L’ITALIA DEL NON SI PUO’, OVVERO LA SINDROME DI MAURRAS di Alberto Benzoni del 13 gennaio 2020
14 gennaio 2020
Se dovessimo definire
sinteticamente la cultura e il messaggio politico del centro-sinistra e dei
suoi governi, l’unica formula che ci viene in mente è quella del “non si può”.
Non si può aumentare la spesa perché l’Europa non vuole.
Non si può rimettere in discussione l’autonomia differenziata perché le regioni
la vogliono.
Non si possono tassare né i grandi redditi né i patrimoni perché gli
interessati (e con loro, i risparmiatori, i mercati e quant’altro) la
prenderebbero a male.
Non si può introdurre il reddito di cittadinanza perché ci direbbero che siamo
assistenzialisti.
Non si può difendere e ripristinare il ruolo dello stato e del pubblico, perché
tutti ne parlano male.
Non possiamo revocare le concessioni autostradali perché i concessionari non
sono d’accordo e ce la farebbero pagare cara.
Non si può dire che l’immigrazione è una risorsa perché, da noi, non lo dice
nessuno.
Non si può scioperare anzi si può. Ma tenendo presente che serve a poco, per
non dire a niente e a pagarne il prezzo sono i cittadini.
Non possiamo criticare l’America per l’assassinio di Solemaini perché Trump è
amico di Giuseppi e occorre tenerselo buono.
Non possiamo criticare apertamente la politica di austerity perché siamo un
paese in libertà provvisoria e non possiamo abusarne.
Potremmo continuare. Ma ci
fermiamo qui. Per sottolineare che, a giustificare la nostra voluta impotenza
non ci sono ragioni oggettive - leggi il valore concreto di un provvedimento ai
fini dell’interesse nazionale - ma la resa preventiva e quasi automatica
rispetto alla forza e alle ragioni dell’avversario. Il che significa,
all’inverso, sfiducia preventiva nelle proprie.
Un male europeo? Insomma, siamo così, perché sono, o devono essere così gli
altri?
Ma le cose non stanno così. Perché, in questo preciso momento, la regola del
“non si può” è ignorata su mille fronti e in tutta Europa.
Così in Spagna si è formato (contro il parere del vecchio gruppo dirigente
socialista, di Bruxelles e della Confindustria locale) un governo di
sinistra-sinistra, con un programma di sinistra-sinistra e
l’astensione/assenso, tra gli altri della sinistra indipendentista catalana. In
uno scontro durissimo con la destra-destra che non ha esitato a definire questo
governo “comunista e complice dei terroristi, con le mani sporche di sangue”.
Così in Francia continua lo sciopero contro la riforma delle pensioni con
vigore e consenso pubblico immutati; mentre il governo è per ora incapace sia
di “arrivare sino in fondo” che di trovare mediazioni accettabili. Mentre, in
vista delle prossime elezioni locali, dai verdi sino ai comunisti, si
sperimentano accordi impensabili sino a qualche tempo fa.
Così, in Francia, come in Germania si alza un sempre più forte coro di voci a
favore di una politica industriale e contro i vincoli dell’austerity.
Così tre capi di stato e di governo, Macron, la Merkel e Boris Johnson
dichiarano che la minaccia principale per l’Europa non viene né dalla Russia
né, tento meno dall’Iran, ma dal jhadismo terroristico di stampo sunnita. In
implicita ma forte polemica con Trump che li invita ad aderire attivamente alla
crociata contro Teheran.
Tanti importanti segnali che in Europa “si può”; ma tutti bellamente ignorati o
ritenuti irrilevanti sia dal governo italiano, sia dalle forze che, si fa per
dire, lo sostengono, sia, e qui la cosa è più sorprendente, da quelle che
dovrebbero contestare la linea del “non si può” da sinistra.
E qui non siamo più nel campo della politica ma della patologia collettiva.
Siamo diventati disfattisti. Prima eravamo bravissimi nell’analizzare le
ragioni delle nostre sconfitte così da poterci riscattare alla prima occasione.
Oggi le riteniamo non solo scontate in partenza ma giuste, anzi in qualche modo
meritate; al punto di non fare nulla per evitarle. E proviamo un profondo
fastidio, se non aperta ostilità, verso chiunque - sia esso socialista,
pacifista, ambientalista o semplice sardina - turbi il nostro placido sonno
richiamandoci alle nostre responsabilità.
Siamo, per altro verso, affetti, sia pure in forma meno crudamente drammatica,
della “sindrome di Maurras”. Il Nostro, per tutta la sua vita nazionalista
antitedesco, salutò come “divina sorpresa” la sconfitta del suo paese nel 1940
da parte della Germania nazista. Perché avversava intellettualmente la
Germania, ma odiava visceralmente Blum. Noi avversiamo Salvini ma più per il
suo stile che per altro; mentre riserviamo la nostra inimicizia e la nostra
ostilità politica a quelli che appartengono al nostro campo. In un gioco al
massacro in cui non si salva nessuno.
Verrebbe da dire, in questo quadro, che la sinistra che abbiamo meriti, tutta,
di essere sconfitta. Salvo ad aggiungere subito, che non lo merita il nostro
paese.