IL SOCIALISMO EUROPEO IN ITALIA NON SI COSTRUISCE PER SOTTRAZIONE – di Felice Besostri, ottobre 2007
10 ottobre 2007
Il documento/appello Angius-Boselli-Spini è apprezzabile per contenuto e rappresenta un contributo importante al dibattito, che si è aperto nella sinistra dopo l’estinzione dei DS.
La scomparsa dei DS, come autonomo soggetto politico della sinistra, e la parallela costituzione del Partito Democratico ha dato luogo ad un fermento di iniziative alla sua sinistra: la formazione del movimento politico Sinistra Democratica per il Socialismo Europeo, la Costituente Socialista e una riaggregazione dell’area rosso-verde, comunemente designata come sinistra radicale. Sinistra Democratica per ragioni oggettive e soggettive si è trovata a giocare nel mezzo, anche perché fin dall’inizio è stata caratterizzata sia dalla scelta di campo del socialismo europeo che dalla dichiarata intenzione di contribuire ad un nuovo slancio unitario di una sinistra larga e plurale.
Chi si pone oggettivamente e soggettivamente nel mezzo ha indubbiamente il compito più gravoso: o diventa l’elemento propulsore ed unificatore ovvero il luogo dove si scaricano tutte le tensioni e contraddizioni dei processi in corso.
Per giocare il ruolo principale occorre avere un profilo alto, una chiara visione dei problemi e la capacità di individuare i punti programmatici forti di una intesa più ampia.
Sinistra Democratica malgrado la generosità dei suoi aderenti e l’entusiasmo iniziale del suo gruppo dirigente, così come si è manifestato nella manifestazione fondativa del 5 maggio, non è stata all’altezza dei suoi compiti.
L’iniziativa ha avuto i suoi punti forti nelle istituzioni, nel parlamento, nei consigli regionali e via via per li rami di Province e Comuni.
Da questo fatto trae origine una concatenazione di avvenimenti, frutto di fatti oggettivi: la scarsa presenza od addirittura l’assenza di interlocutori dell’area socialista e di contro una presenza strutturata di gruppi parlamentari o consiliari di PdCI, Verdi e Rifondazione.
Nel Parlamento nazionale si aggiunge il fatto che il gruppo della Rosa nel Pungo, per la sua natura composita e la dominanza numerica e politica radicale, si autoescludeva da iniziative unitarie della sinistra, eccettuati i temi della laicità delle istituzioni e della libertà di ricerca.
In effetti sarebbe stato possibile sviluppare unitariamente il grandissimo problema dell’ambiente, sulla base della Carta dell’ambiente proposta dai Verdi. Nelle iniziative unitarie, hanno prevalso i temi economici e sociali in termini oppositivi alle scelte del governo.
Nella Costituente Socialista la nota dominante in campo economico e sociale è stata data dal gruppo liberal-socialista di Lanfranco Turci: una degna posizione presente all’interno dei partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti europei. Il liberalsocialismo non può essere, tuttavia, l’asse di una sinistra larga e plurale, tanto più una scelta pregiudiziale.
Altro settore sensibile è quello della politica internazionale prigioniera di pulsioni emotive contrapposte dall’euroatlantismo acritico, alla desistenza bellica a priori.
Per fare un esempio di un approccio diverso, si poteva partire dall’intesa dei partiti socialisti di Germania, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia di critica agli scudi antimissile nell’Europa orientale.
È chiaro che se l’approccio è ideologico e non concreto e riformista, diventano tutti i punti in discussioni problemi irrisolvibili.
Nella realtà milanese Sinistra Democratica ha rifiutato fin dall’inizio l’esclusione aprioristica dello SDI e ha reso possibile iniziative unitarie importanti ed esemplari, in grado di coinvolgere tutta la sinistra, non solo quella politica, ma anche soggetti di base, non riferibili a singoli partiti.
Se Biagi è un ‘assassino’ per Caruso o un ‘martire’ intoccabile, identificandolo con la legge 30, non si affronta laicamente il tema della flessibilità ed il dramma della precarietà.
Fausto Bertinotti e il pasdaran liberal-leninista Oscar Giannino, sia pure in un dibattito televisivo, sono stati, invece, capaci di trovare una base di intesa coniugando la flessibilità con la garanzia di reddito e di contributi previdenziali nei periodi di disoccupazione.
