KAMALA HARRIS, OVVERO IL CANTO DEL CIGNO DEL POLITICAMENTE CORRETTO di Alberto Benzoni
25 luglio 2024
In questi quattro
anni, in cui ogni pensiero, parola od opera proveniente dalla nuova
amministrazione democratica è stato registrato, qui da noi, debitamente
commentato e consegnato alla storia, la figura di Kamala Harris è stata oggetto
di una generale omissione. E non perché donna e afro/giallo americana, anche se
“in carriera”; ma per mancanza di materiale da trasmettere. Avrebbe dovuto
portare avanti una nuova politica immigratoria, assieme razionale e
compassionevole. E illustrarla al resto del mondo, a sua edificazione. Ma non è
andata avanti, né sull’uno né sull’altro fronte, scontentando tutti; e lasciano
alle sue spalle una situazione da ogni punto di vista peggiore di prima.
Oggi, invece, la sua
entrata in campo, con il patrocinio di Biden e il consenso, almeno così ci
dice, di militanti, donatori e dirigenti, appare come una specie di “deus ex
machina”, suscettibile di ribaltare l’andamento della campagna elettorale e di
mettere i repubblicani in serie difficoltà.
Basterà questo cambio
di paradigma a rimettere in corsa i democratici? I nuovi sostenitori della
Harris, ne sembrano persuasi. Perché avevano in mente, sin dall’inizio, una
campagna elettorale molto aggressiva e tutta condotta su temi di politica
interna. Nella convinzione, in buona misura fondata, che le questioni
internazionali non siano al centro dell’interesse e soprattutto delle
preoccupazioni degli elettori. Se non fosse così, Bush padre, il grande, e
incruento, vincitore nel confronto con il campo socialista non avrebbe perso le
elezioni ( per non avere mantenuto il suo impegno di non aumentare le tasse). E
la stessa conduzione degli affari internazionali, manifestazione specifica del
ruolo assegnato da Dio alla “città sulla collina”, non avrebbe bisogno di
essere venduta ai suoi cittadini in pacchettini colorati suscettibili di
ottenere il loro gradimento con il minimo sforzo.
Diciamo, allora, che
Kamala Harris, accantonando ogni possibile dietrologia, è stata accettata con
il dovuto entusiasmo dal popolo democratico, non per quello che è o ha fatto, e
nemmeno per quello che potrà fare in futuro ma per la sua indubbia capacità,
fisica e temperamentale, di essere protagonista di uno scambio senza esclusione
di colpi con Trump. E su temi che saranno essenzialmente “societari”. E in cui
i suoi riferimenti in materia di politica estera riecheggeranno quelli di Biden
anche se con qualche attenzione in più rispetto alla tragedia palestinese (non
sarà presente all’omelia untuosamente ecumenica di Netanyahu).
E questo è quanto.
Liberi, tutti noi, di valutare la bontà di questa scelta
E questo è quanto.
Liberi tutti di valutare la bontà di questa scelta, così come gli effetti di
una sua possibile vittoria. Ma, per favore, risparmiateci gli apprezzamenti,
con le dita dietro la schiena, delle istituzioni europee così come gli
entusiasmi a scatola chiusa dei benpensanti di sinistra.
Cavalcare il
politicamente corretto è ormai diventato, per loro, un riflesso automatico; ma
cerchiamo di ricordarci che, nello scontro, vincono (quasi) sempre i cattivi.