INTERVENTO DELL’ON. VALDO SPINI ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DELLA SINISTRA PER L’ITALIA, PER L’EUROPA PER IL SOCIALISMO - Roma, 11 novembre 2006

24 novembre 2006

INTERVENTO DELL’ON. VALDO SPINI ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DELLA SINISTRA PER L’ITALIA, PER L’EUROPA PER IL SOCIALISMO - Roma, 11 novembre 2006

Care compagne e cari compagni,
Il prossimo congresso non è un congresso qualsiasi. Secondo i proponenti del Partito Democratico dovrebbe essere l’ultimo congresso dei Democratici di Sinistra.
Una decisione di tale portata ed importanza sollecita ad una presa di coscienza di tutte le militanti e i militanti del partito, aldilà delle tradizionali fedeltà e dei tradizionali schieramenti.
Questo spiega perché compagne e compagni di varia provenienza, di diverse collocazioni congressuali si sono ritrovati in un’Assemblea Nazionale per interrogarsi sul significato di questa prospettiva e sulla necessità di difendere non tanto i Ds come sono, ma il significato della loro esistenza e cioè le prospettive di sussistenza e di rinnovamento di una sinistra democratica che sia esplicitamente tale nel nostro paese.
Per noi il riferimento al socialismo europeo, al suo partito, al suo gruppo parlamentare non è semplicemente la pragmatica presa d’atto del fatto che il centro-sinistra si esprime in Europa in questo movimento e della sua grande forza nel Parlamento Europeo e nel nostro continente.
Il riferimento al socialismo europeo costituisce un preciso elemento di identità: la collocazione in un campo di valori e di principi che hanno saputo persistere e rinnovarsi.
I Ds non possono affrontare i processi unitari nel campo dell’Unione e dell’Ulivo senza questa identità e questo riferimento, altrimenti si trovano, all’insegna di un sincretismo ideologico vago e superficiale, in pericolo di una vera e propria disgregazione della loro forza politica e organizzativa.
Va sottolineato che appena due anni fa al Congresso Ds di Roma, votammo praticamente all’unanimità l’inserimento nel simbolo del partito del nome per esteso del Partito del Socialismo Europeo.
Oggi dovremmo invece far confluire i DS in una nuova formazione politica che, nel nome e nel simbolo, dovrebbe, e non a caso, tagliare i legami con la sinistra italiana e europea che si esprime appunto in partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti.
Troppo presto, veramente troppo presto!
Si dice che in politica bisogna saper cambiare ma mi sembra che in questo caso si cambi piuttosto in fretta e senza motivo!

SI VERREBBE DI FATTO AD AMMAINARE LA BANDIERA DELLA SINISTRA DEMOCRATICA ITALIANA.

E ciò senza motivo. I partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti europei hanno saputo, infatti, movendosi da sinistra, conquistare il centro dimostrando di sapere gestire l’economia di mercato senza per questo accettare una società di mercato. Nella società postindustriale, si sono guadagnati nuovi consensi per la loro capacità di affermare i diritti civili , per garantire non solo i diritti delle classi sociali, ma anche i diritti dei singoli e le libertà individuali.
Pur nella revisione delle loro tradizionali politiche economiche, praticare nuove politiche di solidarietà e di comunitarismo laico, cui partecipano autorevolmente credenti e non credenti. Tra questi tanti autorevoli cattolici. Basta nominarne uno, che ci è molto caro, Jacques Delors.
I socialisti europei hanno posto per primi il problema delle pari opportunità delle donne , introducendo le “quote rosa”. Da Gro Harlem Brundtland in poi, hanno saputo entrare nella tematica e sviluppare la politica ambientale.
E chi se non Willy Brandt con il suo rapporto nord sud è all’origine del suo impegno contro la fame e lo sviluppo e livello mondiale?
Hanno saputo cioè rinnovarsi. Il “socialismo dei cittadini”così lo chiama Zapatero.
Questo non significa che i socialisti europei ce l’abbiano sempre fatta o che sempre abbiano perseguito adeguatamente questi obiettivi o che questi siano sufficienti a risolvere i grandi problemi della globalizzazione.
Occorre quindi un rinnovamento del socialismo europeo come afferma il nostro manifesto. Ma certo questa è la strada giusta per gestire il cambiamento delle nostre società.Dopo queste dichiarazioni, e altre molto più recise, di Francesco Rutelli pubblicate proprio oggi, la situazione è molto chiara: non c’è disponibilità nei nostri partners ad entrare nel PSE, ma non capisco perché noi dobbiamo pensare di entrare in un partito che non ne farà parte Né si può accettare l’affermazione che superare i DS nel Partito Democratico sia la logica conseguenza dell’Ulivo. L’Ulivo non è un partito chiuso, delimitato e autosufficiente, è un movimento aperto che non ha inteso sostituire e cancellare i partiti esistenti quanto collegarli e riassumerli in un raggruppamento unitario dotato di una capacità di sintesi, di ideali e di metodi.

