Intervento di Roberto Biscardini al Congresso Nazionale dello Sdi - 14 aprile 2007
27 aprile 2007
Care compagne e cari compagni, la prima cosa che voglio dire con molta chiarezza, rivolgendomi in modo particolare ai delegati dello Sdi, è che lo Sdi aveva bisogno di un congresso straordinario perché avevamo bisogno di chiarire, anche al nostro interno, la nostra posizione politica e avevamo bisogno di dirci la verità. Nei momenti più difficili della crisi della Rosa nel Pugno, da settembre in poi, quando non riuscivamo a trasformare quel progetto politico in partito e quando Pannella decise di impedirci la presentazione delle liste della RnP per le prossime elezioni amministrative di maggio, c’è stato chi nel partito non ha voluto affrontare quelle difficoltà in modo costruttivo. Ha iniziato strumentalmente a criticare il progetto della RnP nel suo insieme, ha iniziato a lavorare per la sua morte e ha incominciato a sostenere una tesi, per la verità un po’ strana, secondo la quale quel progetto sarebbe stato deciso qui a Fiuggi l’anno scorso frettolosamente, senza il consenso di tutto il partito e senza il consenso di tutti coloro che pur votando a favore sarebbero stati implicitamente contro. I compagni che hanno sostenuto questa tesi hanno sperato che la crisi della RnP diventasse definitiva e irreversibile, affinché l’unica prospettiva che lo Sdi avrebbe avuto di fronte fosse l’ingresso in massa nel nascente Partito democratico. Quegli stessi compagni che volevano portarci nel Pd non credevano nella possibilità che il progetto della RnP, al quale tutto il partito aveva aderito, potesse continuare o potesse evolvere nella proposta politica che noi oggi qui stiamo indicando, quella di dar vita anche in Italia finalmente ad un grande partito del socialismo italiano. Non credevano che la RnP alla quale avevamo creduto tutti insieme, che ci aveva consentito di fare nostro il simbolo del socialismo europeo e che aveva come riferimenti le figure di tre grandi socialisti, Blair, Fortuna e Zapatero, potesse continuare e svilupparsi in ciò che stiamo proponendo oggi. Questo è il punto politico del congresso straordinario che stiamo celebrando. Il punto politico di una nostra divergenza interna, tra chi non crede più che ci sia ancora spazio per una forza autonoma del socialismo italiano e chi invece crede che oggi questa prospettiva sia più forte di qualche anno fa. La questione socialista, che si è riaperta prepotentemente nel paese e che non è la questione dei socialisti, ha bisogno di trovare il suo sbocco nella nascita di un partito socialista in Italia. Questa è la nostra sfida, questa è la sfida che parte oggi qui da Fiuggi. Insieme a questo obiettivo abbiamo quello ben più grande di far sì che il nuovo partito del socialismo italiano non si fermi alla pura sommatoria di ciò che resta dei socialisti del vecchio Psi. Unità certamente necessaria, ma non sufficiente per un progetto ambizioso come quello che ci stiamo proponendo di raggiungere. L’obiettivo è un nuovo partito socialista, espressione di un socialismo molto più largo, molto più grande, da costruire attraverso un processo costituente, da avviare subito cogliendo la straordinaria opportunità di rimescolare la carte della politica e della sinistra italiana. Per come ce le siamo trascinate fino ad oggi, dentro un sistema sostanzialmente bloccato da ormai quindici anni e superando anche vecchi schemi di ragionamento. Un nuovo partito socialista non nasce dalla sola distinzione tra riformisti da una parte e massimalisti dall’altra. Anzi, questa vecchia categoria è forse tra le prime che può essere superata, considerando che oggi è in crisi la sinistra cosiddetta radicale, ma anche molto incerto e poco credibile è il timone di quella riformista. Nella sinistra ci sono divisioni ben più importanti, esse riguardano la sinistra degli innovatori rispetto a quella dei conservatori, la sinistra fondamentalista rispetto a quella laica che non lo è. Il rimescolamento delle carte a tutto campo è quindi la vera precondizione per dar vita ad un partito socialista, senza aggettivi, così come ne esistono in tutti gli altri paesi d’Europa. Come è stato detto ieri da Boselli nella sua relazione, dobbiamo avere la forza di costruire questo nuovo