IL PD, CRAXI E IL BISOGNO DI SOCIALISMO di Roberto Biscardini del 23 gennaio 2020
23 gennaio 2020
Dopo il 26 gennaio, al di là
di una possibile o meno crisi di governo, sarà chiaro che la sinistra è al suo
minimo storico e non ha un partito di riferimento che possa rappresentare
concretamente l’alternativa alla destra.
Il Pd è nel pieno del suo
sfarinamento e le liste che gli fanno da contorno, civiche o di sinistra, sono
sempre più insignificanti.
Non a caso il Pd ha iniziato
a mettere le mani avanti buttando un po’ di fumo negli occhi: “Non faremo un
nuovo partito, ma un partito nuovo”. Mentre di un partito nuovo ci sarebbe
proprio bisogno.
E poi ancora, “dopo le
regionali cambierà tutto”, probabilmente toglieranno la “P” e rimarranno “i
Democratici” e così siamo ritornati al 1991 quando rifiutarono di essere socialisti.
Un passaggio rapido dal comunismo agli Stati Uniti d’America, scelta che ha
avuto conseguenze precise in tutta la Seconda repubblica e che ha significato,
errore dopo errore, l’adesione alla cultura liberista e il tradimento dei
valori della sinistra. La distruzione dello Stato e porte aperte alla cultura
del mercato e del privato.
In assoluta controtendenza
con il bisogno vitale, quanto necessario, di avere veramente un partito nuovo
della sinistra per rappresentare un popolo, una larga parte dei ceti sociali in
difficoltà, il mondo del lavoro e della cultura, oggi senza rappresentanza. Insieme
al bisogno di una forza alternativa per rilanciare una politica pubblica, una
politica industriale e la programmazione dello sviluppo.
Un partito nuovo, diverso da
ciò che la cosiddetta sinistra è stata fino ad oggi.
Dopo trenta lunghissimi anni
in cui, con l’aiuto dei democristiani, i comunisti “si sono messi la maschera
della seconda repubblica”.
Un tradimento mascherato
dalla solita “superiorità morale” di togliattiana memoria che perdura nei
comportamenti e nelle dichiarazioni del Pd, da Zingaretti a Cuperlo.
Finendo là dove sono oggi,
percepiti come un partito di sistema, i migliori interpreti degli interessi
capitalistici privati nazionali e internazionali, quelli che l’ulivismo ha
ricoperto di vantaggi incalcolabili.
Dalla privatizzazione
dell’economia alla distruzione dell’industria di Stato. Consentendo che si
indebolissero le istituzioni, la rappresentanza e la partecipazione popolare.
Che sparissero i partiti e si incrinassero fino a comprometterli i principi
democratici e i diritti dei lavoratori.
Ma nello stesso tempo percepito
come un partito piegato al più banale giustizialismo populista. Piegato sui
5stelle destinati a distruggersi da soli.
E così ci siamo ritrovati in
un paese in cui la sinistra ha rinnegato il socialismo e l’Italia è stata messa
fuori gioco.
La sintesi è di pochi giorni
fa: in occasione del ventesimo anniversario della morte di Bettino Craxi, il Pd
ha perso l’ennesima occasione di fare i conti con lui e con la grande
tradizione del socialismo italiano.
Ha perso l’occasione di
riconoscere a Craxi di essere stato un grande leader della sinistra
internazionale e di essere stato ucciso perché era socialista.
Leader socialista senza
aggettivi, che pone oggi, a tutti coloro che ancora nel socialismo si
riconoscono, una questione di fondo: come costruire in assoluta autonomia un
nuovo movimento/partito della sinistra dichiaratamente socialista.
Ripartendo dai valori e dai
principi. Un partito internazionalista proprio come lo è stato Craxi. Un
partito che sa ancora parlare di giustizia sociale, di uguaglianza e di
libertà, per difendere in primo luogo il potere di acquisto dei salari e delle
pensioni, per puntare al loro continuo adeguamento, proprio come diceva Craxi.
Costruire nuove opportunità di lavoro e di studio per tutti, ponendosi il
problema di come far crescere la ricchezza, per combattere le peggiori
condizioni di povertà, abbandono e solitudine che affliggono strati sempre più
larghi di popolazione, nelle zone rurali del nord e al sud.
Un partito che crede nello
Stato e nelle politiche pubbliche, come diceva Craxi.
Un partito socialista largo
per affrontare le grandi sfide del futuro e non consegnare il paese alla destra.