Di più, un coerente sostenitore del Partito Democratico come Walter Veltroni, ha affermato chiaramente di non riconoscersi nella qualità e nelle modalità del processo in corso.
Allora è giusto ed importante che siamo qui tutti insieme provenienti da diverse formazioni politiche del passato, da diverse collocazioni congressuali e con molti giovani che non hanno vissuto queste vicende, ma che si domandano perché non possono avere lo stesso diritto di altri giovani europei di poter scegliere di militare politicamente in un partito socialista, socialdemocratico e laburista.
Siamo qui per dimostrare che tante compagne e tanti compagni vogliono agire, lavorare, battersi per il socialismo europeo. Ciò attraverso una posizione unitaria, la più ampia possibile.
E questo è un invito rivolto anche alle compagne e ai compagni dell’appello firmato da Gavino Angius. I correttivi da loro proposti alla politica che sta portando alla costituzione in questo modo, di questo partito democratico sono sacrosanti.
Ma se questi correttivi non venissero messi in atto nella piattaforma della segreteria del partito, credo che sarebbe importante un ampio confronto con i firmatari dell’appello sulla possibilità di delineare alle compagne e ai compagni del nostro partito, all’area di simpatizzanti che guarda a noi, una forte e convergente posizione congressuale unitaria.

Questa posizione congressuale la possiamo riassumere in 4 punti:

►1 permanenza, rinnovamento e sviluppo dei Ds, forza del Partito del Socialismo Europeo in Italia nel quadro di un chiaro sostegno all’Unione e al governo Prodi. Collocazione dei Ds all’interno dell’Internazionale Socialista e del PSE elemento quest’ultimo necessario per collare il bipolarismo italiano nel bipolarismo europeo.

►2 Piena disponibilità ad esaminare la possibilità di rilanciare la Federazione dell’Ulivo, mai sciolta formalmente, ma mai riunita in questi anni. e’ vero che nella Federazione dell’Ulivo c’era lo SDI. Ma potrebbe essere positivo coinvolgere anche questo partito.

►3 Rinnovamento della politica e quindi dei Ds. Attraverso innanzitutto la proposta di legge elettorale maggioritaria a doppio turno che ripristini i collegi – cioè il rapporto diretto eletti-elettori - lasciando una quota proporzionale con sbarramento per la rappresentanza delle forze politiche con un minimo di consistenza.
Adozione delle primarie obbligatoria ogni volta che si tratta di designare un singolo candidato che sia di partito, dell’Ulivo o della coalizione.

►4 Progettazione di una prospettiva unitaria rivolta alla sinistra che si è assunta la responsabilità di governo in Italia ma con chiaro presupposto e condizione di adesione al PSE. Appello all’area socialista italiana perché veda nella nostra iniziativa un punto di riferimento utile per riprendere l’iniziativa politica.

Salutiamo con grande soddisfazione il successo dei democratici di sinistra americani nelle elezioni di mezzo termine. Sottolineiamo il valore dei momenti di incontro e di collaborazione tra i democratici americani e l’Internazionale Socialista. La loro vittoria apre anche nuove prospettive di collaborazione tra USA ed Europa, quell’Unione europea che, grazie anche all’Italia, ha ripreso vigore con l’UNIFIL 2 in Libano.
Tutti i commentatori politici lo attribuiscano soprattutto alle conseguenze dell’errore compiuto in politica estera dai repubblicani con l’intervento militare in Iraq.
Ricordiamo che è stata la posizione favorevole di Blair che ha impedito ai socialisti europei e all’Europa stessa di giocare appieno tutto il loro ruolo nella vicenda irachena.
Tanto più sarebbe sorprendente se, per motivi italiani, ci si trovasse in parallelo ai laburisti inglesi ad aprire una vertenza sul nome del Partito del Socialismo Europeo, sia pure per cercare di superare le resistenze di Prodi e della Margherita a collocare nel PSE il futuro Partito Democratico. Dovremmo porre loro la questione.

