IL MITO DEL MATTARELLUM di Gigi Covatta da Mondoperaio
01 giugno 2013
La malferma cultura di governo della sinistra italiana vive di miti. Ai tempi della prima Repubblica andava molto quello dell’unità nazionale che aveva governato l’Italia dal 1944 al 1947: un’età dell’oro alla quale si ispirò il Pci nella seconda metà degli anni ’70, fino a dare l’impressione, secondo Claudio Petruccioli (Rendi conto, 2001), “che più il Pci diveniva forte, più l’alternativa si allontanava”. Nel ventennio della seconda Repubblica, invece, il mito è diventato quello della legge Mattarella, che non a caso un politologo non ostile al rinnovamento istituzionale come Giovanni Sartori definì fin da subito Mattarellum. I miti vanno sfatati, e nel caso non è neanche difficile farlo. Innanzitutto il Mattarellum non ha mai garantito agli elettori di poter “scegliere il governo”, quod erat in votis dei referendari. In prima applicazione consentì addirittura a Forza Italia il trucco della doppia alleanza, con la Lega al Nord e con An nel Centrosud. E nella legislatura iniziata nel 1996 non evitò l’alternarsi di tre governi e di due maggioranze. In secondo luogo non ha favorito la semplificazione del sistema dei partiti. Anzi: il maggioritario a turno unico ha enfatizzato il potere di interdizione dei piccoli gruppi, come aveva previsto subito Marco Pannella, che nel 1993 aveva paventato l’elezione di “un Parlamento in cui avremo moltiplicato il sistema per scissione”, perchè, invece del bipartitismo auspicato a parole, “avremo tronconi rispetto ai vecchi partiti”. Neanche la profezia di Pannella ha convinto l’onorevole Giachetti dell’inopportunità della mozione con cui ha spaccato il Pd. E’ prevalsa l’ansia di abrogare il Porcellum. Col pretesto di evitare la pronuncia della Corte costituzionale, ma con l’arrière pensée (se non di Giachetti di molti firmatari) di ipotecare la durata del governo Letta. E col risultato di ripetere l’errore, già commesso dai referendari degli anni ’90, di anteporre la riforma elettorale alla riforma costituzionale. Anche per questo nel ventennio il bipolarismo è stato soprattutto muscolare: perchè vent’anni fa si pensò che importasse soltanto misurare i rapporti di forza, e che fosse inutile regolare i rapporti fra le forze.
Vai all'Archivio