soggetto rivolgendo un appello particolare ai compagni del vecchio Psi, ma anche ai radicali, ai liberali e a quei compagni che dentro il partito dei Ds stanno esprimendo il disagio e la contrarietà per la nascita del Partito democratico. A Mussi, a Salvi ed a Angius, ma anche a tutti quei diessini che pur avendo votato la mozione di maggioranza potranno ritrovarsi delusi del Pd il giorno dopo. Dovremo avere attenzione anche a loro così come non dobbiamo dimenticare il popolo socialista che abbiamo lasciato nel centrodestra dal ’94 in poi. Anche in quella direzione il rimescolamento delle carte deve essere possibile. In poche settimane si sono realizzate miracolosamente tre condizioni favorevoli. Primo, oggi ci sono le condizioni per mettere fine alla lunga diaspora socialista. Secondo, ancora più importante, con la nascita del Partito democratico la generazione comunista e post-comunista, ormai senza identità, è arrivata al capolinea della sua carriera. Si chiude la storia della continuità Pci-Pds-Ds. Si può aprire un dialogo con i compagni comunisti di un tempo mettendoli di fronte alla responsabilità, a tredici anni di distanza, di scegliere la via del socialismo europeo, cosa che non fecero allora, o di scegliere nuovamente la Dc e i postdemocristiani. Terzo, la crisi dei Ds diventa una straordinaria opportunità per ritornare ad affrontare il tema della questione socialista. In questo senso il nostro congresso non è un congresso contro i Ds, che sembrano peraltro destinati a sciogliersi senza bisogno del nostro intervento, ma pone alla sinistra temi e questioni diversi da quelli che i Ds stanno ponendo. Il nostro congresso e la nostra iniziativa non è, per certi versi, neppure contro il Partito democratico, perché con chiarezza noi proponiamo un’altra cosa. Vogliamo proporre alla sinistra la via socialista, laica e liberale, vogliamo costruire una grande politica per il paese e non un’avventura di corto respiro. Qualcuno vorrebbe fare intendere che là, nel Partito democratico, c’è il bene, c’è ordine, c’è potere e c’è persino perbenismo, ci sono le persone di buon senso, mentre con noi ci sarebbe soltanto un’accozzaglia di forze troppo diverse e persino disordinate. No! Noi con chiarezza rispondiamo che rispetto alla strada ambigua del Partito democratico, vogliamo costruire una forza socialista seria, per dare al paese una sinistra seria e seriamente di sinistra. Questa è la prospettiva della nostra costituente. Noi non siamo la sommatoria di tutto ciò che non finisce nel Partito democratico, vogliamo essere i protagonisti di un progetto grande ed autonomo, iniziato con la Rosa nel Pugno. Un anno fa avevamo messo il dito nella piaga sulla necessità di trasformare, modernizzare e riorganizzare la sinistra italiana, oggi lo facciamo con più forza e più vigore. Con questo congresso possiamo finalmente dire anche in Italia che il socialismo non muore e non è morto. Per anni ed anni sono stati in molti a decretarne la fine, ritenendoci ormai fuori dalla storia. Tutte parole inutili. Il socialismo non muore anche in Italia se noi sappiamo praticarlo. Il socialismo non vive da solo, per inerzia, vive sulla gambe degli uomini e sulla capacità di affrontare concretamente i problemi, di rispondere con chiarezza ai bisogni della collettività. Ci sono molti temi, che io per brevità oggi non voglio affrontare, che dovranno caratterizzare il profilo programmatico della costituente socialista e del nuovo partito. Primo tra tutti deve esserci il rinnovamento della politica e non solo il rinnovamento della sinistra. Oggi la politica è debole, c’è una grande crisi di credibilità del sistema. C’è una grande crisi di credibilità dei partiti, ai quali i cittadini non credono più. E’ evidente la crisi dell’attuale sistema politico incardinato su partiti deboli e senza identità. Abbiamo di fronte la crisi di questo bipolarismo tenuto insieme da una legge elettorale e non dalla forza politica di partiti tra loro in alternativa. Abbiamo di fronte la questione del costo della politica, che è diventato insopportabile a fronte di una politica che produce pochissimo. Se la politica producesse nell’interesse della collettività, il cittadino sarebbe in grado di sopportare anche i suoi costi, ma non può