Il sofferto accordo sul Welfare e le pensioni ha visto in Consiglio dei Ministri una divaricazione tra Sinistra Democratica, che l’ha approvato, e PdCI e Rifondazione, fortemente critici. Se ci fosse una logica politica, lo SDI avrebbe dovuto valorizzare ed apprezzare questo fatto, invece ha criticato gli accordi con argomentazioni alla Bonino-Capezzone.
La manifestazione del 20 ottobre rischiava una deriva di Sinistra Democratica ed una crisi dei suoi rapporti con la maggioranza della CGIL e di categorie importanti, oltre che con il complesso del movimento sindacale.
Senza una preventiva discussione all’interno del movimento, già erano fioccate le adesioni individuali di parlamentari europei e nazionali e di questa o quella personalità.
Alla fine, in extremis, si è evitata un’adesione ad una manifestazione, malgrado le critiche di metodo o di merito, ma non si è arrestata l’accelerazione di forme di azione unitaria sul solo fronte di PdCI, Verdi e Rifondazione.
Il duplice rifiuto della Costituente Socialista e della Cosa Rossa è una finta equidistanza, se nel contempo va avanti un’ipotesi di Federazione di Sinistra, senza area socialista ex PSI.
Sarebbe diverso se si fosse criticata una Costituente Socialista, come raccolta della diaspora di ex PSI, ed una Cosa Rossa, che escludesse l’area socialista.
In Italia si devono fare i conti con una sinistra debole e divisa, che si trascina antistoriche divisioni del XX secolo, che non hanno la drammaticità, ma nemmeno la dignità delle antiche divisioni tra rivoluzionari e riformisti, tra comunisti e socialdemocratici.
Nello stato attuale ripetere (non importa da quale versante) I socialisti con i socialisti, i comunisti con i comunisti è, più che tragico, ridicolo.
Se concordiamo sul fatto che in Italia manca una sinistra con vocazione maggioritaria e che la teorizzazione delle due sinistre, come dato permanente di una divisione tra una sinistra riformista ed una alternativa (identificata ora da Rifondazione nel PD e nella sinistra radicale), siano i due maggiori fattori di debolezza, bisogna trarne le conseguenze sia politiche che ideologiche.
Nella composizione di una sinistra a vocazione maggioritaria l’area che si riconosce nel socialismo europeo avrebbe un atout in più, quello di essere collegata alla sinistra maggioritaria ed egemone nel complesso dei paesi europei: se ne ha piena coscienza e profonda convinzione.
Costituente socialista e Sinistra Democratica hanno la comune maggiore responsabilità nel processo di costruzione di una nuova sinistra, cioè di una sinistra in grado di dare una risposta ai problemi dell’oggi ed alle sfide del domani, piuttosto che regolare i conti del passato.
Se così è, o meglio dovrebbe essere, non ha senso lasciare Sinistra Democratica per partecipare alla Costituente Socialista, indebolendo ogni prospettiva di intesa.
Sottrazioni da SD ed addizioni alla Costituente Socialista sono a somma zero in una prospettiva socialista europea.
Queste accelerazioni della Costituente Socialista e della Federazione della Sinistra sono scorciatoie, che si perdono nel bosco, Holzwege nella concezione heideggeriana: il frutto avvelenato dell’elettoralismo imperante.
Le scelte politiche non prescindono dalla valutazione sulla più conveniente configurazione per riassicurare la rielezione dei gruppi dirigenti delle singole formazioni: l’intendenza precede mentalmente l’azione politica e, quindi, la condiziona. Finché prevalgono rendite di posizione, piccole e/o medie posizioni di potere, egoismi personali e narcisismo mediatico, ogni ideazione politica si scontra con ‘l’effettualità’ (sachlichkeit)ed è destinata a cedere di fronte ad essa.
Il dramma è che l’effettualità non può essere ignorata, ma arrendersi ad essa, come fosse un dato oggettivo ed non aggirabile, non è degno di una sinistra, che pretenda di cambiare il mondo, quando gli individui, che la compongono, sono incapaci di cambiare sé stessi.
Mi sovviene un detto di Wolfgang Biermann, il grande cantautore tedesco di sinistra, quando parlava di quelli che amano l’umanità perché sono incapaci di amare veramente una persona.