L’INQUINAMENTO NON SI COMBATTE CON UNA TASSA, MEGLIO INCREMENTARE IL TRASPORTO PUBBLICO - Di Gian Paolo Corda da il Riformista del 21 luglio 2006
31 luglio 2006
Non c’è milanese, né organo di stampa milanese, che abbia da ridire sul fatto che occorre far pagare l’inquinamento creato dalle auto che vengono da fuori Milano? È così accattivante questa promessa pollution charge che unisce destra e sinistra, ambientalisti e leghisti?
Qualche dubbio in realtà c’è: il primo è che, se per Milano si vuole “pensare in grande”, il problema vada affrontato alla scala dell’intera area urbana milanese-lombarda che giustifica il rango europeo di Milano (non solo l’hinterland, ma l’area, pari a quella parigina, di circa 7 milioni e mezzo di abitanti).
Il secondo, che già qualcuno ha ricordato, è che non basta pagare per inquinare, perché oltre il giusto principio economico per cui occorre risarcire delle esternalità negative prodotte, ne esiste anche un altro, mobilitante nelle battaglie sindacali del ’68, per cui “la salute non è monetizzabile”.
Il terzo è che ad inquinare l’aria di Milano sono soprattutto i suoi residenti.
Ora poiché il provvedimento promesso dal Sindaco Moratti sembrerebbe riguardare chi paga ai confini comunali, vale la pena soffermarsi su questo punto e proprio su dati del Comune di Milano che lo stesso non può ignorare.
I veicoli in ingresso a Milano non sono 690.000, come è stato detto, ma 530.000: la differenza, sottaciuta, di 160.000 veicoli, è dei milanesi che entrano in Milano la sera facendo ritorno a casa, dopo aver lavorato, fatto acquisti, studiato, frequentato palestre e multisala fuori Milano.
Per ogni 3 pendolari che entrano, dall’hinterland e dal resto della regione, 1 milanese esce quotidianamente da Milano. Questo dato mette in luce nel provvedimento della pollution charge un ritardo di analisi sulla evoluzione dell’uso della città nel suo insieme, molto diverso da quello degli anni Settanta quanto il rapporto tra chi entrava ed usciva da Milano era di 10 a 1 per il ruolo predominante del capoluogo sugli altri comuni circostanti.
Milano Città è produttrice di traffico, e di inquinamento, addirittura in misura proporzionalmente maggiore rispetto all’esterno, se si consideri che la sua popolazione è di 1.300.000 abitanti rispetto a quella della Provincia e dell’area urbana nel suo complesso.
Dunque tutti d’accordo, anche il Presidente Penati, nel far pagare chi entra in Milano con veicoli inquinanti e non chi ne esce con veicoli altrettanto inquinanti?
E che dire, inoltre, dell’inquinamento prodotto dai 900.000 spostamenti autoveicolari quotidiani dei milanesi che si muovono entro Milano?
Dopo tanto annuncio, da un primo calcolo, pagherà solo meno della metà dei 530.000 autoveicoli in entrata che inquinano, ammesso che si diano le soluzioni tecniche per classificare (a vista di telecamera) i veicoli inquinanti.
I numeri in gioco dicono che la Pollution Charge non può promettere riduzione strutturale dell’inquinamento, né che può indurre una riduzione del traffico, proprio perchè applicata ad un segmento assai parziale di popolazione, che indotta a cambiare il proprio mezzo con uno più evoluto e meno inquinante, sarà ancora meno disposta ad usare i mezzi pubblici.
Inquinamento e congestione da traffico sono spesso assimilati negli effetti prodotti, ma ciascuna di queste due emergenze implica soluzioni specifiche e distinte.br>Ne è riprova la crescita del traffico, e della congestione, cui è corrisposto negli ultimi anni un abbassamento dell’inquinamento certamente conseguente, e virtuosamente, ai miglioramenti tecnologici degli standard Euro 3 ed Euro 4 che vanno estendendosi ad una parte sempre più ampia del parco autoveicolare.