Credo che come Ds dovremmo prendere atto di quanto hanno affermato in questi giorni – purtroppo in senso contrario – Francesco Rutelli e Romano Prodi e aprire una fase di serena riflessione interna sull’argomento.
Invece non vorrei che – per superare queste resistenze - finissimo per mettere in difficoltà il movimento socialista europeo.
Giusto facilitare l’unità dei riformisti italiani, sbagliato rigettare sul socialismo europeo i nostri problemi italiani.
Il rimpianto è un altro: è che se i DS si presentassero invece sulla scena del socialismo europeo come forza convintamente e coerentemente socialista che chiede al PSE di diventare un vero e proprio partito europeo avrebbero un grande e positivo ruolo politico.
Il PSE è di fatto campo di forze per rendere maggioritaria e bipolare la democrazia italiana ed un nucleo di valori per rendere laica e liberale la nostra società e la nostra economia.
Vorremmo peraltro una ripresa di iniziativa dei DS anche in politica interna, in particolare nella politica economica e sociale.
Il nostro discorso si proietta anche nelle prossime scadenze di politica economica e sociale che attendono il nostro paese dopo la approvazione della Legge Finanziaria, un adempimento necessario e indispensabile per la salvezza stessa del nostro paese, per mettersi in regola con l’Europa.
E’ legittimo parlare di due tempi? Si è legittimo.
La stessa Finanziaria – se adempie positivamente alla richiesta di risanamento dell’Unione Europea – non appare di portata tale da incidere sulla struttura dell’economia reale del nostro paese.
Se infatti il cuneo fiscale dovrebbe assicurare una crescita addizionale del PIL, questa non può considerarsi risolutiva. La crescita addizionale prodotta dal “cuneo” può essere calcolata in circa mezzo punto percentuale nel giro di qualche anno. Da sola questa non permette di affrontare i problemi di struttura della nostra economia.
Pensiamo solo all’aspetto dimensionale delle nostre imprese caratterizzate da quella piccola e media grandezza che non consente di reagire convenientemente ai mutamenti tecnologici in atto, caratterizzati dalla massiccia informatizzazione dei processi industriali e commerciali. Ce lo ricorda un recente, pregevole libro di Salvatore Rossi.
Una misura – del tutto necessaria – come quella dell’esenzione dal trasferimento del TFR per l’imprese sotto i 50 dipendenti, non costituisce certo un incentivo a superare quella soglia dimensionale.

Pensiamo infatti al problema della nostra produttività Dalla metà dello scorso decennio, la produttività del lavoro aumenta in Italia di un punto percentuale l'anno, meno della media dei paesi dell'Ocse.
Questo fenomeno e' alla radice della crisi di crescita e di competitività che il paese vive.
Nessuno dovrebbe ormai avere dubbi in Italia sull'urgenza di rimettere in moto la crescita economica. Ce l’ha indicato autorevolmente anche Carlo Azeglio Ciampi. La crescita è il presupposto per una efficace ridistribuzione del reddito nel nostro paese.
Il vivace punto di ripresa congiunturale a cui stiamo assistendo non e' certo sufficiente ad avviare una rapida soluzione dei difetti strutturali del sistema produttivo italiano lo ha affermato – autorevolmente – il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi.
Ma pensiamo anche alle caratteristiche della nostra forza lavoro. Nonostante i significativi progressi conseguiti nell'innalzare il livello di istruzione dei piu' giovani, nel 2005 la quota dei diplomati nella fascia di eta' tra i 25 e i 64 anni era solo del 37,5%, un valore inferiore di quasi otto punti alla media dei Paesi dell'Ocse.
In tal senso vogliamo esprimere piena solidarietà al Ministro dell’Università e della Ricerca scientifica Fabio Mussi e ai suoi sforzi per difenderne il bilancio.
Altro che avvicinamento dell’Italia agli obiettivi della Strategia Europea di Lisbona!
Qui si sta difendendo la sopravvivenza di un settore determinante per la struttura economica e sociale del nostro paese.
Non è vero che per avere una serrata iniziativa riformista ci voglia il Partito Democratico.
Lo stesso svolgimento delle vicende politiche di questi mesi ci ha in qualche modo delineato quale sarebbe la struttura della maggioranza dell’Unione se fosse caratterizzata da due forze principali: Partito Democratico e Rifondazione Comunista. La stessa politica del nostro ministro del lavoro è stata fatta oggetto di un gioco di ping pong nell’ambito della maggioranza.
Proprio in questi mesi abbiamo avvertito l’assenza del contributo di una coerente, rigorosa, innovativa forza socialista riformista di stampo europeo.
Noi vogliamo che questa forza ci sia e che faccia sentire la sua voce nella maggioranza di centro sinistra per concorrere a superarne le difficoltà e assicurarne il successo.
Noi vogliamo che questa forza ci sia e che faccia sentire la sua voce nella maggioranza di centro sinistra per concorrere a superarne le difficoltà e assicurarne il successo.
Per questo siamo qui al Teatro della Fiera di Roma e invitiamo tutte le compagne e i compagni sensibili a queste tematiche a partecipare al dibattito che oggi si apre in modo libero ed aperto.
Sappiamo che vi sono molte compagne e compagni che si interrogano su domande apparentemente spicciole ma in realtà importanti: quale sarà la loro attività politica in un futuro Partito Democratico, se vi saranno le sezioni, se vi saranno le Feste dell’Unità e così via. Un dibattito che non può essere eluso, e al quale, in questo periodo, che va fino alla presentazione delle mozioni congressuali, vogliamo dare un punto di riferimento non correntizio, ma aperto e costruttivo.

Comincia un nuovo inizio nel dibattito del Partito.

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