INTERVISTA A ROBERTO BISCARDINI. “SERVE UN PARTITO SOCIALISTA, COME NEL RESTO D’EUROPA” - di Stefano Magni, da L’Opinione dele Libertà del 25 aprile 2007

02 maggio 2007

INTERVISTA A ROBERTO BISCARDINI. “SERVE UN PARTITO SOCIALISTA, COME NEL RESTO D’EUROPA” - di Stefano Magni, da L’Opinione dele Libertà del 25 aprile 2007

Lunedì 23 aprile, al Palazzo delle Stelline a Milano è stato presentato il libro di Antonio Ghirelli, “Aspettando la Rivoluzione”. Ed è stata un’occasione per discutere sulla prossima costituente socialista con gli ospiti della tavola rotonda: il Senatore Roberto Biscardini e gli Onorevoli Peppino Caldarola, Gianni Cervetti, Biagio Marzo e Gianni De Michelis. “Faremo la costituente socialista?” era il titolo della conferenza-dibattito introdotta da Paolo Pillitteri e moderata da Paolo Franchi, direttore de Il Riformista. Abbiamo rivolto la domanda al Senatore Roberto Biscardini (Sdi). Il quale si dice “convinto che la costituente debba avere un obiettivo preciso: fare un partito socialista. La costituente è lo strumento principale da utilizzare per dotare anche l’Italia di un partito socialista che oggi non c’è. Contrariamente a tutti i Paesi europei, che invece hanno una sinistra socialista. Occorre un programma preciso e delle risposte chiare da dare all’opinione pubblica. Oggi si può fare: rispetto agli anni scorsi, oggi ci sono condizioni molto favorevoli. Prima di tutto c’è la possibilità di superare le divergenze tra gli elementi della diaspora dell’ex Psi. Secondo: siamo arrivati alla fine della storia del post-comunismo italiano con lo scioglimento dei Ds e la nascita del Partito Democratico. Terzo: la nascita di quest’ultimo rimescola le carte in tutto il sistema politico italiano e questa è la condizione necessaria a far nascere un nuovo Partito Socialista allargato, non solo esteso agli ex socialisti, ma anche a tutti coloro che hanno militato in Forza Italia, nei Ds e ai liberali laici”.

Ma il Partito Democratico non finirà per occupare tutti gli spazi della sinistra moderata?
Per ora il PD ha occupato uno spazio mediatico enorme, ma non sappiamo quanto spazio politico riuscirà a conquistare. Due più due non fa sempre quattro, almeno in politica e non è affatto detto che il PD conquisti la somma del consenso attualmente attribuito ai Ds e alla Margherita. La mia sensazione è che, dopo la conclusione dei congressi dei due partiti e all’avvio dell’operazione PD, si sia aperto e non chiuso un nuovo spazio politico per i socialisti. Colgo dei sentimenti diffusi nella sinistra italiana, di persone che hanno militato nel Partito Comunista, ma non riescono a trasformarsi in attivisti di un nuovo partito che è sostanzialmente post-democristiano. C’è un’evocazione della sinistra democratica americana, una tradizione ben lontana da quella della sinistra italiana. Ma soprattutto nel PD è ben visibile un pericoloso moderatismo: un partito di potere dalle idee annacquate.

Se il Partito Democratico sarà moderato, il nuovo Partito Socialista dovrà essere più radicale?

Intanto dovrà essere un Partito con le idee più chiare, ben identificabili dall’opinione pubblica. Gli elettori sono stanchi di una politica tutta auto-referenziale che propone poche idee e lascia molto del suo potere ad altri poteri forti.

Parlando del programma socialista, che ruolo avrà lo Stato nell’economia italiana?
Siamo in un’economia di mercato e non possiamo che affermare la libertà del mercato quale principio fondamentale. Lo Stato, comunque, manterrà un suo ruolo. Deve saper definire delle regole. Ma è importante sottolineare una cosa: queste regole non devono essere definite in corso d’opera, come sta avvenendo in questo momento. Oggi viviamo in una fase paradossale: abbiamo abbandonato il ruolo dello Stato come proprietario di aziende e come attore dell’economia del Paese, ma allo stesso tempo abbiamo uno Stato ancor più pericoloso che interviene nell’attività economica cambiando le regole mentre si sta giocando, sovvertendo così il libero mercato.

Il Partito Democratico si sta configurando come partito post-democristiano, mentre Lei ha parlato di principio di laicità. Oggi c’è un vasto dibattito sul significato di questa parola e dei termini suoi derivati (laicismo, religione laica, addirittura “fondamentalismo laicista”). Cosa si intende per laicità da un punto di vista socialista?
Intanto la laicità dello Stato si traduce nel rispetto della persona affinché non prevalga un autoritarismo statale nei confronti di alcuno, specialmente nei confronti di qualche minoranza etnica o religiosa. Laicità non è una politica dello Stato contro la religione, perché il principio fondamentale è la libertà di religione per tutti. Si deve mirare a una società che rispetta le minoranze, in cui si evita il crescere di fondamentalismi di varia natura e soprattutto si evitano contrapposizioni tra opposti fondamentalismi che minerebbero la libertà dei cittadini. Ma non si parla solo di religione: si può intervenire in modo laico anche nell’economia e nella definizione dei diritti civili. La questione fondamentale che ci ritroveremo a dover risolvere è il crescente ruolo della Chiesa. In questo momento è esorbitante, molto più di quanto avvenne in passato. La politica è debole, la Chiesa non ha più un partito di riferimento a cui delegare la rappresentanza del mondo cattolico, per cui la Chiesa mette direttamente le mani nel piatto, non fidandosi neppure dei politici cattolici. I temi che ci sono cari sono soprattutto la scuola pubblica (che dovrebbe essere migliorata rispetto a quella attuale) e il riconoscimento delle coppie di fatto. Io sono a favore di una legge per la regolamentazione dell’eutanasia. E questo ci rimetterebbe in linea con i programmi che in Europa esistono già.

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