IL GOVERNO DEI GIULLARI di Gim Cassano del 13 marzo 2011

24 maggio 2011

IL GOVERNO DEI GIULLARI di Gim Cassano del 13 marzo 2011

Nel giro di due giorni, il governo è riuscito a dare agli italiani ed al mondo, in rapida successione, un impressionante numero di dimostrazioni di superficialità, pressapochismo, incoerenza. Nell’impossibilità di star dietro a tutte le performances di quella che, se non fosse realtà, apparirebbe come una compagnia di comici impegnata a far ridere il mondo, mi vedo costretto ad una sorta di riassunto delle ultime figuracce, mettendo per ultima la questione libica.
Un torpedone dei sottosegretari.
Il capo-comico si è recato al Quirinale, per far “passare” il rimpasto della troupe. E’ dovuto tornare, per il momento, con le pive nel sacco, dopo aver proposto la rotazione ministeriale del fuggiasco Bondi con Galan e Romano. Ma la vera partita era un’altra: la proposta di un quantitativo di nuovi vice-ministri e sottosegretari tale da riempire un torpedone (circa 25). Nomine (e relativi costi) del tutto inutili, ma che costituiscono la prima rata del prezzo da pagare ai cosiddetti responsabili, che nobilmente sono accorsi, animati da puro e disinteressato spirito di servizio, a ripristinare una maggioranza che non c’era più. Va da sé che il tutto avrebbe richiesto un decreto, la cui legittimità è stata esclusa dal Quirinale. Al riguardo, vi sarebbe anche l’interpretazione maligna che il cavaliere abbia agito con doppiezza: cioè che abbia accondisceso alle richieste della folla di aspiranti sottosegretari per toglierseli dattorno, ben sapendo che il Quirinale non avrebbe accettato, e potersi così ripresentare nel souk dicendo: “Io ho tentato, ma quello non ha voluto; non è colpa mia, vedremo poi”. Sia come sia, è una vergogna. Cosa è questo, se non un voto di scambio che non è più quello delle scarpe destre o sinistre, o dei pacchi di pasta di Lauro? E cosa è questo, se non l’ammissione che non esiste più una maggioranza che non sia tenuta insieme dal reciproco baratto?
Nucleare.
A questo riguardo, occorre distinguere i tre atti della commedia che in rapida successione, hanno segnato il mutamento di rotta del governo. Premetto, per doverosa chiarezza, di considerare sfavorevolmente, in termini di rapporto tra costi e rischi (tutti), da un lato, e benefici (anch’essi tutti), dall’altro, il ritorno al nucleare, e di non aver mai condiviso un percorso superficialmente affrettato quale quello intrapreso dal governo italiano. Primo atto. Il coro delle TV di corte, di stato e non, e quello della stampa di famiglia si adeguano alle informazioni di fonte Tepco e Governo giapponese, tendenti a sminuire la gravità dei danni al sito di Fukushima e delle relative conseguenze. Ad esempio: Il Giornale evidenzia il fatto, smentito dall’ambasciata USA e dalla nostra stessa Ambasciata, che la radioattività nell’aria a Tokio sia risultata inferiore a quella media riscontrabile in un giorno qualsiasi a Roma. Esperti televisivi dichiarano che, in ogni caso, mai sarebbe possibile nell’area mediterranea un sisma dell’entità di quello giapponese (dichiarazione, tra l’altro, anche utile per il Ponte sullo Stretto: due piccioni con una fava), equivocando volutamente tra l’energia globale liberata ed i danni alla superficie. Altri parlano di modesti rilasci di radioattività ed invitano a non farsi prendere dalla psicosi collettiva. Il Governo annuncia che comunque il programma nucleare italiano prosegue, e va avanti con la procedura per l’individuazione dei siti. Per bocca del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, si conferma che non vi sarà alcuna sospensione, ed il telegrafo di macchina è su “Avanti tutta”, come per il Titanic (ovviamente tenendo il massimo conto della sicurezza dei cittadini o dei passeggeri); si sostiene che non si debba cedere a spinte emotive al riguardo delle notizie in arrivo dal Giappone, e che comunque, non vi sono problemi in quanto le centrali previste in Italia sarebbero state di 3a e non di 2a generazione come a Fukushima. Intanto iniziano ad arrivare le prese di posizione della Svizzera, della Germania, degli USA, che annunciano la chiusura di impianti nucleari ora in esercizio (quelli più vecchi), l’accantonamento di programmi, o quanto meno una pausa di riflessione al riguardo: in sostanza, atteggiamenti più seriamente, rispetto a quelli italiani, improntati alla consapevolezza della necessità di approfondimenti e verifiche. Il tutto viene commentato dagli ambienti governativi e dal ministro dell’Ambiente affermando che un conto è chiudere vecchi impianti obsoleti, ed un conto è sospendere un progetto di terza generazione quale quello italo-francese. Quindi, si va avanti. Secondo atto.
