IL PREMIO NOBEL RUBBIA: «UNA QUOTA TROPPO BASSA I POLITICI NON CAPISCONO CHE COSÌ SARÀ UN DISASTRO» - di Giovanni Caparra da il Corriere della Sera dell’11 gennaio 2007
15 gennaio 2007
La vera alternativa è il solare, marginali eolico e fotovoltaico
MILANO - «Il 20 per cento dell' energia necessaria in Europa nel 2020 generato dalle fonti rinnovabili è il minimo che si potesse indicare per affrontare il grave problema del riscaldamento climatico. E non occorre essere grandi scienziati per rendersene conto, i politici sono gli ultimi a capirlo». Il Nobel Carlo Rubbia è in Spagna per la sua centrale solare e ascolta le cifre pronunciate dalla Commissione europea con soddisfazione mischiata all' amarezza per l' insufficienza del provvedimento dettato - ricorda - dalle nuove valutazioni ambientali negative che gli esperti delle Nazioni Unite stanno per diffondere. «Non è questa la soluzione - aggiunge - e si è trovato solo il compromesso che la politica poteva proporre come affrontabile: la percentuale dovrà necessariamente aumentare». Finora si è sempre imputato alle energie rinnovabili l' incapacità di soddisfare i grandi bisogni in quanto limitate nelle loro capacità. «Tra le alternative praticabili - precisa il premio Nobel - c' è da considerare soltanto il solare termodinamico, unica tecnologia in grado di garantire buoni livelli di potenza grazie anche all' accumulo. Lasciamo perdere l' eolico e il fotovoltaico che resteranno sempre marginali». Su questo fronte c' è però ancora da lavorare. «Gli Stati Uniti - prosegue Rubbia - non hanno capito l' importanza delle fonti rinnovabili, la Cina si sta per svegliare ma è ancora lontana e quindi i Paesi europei potrebbero giocare un ruolo di primo piano e diventare i detentori di queste tecnologie di cui avremo sempre più bisogno». E qui lo scienziato vuole inserire una precisazione importante, legata al riscaldamento dell' atmosfera. «Saranno soprattutto Spagna, Italia e Grecia, i primi Paesi colpiti dal fenomeno della desertificazione; le nazioni del Nord Europa o la Siberia non si preoccuperanno più di tanto per qualche grado in meno. Dunque, dovremmo essere noi del Sud Europa a investire per primi cercando di sviluppare le nuove tecnologie, ingegnandoci però con una certa aggressività per padroneggiarle e controllarle: non dimentichiamo che si tratta anche di un grande affare economico che in molti cercheranno di agguantare». Tedeschi, olandesi e spagnoli si dimostrano particolarmente sensibili a essere protagonisti sul nuovo fronte. «L' Italia, invece, è ancora all' anno zero in questo campo: si è fatto poco o nulla - sottolinea Rubbia -. C' erano dei progetti ma è stato tutto paralizzato: ciò che è facilmente accettabile in altri Paesi da noi diventa impossibile. Eppure per far crescere le tecnologie delle rinnovabili non occorrono grandi investimenti. E' necessario, però, una collaborazione più stretta tra il mondo della scienza e quello dell' industria; l' industria da sola non riesce, ma efficaci e stretti rapporti ancora non esistono». Carlo Rubbia, da presidente dell' Enea, aveva proposto nel 2003 la centrale solare termodinamica «Archimede» da realizzare in Sicilia, a Priolo. Quasi subito, tuttavia, il piano veniva ostacolato e infine bloccato. Così il progetto è volato via. Gli spagnoli hanno garantito di realizzarlo loro e proprio in queste settimane entra in funzione il primo impianto pilota. Intanto hanno approvato la costruzione di quattro centrali da 50 megawatt con l' obiettivo di arrivare alla produzione di 1400 megawatt, quindi una potenza equivalente di una centrale nucleare. «Proprio perché bastano spese modeste per maturare le nuove conoscenze - ribadisce e conclude il Nobel - l' Italia poteva diventare nazione di riferimento per le energie rinnovabili, ma ora non vedo impegni adeguati per essere il numero uno».