IL VUOTO DELLA SINISTRA ITALIANA? LA LISTA TSIPRAS NON LO RIEMPIRA' di Paolo Franchi dal Corriere della Sera del 9 marzo 2014

08 aprile 2014

IL VUOTO DELLA SINISTRA ITALIANA? LA LISTA TSIPRAS NON LO RIEMPIRA' di Paolo Franchi dal Corriere della Sera del 9 marzo 2014

Magari sarà per via di una maledizione. Ma, da noi, anche le cose (potenzialmente) serie prendono, prima ancora di venire alla luce, un aspetto tragicomico. E faticano assai a emanciparsene. La sinistra, non c'è che dire, almeno in questo campo eccelle. Una volta, non moltissimo tempo fa, ce n'erano (o si diceva che ce ne fossero) almeno due, la prima, maggioritaria, ormai conquistata al riformismo e alla socialdemocrazia, la seconda, minoritaria ma consistente, di ispirazione radicale se non addirittura antagonista: il problema, o almeno così sembrava, era stabilire se dovessero scannarsi, come da tradizione, o piuttosto cercare un (difficile, complicatissimo) modus vivendi. È andata come è andata. Anche se, per uno di quei paradossi di cui la storia è affollata, il meno «socialista» dei leader del Pd, Matteo Renzi, ha portato a compimento, tra gli applausi del Gotha delle socialdemocrazie continentali, la lunga (e penosa) marcia di avvicinamento al Partito del socialismo europeo, in Italia la sinistra, meglio, le sinistre politiche non ci sono più. Come se, seppure in ritardo, se le fosse definitivamente portate via il Novecento. Con tutta la loro storia, i loro domani che cantano, le loro bandiere, le loro guerre intestine. E senza che nessuno abbia tentato di elaborare il lutto. Non è una buona notizia. A guardar bene, nemmeno per chi di sinistra non è mai stato. Ma in primo luogo per quel vasto e variegato mondo che, a diverso titolo, di sinistra lo è ancora, o comunque di sinistra si sente: un popolo senza terra, con un grande avvenire dietro le spalle, esposto alla tentazione (o qualcosa di più) di disertare le urne, o di dare ascolto alle sirene dei populismi di vecchio e nuovo conio, o di regredire, con il dilagare della crisi sociale, a un primitivismo estremistico di cui da tempo immemorabile (anche per merito dei deprecati partiti della sinistra storica e del sindacalismo confederale) sembrava definitivamente emancipato. Si può ben comprendere come e perché simili rischi non turbino troppo, per motivi culturali e generazionali prima ancora che politici, la nouvelle vague renziana, e probabilmente nemmeno la gran parte dei quasi due milioni di cittadini che hanno incoronato Renzi segretario del Pd e (di fatto) presidente del Consiglio. Ciò non toglie, però, che ci siano, e che le imminenti elezioni europee possano costituire, per molti motivi, l'occasione per renderli ancora più seri ed evidenti. Perché, a differenza del passato, questo voto non sarà solo una specie di maxisondaggio sugli orientamenti dei vari elettorati nazionali, ma ci dirà pure se tra l'Europa e i suoi popoli c'è solo una crisi di fiducia o qualcosa di ben più grave e profondo. Ogni ragionamento sulla lista Tsipras non può che partire da qui. Dal vuoto di sinistra in Italia e, assieme, dal vuoto di politica in Europa. Di un cartello elettorale di quel che resta delle sigle della sinistra radicale, arricchito, come è non si sente davvero la necessità; nemmeno se a farsene garante c'è un nutrito, rispettabile gruppo di intellettuali, molti dei quali (curiosamente, fastidiosamente) annunciano sin d'ora che si candideranno, sì, ma poi, se saranno eletti, non avranno né il tempo né la voglia né la resistenza fisica per fare i parlamentari europei. Tanto meno si avverte il bisogno dell'ennesima riedizione, a mo' di piccolo mondo antico, delle beghe a sinistra di sempre, puntualmente ricostruita, sul Corriere, da Pierluigi Battista; neanche se stavolta i litiganti pagano il loro dazio al politically correct (o al prontuario giustizialista del grillismo) e si dividono pure sulla candidabilità o meno di personaggi che hanno avuto (per reati di piazza) i loro guai con la giustizia, dimenticando che, a seguire questi criteri, nel dopoguerra non si sarebbe potuto candidare Pietro Nenni, e magari qualche problema oggi lo avrebbe lo stesso Alexis Tsipras. Che ha più o meno la stessa età di Renzi, e nella Grecia della terribile crisi e della grande coalizione tra conservatori e socialisti guida con notevole fervore, ma anche con notevole accortezza politica, una forza di opposizione, Syriza, indicata da tutti i sondaggi come il primo partito. Per un soggetto politico che provi a dare voce e peso a quel tanto che di sinistra rimane, che stia in campo non contro l'europeismo e l'Europa, al pari dei populismi di destra o dei comunisti greci, ma in nome di un altro europeismo e di un'altra Europa, invece, forse c'è (ci sarebbe) uno spazio significativo e politicamente utile. Per tutti i motivi sopra sommariamente ricordati, e anche perché la sua presenza, il suo fiato sul collo, farebbe bene al Pd, costringendolo a uscire dal vago, a entrare nel merito di dilemmi puntuti sui quali fin qui ha trovato più conveniente glissare, a stabilire come meglio orientare la bussola delle sue alleanze future. Ma i soggetti politici non nascono solo dalla necessità di dare rappresentanza a un'area prima che imploda. Servono, se non dettagliati programmi, una lettura forte della crisi, alcune idee forza (magari un po' più ricche di «No austerity, no Trojka»), e una prospettiva d'avvenire. E servono leader capaci di interpretarle. La loro mancanza non si awerte solo a sinistra, per carità. Però a sinistra è particolarmente vistosa. Non da oggi.

Vai all'Archivio