INTERVENTO DI GIULIANO VASSALLI ALL'INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA SU PIETRO NENNI - Roma, Palazzo Giustiniani, 20 ottobre 2005
25 ottobre 2005
Signor Presidente della Repubblica
Signor Presidente del Senato
Onorevoli Parlamentari
Signore e Signori,
[si inaugura oggi in Roma, ospite di questa superba biblioteca del Senato della Repubblica, la mostra storico-documentaria su Pietro Nenni organizzata e curata dalla Fondazione che a lui si intitola, dal Comune di Faenza, che dette a Nenni i natali il 9 febbraio 1891, e dell'archivio centrale dello Stato.]
Della Mostra, che fra breve visiterete, ha già parlato Giuseppe Tamburano, presidente della Fondazione Nenni, in modo più che adeguato, cosicché ci si potrebbe domandare a qual fine si tenga questo mio breve discorso.
Sono stato scelto per essere anch'io, sin dalla sua nascita, come Mauro Ferri, qui presente del Consiglio del1a Fondazione, e per essere stato molto vicino a Nenni degli anni che vanno dall'agosto del 1943 al 1946, [nell'estate del 1945 egli volle che lo aiutassi come capo di gabinetto nella sua prima esperienza politica di governo quando era vicepresidente del Consiglio, come Manlio Brosio, nel Governo Parei, mentre Massimo Severo Giannini era suo capo di gabinetto al Ministero] poi di nuovo dal 1959, quando rientrai nel PSI, sino all'ultimo giorno di vita del nostro amato compagno, venuto a mancare dalle prime ore dello gennaio 1980. La Mostra è stata organizzata appunto in occasione del venticinquesimo anno da quel triste giorno, nel quale si spense con lui una luce della democrazia, del progresso civile, dell’ ansia umana per la pace.
Su Nenni sono stati scritti molti bei libri e tra essi brilla senza dubbio l'indagine diligente e appassionata di Giuseppe Tamburrano, uscita nel 1986 con i tipi di Laterza, nella quale v'è uno sforzo continuo per capire e per spiegare, sforzo pienamente riuscito nel farci rivivere i movimentati passaggi della vita di questo insigne uomo politico dagli anni della prima adolescenza fino ai momenti finali della sua travagliata e pur sempre combattiva esistenza. Non so che cosa potrei aggiungere di utile o di non conosciuto. Tra l'altro anche il volume illustrativo della presente Mostra (curato da Gianna Granati) contiene, capitolo per capitolo7 l'indicazione delle date dei fatti salienti del percorso storico ed umano di Nenni, sì che i lettori, o i visitatori, che non ne fossero già a conoscenza possono trovarvi molte risposte.
Penso che, nonostante il volgere dei tempi e la situazione tanto diversa nella quale si trova oggi il nostro paese - e con esso tutti i paesi della nostra Europa - la figura di Pietro Nenni e l'opera sua serbino ancora motivi d'interesse. Si tratta di una vita che si è intrecciata senza soste a tutti i momenti cruciali del primi ottant'anni dallo scorso secolo (per l'Italia con quattro guerre, da quella di Libia a quella d’Etiopia e alle due guerre mondiali sempre in posizioni molto esposte e di combattimento, dalle sommosse ai processi, dai carceri all' esilio, dalle persecuzioni, le calunnie, le ingiurie ai successi parlamentari e di governo. Nella seconda guerra mondiale Nenni, dopo aver condiviso con la famiglia dolorose traversie - soprattutto dopo il giugno 1940 – perdette il genero Henri Dabeuf, fucilato sulle alture di Mont-Valerien a Parigi con altri 94 ostaggi, e perdette la di lui sposa, l'amata figlia Vittoria, n. 31635 delCampo di sterminio di Auschwitz, ove essa venne a morte nel luglio del 1943. Né vi è evento - può ben dirsi che abbia in qualche modo, doloroso o glorioso, segnato quegli ottant' anni in Italia come in Europa - ed anche fuori d'Europa - al quale la vita quotidiana di Nenni, come combattente politico come osservatore ed annotatore non sia stata legata. I suoi diari sono una fondamentale testimonianza di molti di quegli anni, fortunatamente acquisiti per la gioia dei ricercatori e degli storici. E così lo sono i suoi libri e i suoi articoli, la sua penna non essendosi riposata mai, neanche nel colmo dei tumulti, delle sofferenze, dei movimenti e degli impegni. Al segno che qualche volta si è lasciati andare a riconoscere in lui soprattutto (se pur non solamente) un gt.mldissimo giornalista e saggista, o un eccezionale tribuno, o anche un insuperabile testimone.
