’acqua sporca delle degenerazioni, acqua sporca preponderante, anche il bambino, minoritario, della politica economica.
A questo errore clamoroso ne ha fatto seguito altro parimenti clamoroso: la distinzione tra imprenditoria corretta ed imprenditoria scorretta, tra settore bancario serio e settore bancario avventuroso, distinzione fatta saltare dal capitale finanziario e dalla globalizzazione..
In definitiva, si è risolto il ruolo l’ordinamento bancario con le Autorità di vigilanza in quello di regolatore e di garante: di qui la neutralità dei poteri che giuridicamente è un non senso.
Si è eliminato l’aspetto politico, e tale eliminazione poteva al limite avere un senso quando il mercato veniva ritenuto funzionante e il problema di un pianificazione semi-socialista era solo politico, se non addirittura ideologico. Si è smantellato l’ordinamento proprio nel momento in cui il mercato si è rivelato del tutto inadeguato.
Con questo non si deve far l’errore opposto e trascurare l’aspetto tecnico che al contrario deve essere salvaguardato: semplicemente è un aspetto non è autosufficiente e che deve essere diretto “ab externo”.
Ed invece l’aspetto tecnico, lasciato a sé stesso, si è dimostrato del tutto inadeguato a fronteggiare la crisi: più precisamente, i controlli bancari si sono rivelati inidonei a gestire i fattori di crisi in un momento in cui l’economia industriale non tirava più. Così Il mondo bancario si è diretto verso la speculazione abnorme con prodotti rovinosi ed inefficienti, abbandonando nell’effettività l’aspetto della tecnica bancari. La dottrina Carli si è risolta, da sola e per propria scelta, nella sua negazione e nel suo abbandono.
E’ mancata, alla fine, la ristrutturazione del credito e del mondo bancario.
Nel settore dell’intermediazione degli investimenti in titoli si è persa la tecnicità della gestione dinamica e del supporto ai mercati per restare avvinghiati in un’ottica di pura speculazione
In definitiva, la separazione tra attività bancaria ordinaria con risparmi in deposito da un lato e dall’altro attività di banca d’affari è una falsa risposta, mentre all’esatto contrario vi deve essere coordinamento ed anche unificazione di indirizzo, con ripresa dell’aspetto tecnico e con la gestione di investimenti finanziari che si riveli di completamento di quella creditizia, che è il vero cuore della finanza.
L’unica Banca vera è quella universale, con la conseguenza che la struttura dell’ordinamento banco-centrica è necessaria contrariamente a quel che ammoniva e lamentava Gustavo Minervini al momento dell’entrata in vigore della regolamentazione delle attività dei servizi di investimento.
Ma vi è una conclusione politica che deve essere rimarcata: il mondo bancario e quello delle imprese produttive, sono sinergici tra di loro, contrariamente a quel che pensa il populismo di destra, e sono entrambi in contrasto con il capitale finanziario. Sì, è questo l’elemento di novità clamorosa: il capitale finanziario annulla ed umilia il mondo bancario.
Ma non solo: il mondo bancario è in sintonia con lo Stato e con la spesa pubblica da riqualificare ma non da abbattere: al contrario l’intervento pubblico nell’economia, non di sola erogazione, ma anche di investimento e di indirizzo, deve essere il volano degli investimenti.. Uno Stato inefficiente lascia il mondo bancario allo sbaraglio.
In termini marxisti, al cui interno la presente ricerca si colloca armonicamente, ciò comporta non l’irrilevanza delle classi, ma all’esatto contrario, in un’ottica di gradualismo, la possibilità di un’aggregazione di classe da parte del lavoro.
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