IL SINDACO DI FIRENZE VUOLE ROTTAMARE I DIRIGENTI DEL PD. PERCHÉ? Di Beppe Nigro, martedì 31 agosto 2010
08 ottobre 2010
"la Repubblica" del giorno 29 agosto 2010 ha pubblicato un'intervista al sindaco di Firenze, Matteo Renzi, con il titolo: “Il nuovo Ulivo fa sbadigliare, è ora di rottamare i nostri dirigenti”. Non mi interessa disquisire se il Pd sia in mano a rottami politici, ma di Matteo Renzi.
Matteo Renzi, nonostante sia un giovane amministratore emergente, è un quadro politico, che ha costruito i suoi primi passi politici con il meccanismo tradizionale della cooptazione: è stato giovanissimo segretario della federazione provinciale del PPI nel 1991 e poi della Margherita, fino al 2003. La sua carriera politica si è sviluppata, pertanto, nel modo più classico della tradizione dei partiti.
Il salto verso la presidenza della provincia di Firenze è avvenuto nel 2004, a partire dalla posizione conquistata nel partito di provenienza. Nel linguaggio dei politologici si direbbe che Matteo Renzi è, pertanto, un junior insider, un giovane inserito, nel circolo del potere partitico. Altri studiosi lo definiscono un boy insider, cioè un giovane di potere, ma autonomo.
Nel 2009, all'età di 34 anni, Renzi ha lanciato la sfida per conquistare la candidatura a sindaco di Firenze, contro i vertici del suo partito: Veltroni gli schierò contro Lapo Pistelli, altro giovane virgulto cresciuto nel PPI di Firenze, i dalemiani gli schierarono contro il deputato Michele Ventura. L'attuale sindaco di Firenze vinse, perché aveva già potere politico e amministrativo e sufficienti risorse per condurre una battaglia politica autonoma.
Fino ad oggi, Renzi, è uno dei pochi esponenti del ceto politico del Pd a permettersi critiche nei confronti dei senior inside, per intenderci quelli che detengono il potere nel partito. La ragione è semplice, gli esponenti della generazione di Renzi, si stanno costruendo la carriera politica nel cono d'ombra del blocco generazionale di Bersani, D'Alema, Veltroni, Bindi e non hanno per niente intenzione di contrapporsi ai loro mentori. È accaduto anche nelle recenti elezioni regionali. Preferisocno farsi cooptare piuttosto che conquistarsi uno spazio politico avanzando proposte e ipotizzando soluzioni.
La questione di chi entra e di chi resta fuori e dei modi, una volta entrati, di come si rimane dentro rimane aperta. Se si vuole rinnovare davvero la politica in Italia bisognerebbe riflettere di più su questo tema e su chi "vive di politica".
Non vedo all'orizzonte, comunque, "cuor di leoni" delle nuove generazioni politiche che abbiano voglia di lanciare sfide ai vertici. Semmai i giovani politici hanno capito che debbono cercare di usare al meglio il vantaggio generazionale, facendo pensare agli elettori che all'anagrafe corrisponda necessariamente il nuovo. Ma questo fa parte soltanto di una maggiore facilità nell'uso dei media.
Oggi, Renzi lancia la provocazione a livello nazionale, ma dovrebbe dire anche qual è l'obiettivo politico che si prefigge. Per battere la politica del centrodestra, fatta di ideologia populista, di un peronismo in salsa italiana, non è sufficiente schierare le nuove generazioni della politica. Dovrebbe spiegarci come si esce dalla crisi italiana, quali sono le proposte per ridurre lo strapotere dei manager, quali sono le politiche per dare un po' di dignità alla scuola pubblica, quali sono le proposte perché la politica di una sinistra riformista condizioni, fino ad eliminare, gli aspetti più anarchici del capitalismo nostrano, quali politiche pubbliche per tutelare il lavoro. Senza trascurare, infine, la politica internazionale: una riflessione sul nostro ruolo in Afghanistan non guasterebbe, etc.
Il resto è una partita tutta interno al ceto politico di cui i cittadini sono solo spettatori.