IL SOCIALISMO EUROPEO, GRANDE OPPORTUNITA' DA NON PERDERE di Roberto Biscardini dall'Avanti della Domenica del 27 maggio 2012
06 luglio 2012
La vittoria di Hollande in Francia e poi il successo della SPD in Nord Vestfalia hanno acceso una speranza nei socialisti italiani. Inutile è nasconderlo e sbagliato sarebbe reprimere questi sentimenti.
Queste vittorie, tenute insieme da un programma per affrontare la crisi sul versante della crescita con equità e giustizia, rafforzano le certezze di coloro che, in questi anni, pur pagando prezzi di ogni genere, hanno perseguito l’obiettivo di riorganizzare una grande forza socialista nel nostro paese ed hanno continuato a fare i socialisti chiamandosi col proprio nome. Nello stesso tempo, se qualcuno in passato ha fatto fatica a portare il peso di questa parola, oggi può cogliere il vento del “socialismo europeo” per non avere più alcun tentennamento.
Hollande è socialista punto e basta, così come lo siamo noi. E così come potrebbero esserlo o diventarlo coloro che non hanno ancora avuto il coraggio di dichiarasi tali. Socialisti dispersi, ma anche i socialisti in pectore.
Dall’Europa viene quindi un incoraggiamento non solo per continuare, ma per dare alla nostra iniziativa un’incisività sempre più forte e per dare il nostro contributo affinché la situazione politica evolva in una direzione utile al paese. Tre considerazioni.
Prima. Se da un lato è chiaro che il socialismo italiano non può camminare solo sulle nostre gambe e sulle nostre percentuali, è altrettanto vero che una prospettive verso un socialismo europeo in Italia non nasce nell’equivoco e nell’opacità.
Riunire spezzoni della sinistra riformista ha senso se si condivide il campo del socialismo europeo come punto di riferimento comune. Non vale l’inverso. Senza quel riferimento la parola riformista è una parola vuota, strausata, inflazionata da destra e da sinistra, che rischia di non avere più alcun effetto politico. Dobbiamo quindi avere fiducia in noi stessi e nel particolare momento politico, come quello più propizio perché si possa rimettere insieme il nome con la cosa e si possa dare inizio ad una fase in cui il socialismo europeo diventi espressione della sinistra italiana. Un movimento da costruire che dovrebbe avere in noi l’elemento propulsore.
Seconda. La ventata politica europea ci aiuta a mettere fine a tutti i miti e i disastri della Seconda Repubblica. Al di là dei piccoli fenomeni, non c’è spazio per il nuovismo, non c’è spazio per una società civile contro quella politica, contano i partiti e quelli di antica tradizione. Ci saranno ancora degli avamposti populisti di destra e di sinistra, ma basta con i partiti personali e basta con la personalizzazione della politica. Persino la modestia di Hollande, normale uomo socialista, ma anche quella Hannelore Kraft, ha consentito al primo di diventare Presidente della Repubblica e alla seconda di aprire il fronte anti Merkel.
Dobbiamo quindi avere fiducia che si sia aperta una fase nuova verso un’evoluzione positiva e il superamento delle tante anomalie italiane. D’altra parte, potersi liberare dalle camicie di forza dell’ultimo ventennio e trovare uno sblocco per uscire dalla crisi politica della Seconda repubblica, non è solo un problema nostro. Persino il PD, o parte di quel partito, prima o poi dovrà porsi il problema di quale via di uscita trovare per superare l’errore commesso nel 1989.
Saranno forse costretti a fare i socialdemocratici con vent’anni di ritardo, compatti o sparpagliati, ma prima poi dovranno farlo.
Terza. Bisogna infine avere chiaro che la crisi del sistema dei partiti ha come ragione fondamentale il fatto che, prima ancora che essere il male, appaiono inutili. Perché parlano in politichese, a se stessi, sono autoreferenziali e non sembrano voler affrontare i problemi concreti dei cittadini. E noi, essendo tra i più piccoli di quel sistema, rischiamo purtroppo, nel disastro generale e con scarsa comunicazione, di apparire ancora più inutili degli altri.
Quindi sui contenuti la nostra iniziativa deve essere forte, chiara e semplice, battendo sempre sugli stessi chiodi.
Quello della riforma dello Stato, unica condizione per render credibile e reale il taglio degli sprechi. Quello della crescita economia attraverso politiche per il rilancio degli investimenti pubblici e privati e politiche di riduzione delle imposte alle imprese. Assumiamo il programma dei socialisti europei, (che a Fiuggi avevamo già declinato) partendo dalla convinzione comune che senza crescita la crisi del debito si aggraverà. I punti più chiari sono: una tassa sulle transazioni bancarie, iniziative per la disoccupazione giovanile, uso più veloce dei fondi UE con priorità per l’istruzione e la ricerca, più responsabilità per le banche e distinzione netta tra banche d’affari e banche d’investimento.
E a questo possiamo aggiungere anche le due proposte che hanno fatto breccia nell’elettorato francese, quella dell’alta tassazione per i redditi superiori a un milione di euro e quella che nessun manager pubblico possa guadagnare 20 volte di più di un semplice dipendente.
Dobbiamo avere quindi fiducia che il socialismo si imponga anche in Italia perché, al di là dei nostri meriti, c’è bisogno di affrontare la crisi e la recessione cercando di lasciare sul campo meno morti possibili. Il socialismo europeo: una grande opportunità da non perdere.