L’IMPUTATO SENZA COLPE, L’AVANTI! DISONORATO di Sergio Talamo da “Il Riformista” del 3 settembre 2011
14 ottobre 2011
Qui siamo garantisti veri, quindi Lavitola, Tarantini e la vittima Berlusconi sono dei fior di innocenti. Ma poiché siamo garantisti, pensiamo anche all’innocente più innocente di tutti,quello che non potrà mai difendersi, quello per cui la sentenza è già scritta. L’Avanti!. Vogliamo parlare di lui perché è un imputato senza avvocati, come fosse figlio di nessuno e non invece un pezzo della libertà e della civiltà di tutti. Mi chiedo perché questo silenzio: se fossero infangati la Spedizione dei Mille o Porta Pia, il 25 aprile o Giovanni Falcone, non ci sarebbe qualcuno che insorgerebbe? Per l’ Avanti! invece no. Rileggiamo su quel povero foglio, oggi inzaccherato, un secolo di storia italiana, o meglio le tante cause giuste che quella storia hanno illuminato. Le cause giuste del partito che a Firenze, nel 1896, decise di darsi un organo comune e lo mise al servizio di un volgo che, dopo 35 anni dall’unità, era ancora “disperso” e “senza nome”, come nei versi del Manzoni. Le cause giuste di Bissolati, il primo direttore (seguiranno nei decenni nomi come Treves, Nenni, Lombardi, Pertini, Craxi, Ghirelli), e dei tanti che nacquero riformisti già nell’Ottocento e lo restarono anche quando iniziarono i bombardamenti del massimalismo, che veniva dalla neonata Unione Sovietica e dai suoi epigoni italiani. Le cause giuste di Costa, Prampolini, Kuliscioff e, su tutti, Filippo Turati, padre di un pensiero troppo moderno per vincere a quel tempo; e del giovane Matteotti,che poté dire la verità al Paese solo fino al 10 giugno 1924. Oltre i politici, l’Avanti! delle origini era soprattutto il megafono di chi non aveva voce, e su quel giornale trovava diritti e dignità: i contadini e gli operai, le donne e i minori sfruttati, insomma la plebe alleata di quella borghesia che voleva tempi nuovi e più giusti. L’Avanti! fu anche il giornale diretto da Benito Mussolini, e ospitò i non rari cedimenti al leninismo. Ma seppe sempre risorgere e tornare sulla strada giusta, perché era la vena dove scorreva il sangue della cultura più trasgressiva e coraggiosa, capace di uscire dalla retorica e dai dogmi paralizzanti delle ideologie. Fu il giornale dell’unificazione socialista, del “no” ai carri armati di Budapest, delle speranze del primo centrosinistra, della primavera di Praga che contagiava l’Italia. Fu il giornale dove nel 1974 Loris Fortuna brindava per il successo nel referen-dum sul divorzio. Fu il giornale che, dieci anni dopo, spiegò ai lavoratori la grande scommessa vinta del decreto di San Valentino. Fu il giornale dove negli anni ’80 scrisse Ghino di Tacco, brigante perennemente acceso, e dopo il 1993 anche Edmond Dantés. Due pseudonimi dello stesso uomo, prima vincente poi vinto. Ma sempre libero. «Chi controlla il passato controlla il presente», diceva George Orwell. Ma anche chi il passato lo disconosce. Quindi, oggi che l’Avanti! piange le lacrime inconsolabili del discredito, è bene ricordare cosa porta nelle sue pagine ingiallite. Ricordarlo oggi, nei giorni che bruciano più dei cannoni del 1897, con i soldati che sparavano sulla gente e i redattori dell’Avanti! arrestati; più delle fiamme del 1922, con gli squadristi che irrompevano nel giornale e lo distruggevano; più anche del 1993, l’anno in cui una grande storia politica veniva crocefissa sull’altare di una falsa rivoluzione.
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