IL PARTITO COME COMUNITA’ – IL PSI AL SERVIZIO DELLA SOCIETA’ di Alberto Angeli

02 marzo 2017

IL PARTITO COME COMUNITA’ –  IL PSI AL SERVIZIO DELLA SOCIETA’ di Alberto Angeli

Nelle ultime pagine del saggio Totalità e infinito, Lèvinas, a proposito dell’essere per gli altri, scrive: “Essere per altri non deve suggerire una finalità qualsiasi e non implica la posizione preliminare o la valorizzazione di chi sa quale valore. Essere per altri significa essere buono. Il concetto d’Altri non ha certo alcun nuovo contenuto rispetto al concetto di io……. Il fatto, che esistendo per altri, esisto diversamente che non esistendo per me, costituisce proprio la moralità”. Il principio cardine di questo pensatore è la concezione dell’uomo  come essere che vive in comunità e si dispone verso l’altro:  “la mia responsabilità nei confronti dell'altro arriva fino al punto che io mi debba sentire responsabile anche della responsabilità degli altri”.  Il concetto è chiaro: chiunque si sia fatto carico di una responsabilità rappresentativa, deve farsi carico della responsabilità degli altri. Si prenda il caso di un segretario di partito: egli, quale rappresentante degli interessi degli iscritti e di coloro che lo hanno votato, ha l’obbligo morale di adempiere al mandato ricevuto.

Nella nostra costituzione materiale  i Partiti sono la cerniera fondamentale tra società civile, società politica e istituzioni. I temi fondamentali della funzione dei partiti hanno attraversato la storia del nostro Paese, senza tuttavia individuare una soluzione normativa soddisfacente e conseguente alla necessità di regolare le modalità di partecipazione degli iscritti e dei simpatizzanti, nonché  le procedure di selezione dei dirigenti e dei candidati a ricoprire cariche pubbliche.

Nell’introduzione al volumetto dedicato alla Costituzione di Weimar ( anno 1949 )  Costantino Mortati mette in evidenza come gli ordinamenti democratici possano implodere sulla base della presenza di difficoltà crescenti dei sottosistemi sociale ed economico. Alla base della preoccupazione di Mortati stava la consapevolezza che le democrazie di massa o si fondano su di un sistema di partiti strutturato e regolato o danno vita a fenomeni personalistici e plebiscitari. 

Per sostenere la tesi che qui intendiamo avanzare, che cioè in Italia il fenomeno dei partiti personali e plebiscitari ( Gramsci direbbe populisti ) è diffuso e prevalente, il richiamo ad un filosofo e ad uno fra i più autorevoli giuristi del XX secolo,  aiuta bene a comprendere il senso e il significato del problema che si prospetta per la democrazia rappresentativa di cui i partiti costituiscono  le fondamenta democratiche: “poiché essi sono gli organi della volontà dello Stato e intermediari fra questo e gli individui, con la funzione di selezionare la classe dirigente e rappresentare la società”. ( Hans Kelsen).

La tesi qui affermata trova riscontro nella frattura che si è determinata tra i partiti e la società, fino a lambire le stesse istituzioni. La stampa, i media, i talk show e l’opinione di molti intellettuali, evidenziano come il livello di impopolarità dei partiti sia divenuto pericolosamente diffuso, spostando l’attenzione di molta parte dell’opinione pubblica a favore delle forze populiste e reazionarie.

Il PSI non sembra immune al fenomeno contagioso che si esprime nel partito personale. Da troppi anni è rappresentato da un Segretario che non è parso assolutamente interessato ad esprimere un progetto politico e una proposta di governo. La sua partecipazione al Governo, prima con Renzi e oggi con Gentiloni, non sembra produca una novità nell’indirizzo di politica economica,  né in quella sociale. Non si colgono segnali di una presenza socialista, nel dibattito politico. Non c’è traccia di una proposta del PSI o del suo segretario con la quali marchi una identità socialista sui temi del lavoro, dell’occupazione giovanile, della riforma universitaria, dell’economia, della difesa dei meno ambienti. O sui temi più generali, comunque delicatissimi dell’accoglienza dei migranti, sulle politiche sociali a favore degli emarginati o degli esclusi. Insomma, segnali di proposte politiche che fanno la differenza del socialista.

Il PSI è un partito ingessato, bloccato, fermo, con un gruppo dirigente che si parla con atti giudiziari per sapere quanti sono effettivamente gli iscritti, proprio nell’imminenza dello svolgimento del suo congresso. Essere nel governo e Segretario palesa una incompatibilità stridente con l’esigenza di garantire al partito una sua autonomia di giudizio verso gli atti del Governo e del confronto con i partiti associati nell’esperienza di governo, o con quelli contro cui deve competere.

Il PSI deve recuperare una sua autonomia e  il Congresso è l’occasione per il cambiamento, Un nuovo gruppo dirigente, con un progetto politico all’altezza del cambiamento richiesto dalla crisi del Paese, una seria politica organizzativa di rilancio della presenza sul territorio del partito, per consegnare agli attivisti una spinta emotiva e un orizzonte di lavoro,  con un’attenzione nuova alle forze politiche e sindacali tradizionalmente vicine al PSI.

L’attuale segretario può compiere quest’atto di grande rilevanza e serietà. Consenta al Psi di riprendere la marcia verso un nuovo livello Politico, investendo la sua esperienza e la sua sicura conoscenza dei problemi al servizio di questo obiettivo.

Credo che il Paese, con i socialisti iscritti e simpatizzanti, gli saranno riconoscenti. Il socialismo è un bene di tutti, non è solo un simbolo di cui sentirsi proprietari. Apriamo la nostra mente e mettiamo a disposizione della società le nostre idee, i nostri valori, la nostra volontà al cambiamento  a difesa dei più deboli.

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