IL PARTITO SOCIALDEMOCRATICO IN ITALIA SI PUÒ FARE ANCHE SENZA O CONTRO I DS – di Felice Besostri, da il Riformista del 1° dicembre 2006

09 dicembre 2006

IL PARTITO SOCIALDEMOCRATICO IN ITALIA SI PUÒ FARE ANCHE SENZA O CONTRO I DS – di Felice Besostri, da il Riformista del 1° dicembre 2006

Paolo Franchi con il suo editoriale ha riproposto la questione socialista, che non è soltanto la questione dei socialisti, cioè del personale destino di chi è stato iscritto al Psi o semplicemente ne è stato elettore. Il suo invito perentorio a parlare ora o a tacere per sempre è stato subito accolto, ma sin qui esclusivamente da socialisti, il che è bene, ma non è il meglio. La formula usata è quella classica prima della celebrazione di un matrimonio. E in qualche modo l’analogia regge: il matrimonio che si vuol celebrare è quello tra Ds e Dl, o tra la Quercia e la Margherita, per rimanere nel mondo vegetale. Un matrimonio molto particolare, perché rifiutando innesto o talea, si vuole farne risultare un organismo totalmente nuovo: un ulivo. Un organismo, cioè, geneticamente modificato, un ogm, che nella propria sequenza genetica prevede il sacrificio della Rosa.
Già nel nome di Partito democratico si è deciso di sacrificare sia la Sinistra che la Libertà, presenti, invece, nelle vecchie insegne. A chi non gradisce si replica che siamo di fronte a una grande sfida, quella di riunire tutti i riformismi italiani. Se così fosse, accanto al riformismo comunista e a quello cattolico democratico dovrebbero essere visibili il principale e più antico dei riformismi, quello socialista e il piccolo, ma significativo, riformismo liberaldemocratico della esperienza radicale. Invero qualche socialista individualmente si sta compromettendo nel progetto, come Signorile o Manca, ma già Ruffolo si è momentaneamente sospeso e Valdo Spini addirittura lo contrasta. Il congresso non si è ancora aperto e sarebbe sbagliato darne per scontato l’esito, malgrado i condizionamenti che la struttura di comando esercita sui comportamenti di un partito, che non ha mai compiuto la transizione da un modello leninista ad uno socialista democratico.
Il punto di fondo è la possibilità o meno di costruire un partito socialdemocratico di tipo europeo in Italia senza o contro i Ds. Fino all’altro ieri avrei risposto no, in coerenza con le scelte fatte. Oggi la risposta è parzialmente diversa. Se la maggioranza dei Ds sceglie di rinunciare a quell’obiettivo, bisogna cominciare a ragionare in termini totalmente nuovi. È del tutto fuorviante evocare gli spettri del Psi o dell’ancora più vecchio Psiup, esperienze oramai lontane di cui non si sente alcuna nostalgia. E non avrebbe senso ritornare al Pci, di cui i Ds hanno tutti i difetti senza averne le qualità.
Lungi dal superare la frantumazione politica italiana, è possibile che il Pd la acceleri se il percorso non è chiaro, trasparente, coinvolgere e convincente. Personalità importanti come Guglielmo Epifani non lo reputano tale. Nessuno dei nodi, dalla laicità alla collocazione internazionale, è stato affrontato. Su quest’ultimo punto la formula fassiniana di un forte rapporto e legame con il Pse (e l’Internazione Socialista?) è ambigua. I Ds sono membri del Pse, il Pd lo sarà o no? Il primo valore cristiano da rispettare è l’evangelico sì, sì - no, no.
Il Pd non sarà la casa comune di tutti i riformismi, ma l’istituzionalizzazione del compromesso storico, cioè della politica che ha emarginato il Psi più della tempesta giudiziaria. Dunque, come ama dire Covatta, hic Rhodus hic salta. Con la formazione del Pd, la questione socialista sarebbe chiusa per sempre e nel peggiore dei modi. Mantenerla aperta significa porre ora l’esigenza di un partito italiano del socialismo democratico europeo: non uno stereotipo privo di valenza politica, ma un’organizzazione e un programma che non possono nascere da nostalgici o reduci.
In questa fase trovo del tutto contraddittorio definire a priori le caratteristiche di un (futuro) partito socialista. In un partito socialista democratico di tipo europeo ci deve essere spazio per diverse componenti. E ai congressi spetta definire il programma e le alleanze, non l’ideologia del partito: i partiti ideologici sono morti, adesso sono importanti i valori. Prima ancora di definire il grado di liberismo del (futuro) partito socialista, sarebbe opportuno che a sinistra si riaprissero le ferite del passato per poterle finalmente rimarginare, e non rimuoverle come si è fatto finora. A cominciare dalla rivoluzione ungherese del ’56. Tragedie storiche di questa portata non possono essere liquidate con tardive ammissioni di errori e con il riconoscimento en passant che allora ebbe ragione Nenni. Un Nenni, cui in 7-8 anni di esistenza dei Ds non è mai stata intitolata una sezione. Un Nenni che, anche per le sue origini repubblicane e romagnole, aveva tratti laicisti se non proprio anticlericali e, quindi, sarebbe più che mai inidoneo a dare il proprio nome ad una sezione del Pd. N

Esecutivo nazionale Sinistra, Ds per il Socialismo

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