Per affrontare l’inquinamento da traffico, in termini di efficacia e di efficienza, è meglio programmare a livello regionale, e quindi per la giusta estensione dell’area urbana milanese, una progressiva (in tempi ragionevoli, 5 anni ad esempio) eliminazione dalla circolazione di tutti i mezzi inquinanti: automobili e veicoli commerciali, preannunciando per tempo l’introduzione di una generalizzata - per tutti i comuni lombardi - pollution charge che risponda ai provvedimenti strutturali richiesti dalla Unione Europea, con una sostituzione del parco veicolare assistito da contributi straordinari dettati dall’emergenza inquinamento.
Combattere la congestione in maniera strutturale significa migliorare la qualità e l’affidabilità del Servizio Ferroviario Regionale e Suburbano, facilitandone l’interscambio con i mezzi privati e realizzare nuove linee metropolitane, con un programma straordinario d’interventi che metta nel giusto rilievo la natura nazionale del problema che oggi attanaglia l’area milanese-lombarda.
Nel frattempo occorre metter mano anche ad altri interventi, tutti programmabili e di minor costo: corsie protette (anche da bici e moto), piste ciclabili e facilitazioni per i ciclisti alle metropolitane, conversione della sede di alcune linee tranviarie in corsie preferenziali, per taxi e mezzi di emergenza, maggiori frequenze con mezzi più piccoli di quelli in uso e meno impattanti sul traffico (soprattutto se tecnologicamente più sicuri). Occorre regolamentare sempre più estesamente la sosta, rivisitando alcuni criteri fin qui assunti dalla passata Amministrazione, per meglio adattare i provvedimenti ai diversi caratteri della città: quel che va bene entro la cerchia dei bastioni, non va bene nei quartieri attorno alle circonvallazioni, nei quali (come a Torino) sarebbe meglio generalizzare le righe blu, gratuite per i residenti, e ottenere così una maggiore flessibilità a beneficio dei visitatori occasionali, del carico e scarico merci, dei corrieri, dei veicoli dei manutentori degli stabili, tutti perennemente in obbligata doppia fila.
Combattere la congestione da traffico significa, inoltre, prendere atto che lo spazio urbano è ormai una risorsa scarsa, la cui riproduzione (comunque limitata da vincoli fisici e storico-artistici) è particolarmente costosa. Significa per un’Amministrazione far crescere, sul piano sentire collettivo, la consapevolezza che, per il bene di tutti, occorre affrontare il tema della gratuità dell’uso del suolo pubblico, prima che si debba arrivare, come in Giappone, ad immatricolare una nuova auto solo in possesso di un corrispondente posto auto privato.
Per fare questo, non si può più rimandare, occorre predisporre già oggi una strategia, da articolare nel tempo, con meccanismi di annuncio efficaci e credibili, flessibile in relazione ai risultati via via raggiunti. Una strategia che preveda di estendere gradatamente il parcheggio a pagamento per tutti (park pricing), magari con tariffe proporzionali alle emissioni inquinanti.
Solo dopo questi passaggi Londra, Oslo, Göteborg hanno introdotto il road pricing, non ai confini ma in una specifica area della città, e anche noi dovremo farlo se non vogliamo trascurare i possibili effetti redistributivi che una misura come il road pricing può determinare e che possono assumere anche direzioni inaspettate e/o indesiderate e anche portatrici di nuova congestione.
Fondamentale, in tutti i casi, è stabilire, attivando uno specifico Fondo Locale dei Trasporti (municipale, ma non solo), che i ricavi del park pricing e/o del road pricing siano esclusivamente destinati al finanziamento di quegli interventi che necessitano per essere attuati non solo di tradizionali risorse pubbliche, meglio se destinate ad incentivare il project financing, ma anche di risorse collettive straordinarie sulle quali occorre ormai mobilitarsi.
Certo, se si applica una congestion charge ai confini di Milano tutto diventa più complicato, in quanto diventa inevitabile dire di no al fatto che i suoi proventi finanzino, come sembra, l’applicazione di una tariffa urbana anche per i pendolari dei Comuni più esterni: il che risulterebbe un fatto singolare in tutta Europa.