Ma Nenni non fu solamente questo. Fu leader politico nel senso più pieno del termine. Egli è stato per quasi sessant'anni la colonna portante del partito socialista italiano, vivendo da protagonista tutti i suoi tormenti, ricercando in prima persona, ed indicando, le vie da seguire, esaltando gli ascoltatori dei suoi discorsi pieni di passione, dettando quasi ogni giorno, specialmente in Italia nel periodo immediatamente successivo alla liberazione, articoli magistrali nel tracciare le cause di un difficile passato e nel ridisegnare le vie di una possibile rinascita. Ed egli fu anche eccelso parlamentare sin dal 1946 e valido uomo di governo, quando ve ne fu la necessità. Come penso sia noto, fu anche due volte a un passo dall’ascesa al seggio di presidente della Repubblica italiana: una volta nel 1964 fino a quando ritirò la sua candidatura per favorire il successo di quella di Giuseppe Saragat, e un'altra volta nel 1971, quando si determinarono due opposti schieramenti e egli, candidatosi) ormai ottantenne, dopo la fine dell’interminabile duello Fanfani-De Martino, fu battuto dalla vittoria di Giovanni Leone.
Egli ha dunque titolo per essere ricordato in mezzo a voi.
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E' doveroso precisare che al partito socialista Nenni approdò soltanto nel 1921, quando già aveva trent'anni. Prima era stato fervente repubblicano, un partito che specie in terra di Romagna aveva punte estremistiche, ma che in definitiva si riportava agli insegnamenti di Mazzini. Questo fu per gli inizi politici di Nenni il principale punto di riferimento. Dopo aver perduto il padre all' età di cinque anni ed aver conosciuto con la sua famiglia la miseria più nera per ben otto anni di vita, dai nove ai diciassette anni di età, visse e fu educato in un orfanotrofio, dove si formò il suo carattere incline alla rivolta e alla partecipazione ai non infrequenti tumulti dell'epoca.
Dallo stesso orfanotrofio, che egli considerava una prigione, si era allontanato qualche volta per frequentare i circoli giovanili repubblicani. Al partito repubblicano si iscrisse appena uscito dall’orfanotrofio nel 1908.
Conobbe i socialisti, ma non li capiva bene, soprattutto non capiva il valore del riformismo turatiano che vedeva compromesso con il parlamentarismo e una parte della borghesia. Partecipava peraltro con i repubblicani (sempre in contesa con i socialisti) ai dibattiti contro l'idea della lotta di classe.
Alcuni mesi trascorsi tra il 1909 ed il 1910 a Milano sotto la protezione dell'onnipresente deputato repubblicano Eugenio Chiesa (di cui più tardi Nenni curerà per qualche tempo il collegio in Lunigiana) giovano molto, tra intense letture e collaborazioni giornalistiche, alla sua formazione. Tornato in Romagna, si pasce di libri e coglie ogni occasione per ascoltare conferenze politiche. E' segretario di una lega di braccianti e la passione per la politica lo afferra e lo possiede. Perde due volte il posto di lavoro per avere partecipato a scioperi in quel di Parma e in quel di Ferrara. Capisce e scrive che il suo destino è ormai quello di un agitatore. Ferito e arrestato dopo un tumulto contro la guerra di Libia a Forlì nel 1911, viene condannato ad un anno di prigione ed è nel carcere bolognese che si cimenta l'amicizia con Mussolini condannato con lui per gli stessi fatti ad analoga pena confermata in appello a Bologna, sia pure con una riduzione.
Lo attrae sempre più il giornalismo e nel 1913 diventa direttore del "Lucifero" e segretario della Federazione giovanile repubblicana. Lo sciopero generale antimilitarista dell’anno seguente prende il nome di "Settimana rossa" nel1e Marche e in Romagna e Nenni ne è tra i promotori ad Ancona, dove incontra gli anarchici ed il loro vecchio capo Errico Malatesta. Verrà arrestato e processato, ma sarà salvato da una amnistia.
Nell'interrogatorio a1 giudizio si era dichiarato ''repubblicano e rivoluzionario", Ed aveva detto di riportarsi a Mazzini, secondo cui "la vita è missione e noi siamo qui a collaborare alla lotta dell'umanità verso una società di liberi e di uguali".
Tenne anche a precisare che il suo rivoluzionarismo è puramente teorico perché egli pensa, insieme a Vittorio Alfieri, "non doversi erigere la libertà su un trofeo di pugnali". Aggiungerà ( "sono rimasto un idealista mazziniano e credo che la leale professione d'un ideale eterodosso mi dia diritto al rispetto di tutti gli uomini e non possa essere ragione di una condanna".
Nel 1915, uscito a gennaio dal carcere, è decisamente interventista e coerentemente volontario di guerra pure essendo già sposato e padre di famiglia.
