IL PARTITO DEMOCRATICO E LA QUESTIONE SOCIALISTA - di Felice Besostri, 25 febbraio 2007
02 marzo 2007
Finalmente tra i protagonisti politici della costituzione del PD spicca il prof. Michele Salvati, uno di quelli che ci crede da almeno un decennio, non un convertito dell'ultimo anno, grazie agli allettamenti di carriera o per riflesso pavloviano di un antico centralismo democratico. Salvati non è neppure di quelli, ben più numerosi, che vi si sono acconciati per rassegnazione ad uno stato di necessità.
I suoi richiami sono, quindi, autorevoli: è uno dei saggi responsabili della redazione del manifesto fondativo del PD. Sul Riformista del 24 febbraio prende, peraltro, le distanze da quel manifesto che "è quel che è perché doveva tenere conto di uno spettro di sensibilità più ampio", tra le quali non quella di Ruffolo, l'unico con una storia socialista alle spalle. La vera posizione di Salvati sarà conosciuta quando uscirà il documento di LibertàEguale, nettamente liberalsocialista, talmente tanto che Roberto Villetti, dello SDI, "lo leggerà mugolando dal godimento".
Il liberalsocialismo sarà anche il filoconduttore del convegno di Bertinoro del 3 e 4 marzo prossimi, convocato proprio per definire una piattaforma socialista alternativa al Partito Democratico. Siamo in una situazione equivoca esemplare la cui origine va ricondotta alla rinuncia a costruire anche in Italia un partito del socialismo europeo, cioè socialista democratico, prima ancora che liberalsocialista. In un tale partito la componente liberalsocialista è importante, putacaso maggioritaria, ma non può pretendere di essere esclusiva. L'ambizione dovrebbe essere quella di costruire un grande partito socialista, non uno “dei tanti nani che sgambettano a sinistra” per usare le parole di Salvati.
Con la crisi del governo e l'accordo sui 12 punti mi pare francamente ridicolo parlare ancora di una sinistra radicale contrapposta fuer ewig ad un'area riformista.
I socialisti fuori da DS e quelli dentro devono cogliere l'opportunità che il progetto del PD ha creato, cioè la riapertura di una “questione socialista” in Italia, che riguarda la sinistra nel suo complesso e non solo la base etnica dell'antico PSI.
Basta saper leggere, oltre che le mozioni delle attuali minoranze DS, i documenti, che le crisi del PdCi e di Rifondazione Comunista stanno producendo, tanto per fare alcuni esempi il manifesto dei Rosso-verdi di Pagliarulo o gli appelli dell’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra di Tortorella, per rendersene conto.
Rimaniamo, tuttavia, al terreno più contingente dell'avvertimento, una vera e propria messa in guardia, di Salvati: “Cari compagni, davvero volete allearvi coi depositari dell'orgoglio comunista?”.
Con il suo avvertimento Salvati ha un obbiettivo a breve termine, tutto interno al dibattito congressuale DS, cioè impedire qualsivoglia saldatura tra socialisti, quelli dentro e quelli fuori dai DS. Basta leggere la mozione “A sinistra per il socialismo europeo” di Mussi, Salvi, Spini e Bandoli, ma anche quella di Angius-Zani, per rendersi conto che un’alternativa al PD è gia abbozzata e proprio sulla base di risposte alla questione socialista, che si è riaperta, oggettivamente, ma anche con l'impulso del Riformista.
La questione socialista si pensava di averla liquidata in primo luogo negando l'identità socialista di componenti costitutive dei DS, emarginate di fatto nei gruppi parlamentari e nel gruppo dirigente centrale e periferico dei DS ed in secondo luogo promettendo ai socialisti esterni qualche strapuntino nel futuro partito, contando sulle preoccupazioni dei deludenti risultati elettorali. Un errore, cui si cerca di porre un tardivo rimedio, da qui l'appello pubblico di Fassino a Boselli e l'opera di raccordo e recupero affidata a Francesco Tempestini, senza peraltro rinunciare al lavoro ai fianchi di esponenti socialisti tentennanti. Nonostante ciò è sempre più chiaro che la base culturale-politica, da cui nasce il progetto del PD, è una riedizione aggiornata del compromesso storico, è sufficiente guardare all'enfasi data alla questione cattolica in Italia e, di contro, al sostanziale svicolamento sui rapporti con il PSE e l'Internazionale Socialista, che, detto per inciso, si appresta ad incorporare, dopo alcune formazioni legate ai Democratici americani, il Partito indiano del Congresso, uno dei pilastri dell'Ulivo mondiale. Tra le tante aporie si segnala il fatto che l'appello di Salvati contraddice uno degli assunti del PD, cioè la sua capacità di essere aperto ad un largo spettro politico.
Fassino e D'Alema insistono nel dire che nel PD c'è spazio per le attuali minoranze DS e per i socialisti. Possono stare nello stesso contenitore, ma non insieme, bensì separati e divisi, per non turbare troppo il compromesso al ribasso sulla laicità del manifesto fondativo del PD. C'è bisogno di liquidare l'ispirazione socialista della mozione, che candida Mussi alla segreteria DS, ben rappresentata tra i primi firmatari da Valdo Spini e tra gli aderenti di tanti socialisti, per cosi dire doc, come chi scrive. Bisogna sottacere i percorsi di un Cesare Salvi, che da tempo si richiama espressamente al socialismo o la presenza di un Peppino Caldarola, per non parlare della crescente sintonia con Emanuele Macaluso.
La componente socialista dei DS è in prima linea a contrastare l'unica scissione concreta, che si sta preparando, quella dal PSE e dall'Internazionale Socialista. Non a caso all'interno dei sostenitori della mozione Fassino si accentuano le critiche, incredibilmente convergenti con quelle della Sinistra Europea, sull’inefficacia del PSE nella elaborazione di una comune piattaforma programmatica europea, per non parlare del destro Blair, servo degli americani, e sul basso tasso di socialismo di tanti partiti dell'Internazionale.
Il PD pretende di curare l'anomalia italiana, in particolare del suo sistema politico proponendo un'altra anomalia: un partito del tutto anomalo nel panorama politico europeo. Dove sarebbe necessaria un'operazione chirurgica di taglio di tanti rami secchi e degenerati della politica ed un radicale ricambio della classe dirigente si ricorre al principio curativo omeopatico, per cui "similia similibus curantur", cioè l'anomalia si cura con un'altra anomalia. Sempre in base agli stessi principi omeopatici le medicine o pozioni sono tanto più efficaci quanto più il principio attivo è diluito: i socialisti, dentro o fuori che siano, vanno bene purché diluiti al massimo nel nuovo contenitore.