accettare di vederli crescere in maniera inversamente proporzionale alla capacità della politica di produrre. La questione della crisi politica, oggi è risolta dall’antipolitica praticata sia dalla destra sia dalla sinistra, e la possibilità che il paese esca dal pericolo democratico dell’antipolitica è la prima grande questione che una forza socialista deve affrontare. Una forza socialista è una forza garantista, che non confonde i problemi della magistratura con i doveri dello Stato, che riconosce i diritti e le libertà individuali contro ogni possibile arbitrio delle autorità. Una forza socialista è laica tutti i giorni e non confonde la difesa dei valori laici con il diritto sacrosanto di professare la propria fede. Non interpreta la laicità come scontro col mondo cattolico e con le religioni. Una forza socialista sta dalla parte delle battaglie per i diritti civili. Esse fanno parte della nostra storia e nessuno ce la può togliere. Una battaglia lunga cento anni, che ha poi segnato l’era moderna con il successo del referendum sul divorzio del ’74. Oggi viviamo in un paese strano e anche un po’ schizofrenico. Dobbiamo difendere la legge sui Dico come primo passo per avvicinarsi all’obiettivo del riconoscimento delle coppie di fatto, quando contemporaneamente dovremmo essere preoccupati del fatto di vivere in un paese tanto arretrato da dotarsi di una legge così debole e così ambigua. Nei salotti buoni si parla più del fatto che questa legge possa servire per la regolarizzazione delle badanti, piuttosto che per il riconoscimento delle unioni di fatto. Che possa servire di più per le convivenze tra nonni e nipoti, o tra estranei, piuttosto che per il riconoscimento di due persone, anche dello stesso sesso, che decidono di vivere la loro vita affettiva come meglio credono e in libertà. Una forza socialista deve sapere affrontare i problemi dello stato sociale, della scuola e delle questioni che emergono per effetto di uno scontro generazionale sempre più forte. Deve sapere affrontare il grandissimo problema del lavoro con particolare riguardo a quello dei giovani, delle donne e dei precari. La considerazione amara è che siamo in un paese in grave difficoltà, da molti punti di vista: debole nella politica estera e debole in quella interna. Di questo forse oggi si è parlato troppo poco. Vedo in Italia una destra molto brutta, ma vedo anche una sinistra molto timida, molto incapace, molto moderata. Faccio solo un esempio, in questi giorni Milano è paralizzata da una giunta di centrodestra che non riesce a risolvere il problema non di sessantamila, ma di soli sessanta Rom. Inoltre questo centrodestra, mezzo stupido e mezzo xenofobo, è riuscito a fare diventare un problema di ordine pubblico e una questione internazionale l’uso dei carrelli per il carico e lo scarico delle merci dei negozi cinesi. E la sinistra balbetta. L’Italia vive una fase difficile: viviamo sull’orlo di una grande crisi politica, istituzionale e democratica. E non ce ne siamo ancora del tutto resi conto. Il progetto della Costituente socialista è ormai tracciato. Da lunedì, o meglio dal lunedì successivo al congresso dei Ds, dovremo individuare il percorso e le tappe per la sua concretizzazione. Dobbiamo darci nuovi appuntamenti, dobbiamo definire il profilo programmatico e dobbiamo indicare poche e chiare battaglie da perseguire. Dobbiamo affidare la costituente socialista a chi ci crede, a chi ha passione, a chi non rinuncia al socialismo attraverso una pratica costante. Dobbiamo farlo rafforzando le nostre strutture rendendole disponibili, nelle condizioni migliori, a tutti coloro che vorranno aderire. Per quanto riguarda lo Sdi, è necessario darsi una organizzazione più efficiente, dobbiamo dedicarci alla formazione di una nuova classe dirigente, abbiamo bisogno di far crescere giovani che saranno i socialisti del domani. Come in altri settori, anche in politica la classe dirigente, se è tale, non è fatta per essere buttata via. E’ fatta per durare. Ma se è classe dirigente ha il dovere di trasferire ideali, ha il dovere di trasferire obiettivi, di trasferire esperienze ed eredità, perché ne nasca una sempre più nuova, quella del socialismo italiano del futuro.
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