IL SILENZIO DEI SOCIALISTI SULLA RIFORMA DEL SENATO E DINTORNI di Roberto Biscardini
14 luglio 2014

In altri tempi anche il piccolo PSI aveva l’ambizione di essere un partito in cui gli organi politici, segreteria, direzione, consiglio nazionale, godevano del diritto di dibattito e di decisione.
Oggi no. Come la pensa il partito sul nuovo Senato? Che significato attribuisce il partito e il suo segretario a questa riforma? Come la pensano i nostri deputati? E i senatori? Certo Nencini, per la sua carica di governo, può avere le mani legate, ma Enrico Buemi potrebbe farsi sentire, facendo valere la nostra concezione della democrazia.
Renzi sta realizzando il miracolo di utilizzare l’avversione dell’opinione pubblica nei confronti dei partiti e di questo ceto politico, quello che doveva essere rottamato, per attribuire proprio a questi partiti e a questo ceto politico il massimo del potere politico possibile, sottraendolo a qualunque forma di espressione diretta della volontà popolare.
L’aumento a 800.000 del numero delle firme per la presentazione di un referendum abrogativo ne è la riprova più evidente. Ma anche sul resto non si scherza. E in attesa che un giorno sia salutata con entusiasmo la nascita di governi senza bisogno di elezioni popolari, abbiamo le riforme di oggi. Il tripudio delle elezioni di secondo grado e la vergogna di questo nuovo Senato.
Certo esistono al mondo “senati” di garanzia non eletti direttamente dai cittadini, ma non sono l’imbroglio che abbiamo di fronte. Un Senato falsamente federale in uno stato non federale (altro che l’espressione dei Lander del Bundesrat tedesco espressione dei governi regionali) nel quale siederanno consiglieri regionali e sindaci eletti su liste bloccate definite dai partiti. Così recita testualmente la norma.
E questo che volevano i cittadini sposando la politica della rottamazione?
E lo stesso accade per le cosiddette città metropolitane e le nuove province. Assolutamente non abolite ma trasformate nella forma di elezione dei suoi organismi.
Con la riduzione del numero dei partiti e con la trasformazione dei partiti in partiti monocratici tutto sarà deciso da un numero di persone sempre più ristretto e da un ceto politico di soli nominati. L’ipotesi circolata a Milano in questi giorni che per l’elezione del nuovo consiglio metropolitano si potesse presentare una sola lista decisa da tutti i partiti (a tavolino) composta da tanti candidati quanto sarebbero stati gli eletti (un modo fantastico per annullare il valore delle preferenze), è la prova di quanto rispetto alla cosiddetta deriva democratica siamo già oltre. E il PSI liberale e democratico che dice? E tutti gli altri “sinceri democratici”, quelli che hanno fatto la resistenza e poi costruito l’Italia repubblicana che dicono? E i cittadini che volevano contare di più?