Qualcuno potrebbe annoverare questo passo come il primo dei suoi numerosi capovolgimenti, ma ciò non sarebbe esatto perché tutti sanno che vi fu un interventismo di sinistra, così denominato da molti storici. Comunque il soldato Nenni si dimostra valoroso e disciplinato, conquista i gradi di sergente, viene ammesso alla scuola allievi ufficiali, ma non può essere promosso ufficiale per i suoi precedenti politici. Nel volume per la Mostra vi è il documento. Così come nello stesso volume il foglio matricolare attesta la volontà di Nenni, nel 1918, di tornare al fronte con i bombardieri, mentre era ancora in licenza per una ferita.
Nel dopoguerra Nenni ha importanti esperienze giornalistiche e accompagna, come corrispondente del “Secolo”, una missione italiana nei paesi del Caucaso al seguito dell'industriale (e mecenate) senatore Ettore Conti. Dal punto di vista politico comincia il suo distacco dai repubblicani e il suo avvicinamento ai socialisti. Del resto - come ricorda il libro di Tamburrano anni prima un giornale socialista locale lo aveva battezzato “un socialista che s’ignora.”
Avviene così un altro capovolgimento, anche questa volta maturato nel tormento di un pensiero politico in perenne sviluppo.
In una sua lettera del 1920 al partito repubblicano giunge ad esaltare la lotta di classe - sempre respingendo tuttavia la violenza - e nel suo libro ''Lo spettro del comunismo" (criticatissimo da Gramsci mentre piacque a Menotti Serrati), senza rinnegare 1'idea interventista riconosce che la guclTa ha fatto stragi desolanti di esseri umani senza alcun vero risultato di pace e di progresso.
L'avvicinamento ai socialisti si perfeziona attraverso una partecipazione materiale a1 soccorso degli iscritti a questo partito nella sede dell'Avanti! Di Milano assaltato da squadristi nel gennaio 1921. lvi avvenne il suo incontro con Giacinto Menotti Serrati, che gli dette l'incarico di corrispondente, per sei mesi, dell'Avanti! a Parigi. Iscrittosi al PSI a Parigi, Nenni non lascerà mai più il partito di quel nome. Se nuovi capovolgimenti, ripensamenti o crisi dovranno avvenire saranno tutti nell' ambito di quel partito, del quale nel corso degli anni diventerà protagonista e capo.
Ed infatti egli non seguirà i socialisti unitari di Turati, Treves e Matteotti, nel dicembre 1922, così come, per converso, non obbedirà alle ingiunzioni filosovietiche di Menotti Serrati nella primavera del 1923, quando furono concordate a Mosca la cacciata sua e di Arturo Vella, l'acquisizione comunista dell'Avanti e la fusione dei due partiti. Nel congresso dell'aprile 1923 a Milano la frazione autonomista da lui capeggiata resterà vincitrice e sarà Serrati con gli altri funzionari a dover rifare le valigie per Mosca. Il PSI sopravvive, anche se ormai estremamente piccolo, con 10.000 iscritti, e Nenni, nella tempesta dei primi anni del fascismo, tra arresti, intimidazioni e attentati ne diviene il maggiore esponente.
Tralascio, per ragioni di rispetto del tempo assegnatomi, di parlare di quegli anni, sino al novembre 1926 quando entrarono in vigore le leggi liberticide e Nenni riuscì clandestinamente a lasciare l'Italia, e degli anni del lunghissimo esilio.
Del primo decennio ricordo qui le burrasche interne al partito e l’avvicinamento di Nenni a Rosselli (che era iscritto al partito socialista unitario) per fare per qualche tempo insieme a lui il periodico "Quarto Stato". Dei tempi dell'esilio dirò soltanto che Nenni, nonostante la difficoltà della vita quotidiana, non fece che acquistare prestigio nel socialismo internazionale e nella più vasta area dei movimenti democratici. Ne11930 egli riuscì a riunificate i tronconi del socialismo rimasti fuori del comunismo, contro cui perdurava la sua polemica. Ma negli anni successivi l’avanzata del fascismo anche sul piano internazionale fa cambiare registro a Mosca nei confronti dei partiti socialisti e si avvia la politica dei fronti popolari. Correlativamente, nel 1934, si scioglie la concentrazione antifascista (a cui i comunisti non partecipavano), della quale Nenni era divenuto segretario, e i socialisti in esilio, compreso Saragat, firmano un patto d'unità d'azione con il partito comunista, peraltro con finalità ben delimitate.
