ITALIA LABORATORIO DEL NAZIONALPOPULISMO di Giuseppe Nigro

25 giugno 2018

ITALIA LABORATORIO DEL NAZIONALPOPULISMO di Giuseppe Nigro

Le elezioni del 4 marzo 2018 hanno – dopo un lungo travaglio – portato alla costituzione di un governo del tutto inedito formato da un partito euroscettico recentemente approdato ad un neonazionalismo identitario (“prima gli italiani”) e da un movimento che si fonda sull’idea di democrazia diretta supportata dalle tecnologie informatiche (Repubblica elettronica di L.K. Grossman).  Lega Italia (così chiameremo la Lega Nord) e 5 Stelle hanno conquistato l’elettorato sommando promesse impegnative. Il PD al governo ha snobbato, non ha compreso la situazione di crisi che in questi primi due decenni del Terzo millennio ha colpito il paese. L’arrogante partito a vocazione maggioritaria, oggi, si trova all’opposizione. La lista elettorale alla sua sinistra, Liberi e Uguali, subisce lo stesso destino.

Le elezioni italiane possono essere considerate l’epilogo post litteram  della Terza via. Il rigurgito di ottimismo facilone del governo Renzi (politica dei bonus), una anacronistica politica di incentivi individuali  – con la speranza di ingenerare ottimismo e indurre il ceto medio impoverito a consumare, non è bastato ad aprire nuovi orizzonti. Nè ha rimosso dalla testa degli elettori che la classe dirigente della sinistra fosse una casta privilegiata, più attenta a difendere i propri privilegi molto meno a rimuovere diseguaglianze.

Eppure, era noto che l’età dell’oro della “terza via” si era infranta di fronte alla crisi finanziaria del 2008. Era evidente e nota la crisi dei partiti socialisti europei elettoralmente in difficoltà. Lo sviluppo economico ininterrotto vantaggioso per tutti, l’idea forte della globalizzazione, rivelatasi fallace, incantava ancora soltanto il Pd di Renzi.

L’impoverimento assoluto e l’arretramento del ceto medio è avvenuto in Italia su un corpo socialmente malato (criminalità, corruzione, evasione fiscale, sperequazioni geografiche), istituzionalmente inefficiente (macchina amministrativa dello stato degli enti locali) e politicamente inadeguato (crisi dei partiti) e culturalmente straniato (marginalizzazione dell’istruzione).

I governi che si sono succeduti negli ultimi anni (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi) hanno sottovalutato la crisi e aperto la strada al populismo pentastellato e al nazionalismo leghista. Ora il nazionalpopulismo provvede a spostare all’esterno le incapacità e le responsabilità italiane contribuendo a rinfocolare sentimenti atavici: il vittimismo (l’Europa non ci aiuta), il razzismo (contro ebrei, zingari, negri), il pregiudizio contro gli stranieri (dai crucchi agli altezzosi e francesi), la paura nei confronti del diverso.

Abbandonato il pur nobile indirizzo federalista, il nazionalismo odierno di Lega Italia è molto pericoloso, subdolo poichè porterà a contrapposizioni senza prospettive in Europa e a ricerche di alleanze con i paesi ex-comunisti del Centro Europa e con la Russia. Il primo episodio di neonazionalismo lo abbiamo visto esercitare nei confronti della Tunisia, l’unico paese africano con cui funziona la politica dei rimpatri,  accusata di esportare “galeotti”, a seguire le pressioni verso Malta. Il populismo di 5 Stelle è altrettanto grave perchè demagogico (“tutto subito”), livoroso e debole sul piano della cultura politica. Vagamente neopauperista. Anche la casta a 5 stelle ci riserverà sorprese.

Non sono d’aiuto i governi Macron e Merkel. Il primo spaccia per europeismo un nuova grandeur francese, imposta soprattutto agli italiani che alimenterà il rigurgito nazionalpopulista; il secondo si crogiola in una politica industriale egoistica. L’industria tedesca ha satellizzato le zone industriali d’Europa fra cui anche l’Italia; gli utili aziendali generati dai prodotti finiti finiscono in Germania ( i famosi avanzi commerciali) senza alimentare investimenti che possano generare benefici per i partner europei.

Indipendentemente da quanto durerà il governo Conte-Di Maio- Salvini, il nazionalpopulismo rischia di essere un fenomeno pervasivo, penetrato nel tessuto della società.  Contro l’offensiva culturale della destra bisogna rianimare la cultura della sinistra, i suoi valori di giustizia, egualitari. Non sarà sufficiente archiviare Renzi, come alcuni pensano, per rifare una formazione di sinistra. E soprattutto non c’è bisogno di capri espiatori. Mentre invece è indispensabile una nuova classe dirigente, non autoreferenziale, che abbia compreso la gravità della crisi, sappia battersi contro la “democrazia autoritaria”, e che nella rappresentanza democratica non trovi la giustificazione per escludere i cittadini dal governo della cosa pubblica. C’è bisogno di una nuova pedagogia politica visionaria ed eretica come un tempo è stato il socialismo democratico. Per farsi ascoltare bisogna ricominciare. Con umiltà!

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