Dal 1936 al marzo 1939 la guerra di Spagna sarà il fattore dominante per g1i antifascisti in esilio. Molti di essi cadranno in combattimento. Nenni vi partecipa non solo come corrispondente di guerra, ma anche in visiti. al fronte e come commissario politico delle brigate internazionali. Torna periodicamente in Francia per sollecitare aiuti e solidarietà al governo repubblicano e farà in tempo anche per i funerali di Carlo e Nello Rosselli, assassinati dai fanatici fascisti della Cagoule in un momento di sosta che Carlo aveva preso durante l'attiva e coraggiosa partecipazione alla guerra di Spagna.
Non è possibile soffermarsi sulle vicende successive dell'Europa, a tutti note. L'avanzata nazista, dopo l'Austria e la Cecoslovacchia, si lancia verso la Polonia e fa esplodere la seconda guerra mondiale. Contro il patto Hitler-Stalin (o Ribbentrop-Molotov), che, annunciato il 23 agosto precedente, aveva gettato nuovo fuoco tra gli antifascisti in esilio, Nenni prenderà decisamente posizione, pur pensando che possa essere di breve durata. Pagherà questo suo mancato attacco frontale al partito comunista con l'estromissione dalla segreteria e dall' Avanti! arriva l'occupazione tedesca della Francia, e segnatamente di Parigi, e Nenni, in fuga come molti parigini, subirà con la sua famiglia trasferimenti in una serie di località, finchè riuscirà a rifugiarsi nei Pirenei orientali, a Saint-Flour.
Sul piano politico l'aggressione della Germania nazista alla Russia nel giugno 1941 aiuterà a chiarire molte cose. Viene rinnovato un patto d'unità d'azione tra partito socialista e partito comunista e Nenni continuerà per due anni a viaggiare nella Francia non occupata dai tedeschi per riallacciare contatti e tener viva l'idea di una liberazione dell'Europa dal nazismo. Nel gennaio 1943 lo raggiungerà per due giorni Saragat da altra località della Francia per concordare con lui la linea che il partito dovrà seguire in quell'estremo frangente. Sennonché l' 8 febbraio, alla vigilia del suo cinquantaduesimo compleanno e pochi giorni dopo che aveva appreso della deportazione della sua figlia terzogenita, Vittoria, verrà arrestato a Saint-Flour dalla polizia francese guidata dalla Gestapo. Una delle prime sue tappe è il carcere di Fresnes a Parigi, dove trascorrerà un intero mese tra continui pericoli ed interrogatori. Ma là il suo pensiero dominante è per Vittoria e per quella che potrà essere la sua sorte. E' dai diari di quelle giornate che si ricava la frase da lui scritta e divenuta famosa perché riportata tra virgolette in vari libri, talora come frontespizio: "Il mio è il destino di un uomo che si è trovato sempre allo sbaraglio, dal carcere in guerra, dalla guerra all'esilio, da una lotta all'altra, senza piegare mai il capo, senza pietà verso me stesso, benché tormentato da una sofferenza morbosa al pensiero delle sofferenze imposte ai miei. Forse la Chiesa ha ragione di proibire ai suoi sacerdoti di formare una famiglia".
II carcere di Parigi finisce dopo un mese, i1 12 marzo 1943. Tradotto in carcere per la Germania e per l'Italia Nenni finisce confinato a Ponza, dove il 28 luglio vedrà arrivare Mussolini. E' già libero in Italia ai primi di agosto e torna per qualche giorno nella sua Faenza. In quello stesso mese si riallacceranno tanti contatti, si rifonderà il partito con l'afflusso di nuove forze e ci si preparerà, anche se solo spiritualmente - e un poco anche organizzativamente - alla Resistenza. Il reato è storia nota e vissuta. Dopo la liberazione di Roma, le crisi nel governo Bonomi e le incertezze istituzionali mettono di nuovo in evidenza contrasti tra socialisti e comunisti nonostante i periodici rinnovamenti del patto d'unità d'azione. Poco dopo la liberazione del Nord riesplodono i contrasti interni al Partito tra gli autonomisti e i cosiddetti fusionisti. Nenni, nel luglio, al Consiglio Nazionale di Roma, nelle sale del Collegio romano, ha la meglio sugli autonomisti di Saragat, di Critica sociale e di Iniziativa socialista. Ma nell'aprile 1946 al Congresso di Firenze le maggioranze mutano sensibilmente, anche se Nenni, grazie ad un commesso, diventa presidente del partito. Oramai la sua dimensione, più che, partitica e quella di un leader nazionale, tutto impegnato per la Costituente e per la Repubblica. Questa fu la sua vera rivoluzione, vagheggiata in modo forse immaturo in gioventù e realizzata nel pieno della maturità. Le vicende successive non possono qui trovare spazio, ma è giusto terminare con questo ricordo di quella grande battaglia di Nenni, vero e principale fondatore della Repubblica italiana.