Commenti di fonte americana e francese e, soprattutto, provenienti dall’ AIEA, fanno capire che la situazione è molto più seria e pericolosa di quanto emerge dai comunicati di Tepco e del governo nipponico. Filtrano notizie circa leggerezze e superficialità nella progettazione, nella gestione dell’impianto e nella valutazione del rischio. Soprattutto, al di là del coraggio dei tecnici presenti, appare una situazione non adeguatamente conosciuta e non adeguatamente controllabile e controllata. Intanto, i presidenti di numerose Regioni italiane, ad iniziare da Vendola, dichiarano che mai si sarebbero realizzate centrali nucleari nelle rispettive regioni. Si sa, Vendola è rosso e verde, e quindi non conta nei ragionamenti del governo; ma quando diversi presidenti di destra rilasciano dichiarazioni analoghe, la faccenda si complica. E, soprattutto, arrivano i risultati di un sondaggio che dà i contrari al ritorno al nucleare attorno al 70%. Terzo atto.
Ed allora, udite udite: mai conversione fu più rapida. L’ineffabile Prestigiacomo, la stessa qui citata nel primo Atto, dice: “non facciamo cazzate, non possiamo perdere le elezioni!”. Ma allora, se non vi fosse stato il disastro giapponese, le cazzate non sarebbero state cazzate? E, per contro, se andare avanti col programma nucleare è una cazzata, tutto quel che Berlusconi, Scaiola (prima di trovarsi di fronte ad un rogito notarile con una parte della somma pagata da un ignoto estimatore), ci hanno raccontato, era una cazzata. Oppure, se non vi fossero state elezioni amministrative alle porte, ed i referendum in ballo, la cazzata non sarebbe stata tale?
Questa la commedia nucleare del governo del fare. E gli italiani dovrebbero fidarsi di un governo che governa sulla base dei sondaggi, e fa scelte politiche di fondo, in un senso o nell’altro, non sulla base di un programma sul quale ha chiesto il voto agli elettori, ma solo per il fatto che vi sono elezioni vicine. Ed il fatto che una sospensione del programma nucleare sia dal mio punto di vista condivisibile, non cambia di una virgola il giudizio sull’operato e sulla qualità ed il metodo di questo governo. Libia. Finalmente, e tardivamente, trainato dalla Francia, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU decide di intervenire imponendo la “no-fly zone” sul territorio libico. Decisione spero non resa inutile dall’esser fuori tempo massimo: adottata qualche giorno fa, quando il dittatore libico non controllava che Tripoli, questa delibera, oltre che evitare le vittime e distruzioni di questi ultimi giorni, avrebbe comportato l’immediato collasso del regime libico e la fuga, concordata o meno, del dittatore. A seguito di questa decisione, il Governo italiano dapprima dichiara: basi sì, aerei no; poi, ci ripensa e, dopo aver dichiarato: “faremo la nostra parte”, sembra disponibile a mettere a disposizione mezzi militari. Ma è dall’insieme di questa vicenda che la troupe governativa (e, purtroppo, insieme ad essa, il nostro Paese), esce malissimo. Dapprima si stipula il “Trattato di amicizia e collaborazione” (anche militare), si riceve con tutti gli onori l’amico Gheddafi, gli si bacia la mano, ottenendo l’unico risultato di consentire ad un criminale di impartirci ridicole lezioni di Islam, di far scorazzare cavalli, di insultarci. Si legittima un regime dittatoriale e che specula sulle traversate transahariane di migliaia di profughi, cercando di portare a casa qualche buon affare. Ci mettiamo in una situazione ridicola ed equivoca nei confronti di Nato ed Europei, i quali, per nostra fortuna, ormai rassegnati alla pochezza del capo-comico, non ci fanno più caso di tanto. Scoppiata la crisi libica, il governo, non sa che pesci pigliare: da un lato l’amico dittatore appare indifendibile di fronte all’opinione pubblica interna ed esterna. Ma dall’altro, c’è il Trattato da poco ratificato. E se Gheddafi la spuntasse, quali sarebbero le conseguenze? Ma se vincessero gli insorti, cosa succederebbe? Nella cultura politica di questo Governo, ispirata a Bertoldo, la cosa più angosciosa non è quella di scegliere sulla base di convinzioni, ma quella di non sapere chi alla fine sarà il vincitore. Per giorni e giorni, l’unica preoccupazione al riguardo è stata quella per i temuti arrivi di clandestini, senza tenere in alcun conto i diritti umani e civili del popolo libico. E, per bocca di numerosi esponenti della maggioranza, si è tentato di prendere le distanze dalla rivolta del popolo libico, accostandola a spinte fondamentaliste, quando non si è puntato apertamente sulla vittoria di Gheddafi (intervento di Lamberto Dini). Così, di fronte alla crescente indignazione internazionale e dell’opinione pubblica interna ed alle prese di posizione americane e francesi, si è inventato il classico espediente italiota: anziché denunciare “de iure”, e motivatamente, il Trattato, il fascista La Russa ci ha spiegato con finezza giuridica che il trattato era “de facto” sospeso, non in virtù di una scelta di merito, ma per il semplice fatto che il delinquente non aveva il controllo del suo Paese. Con l’unico risultato di apparire inaffidabili agli uni ed agli altri, ai vincitori ed ai perdenti, chiunque essi siano. Cosa che oggi appare con assoluta evidenza, col risultato che, se c’è stato un Paese ininfluente in questa crisi lontana da noi solo un braccio di mare, è proprio il nostro. Ed ora che la comunità internazionale si è finalmente decisa ad intervenire con un’operazione che speriamo non arrivi troppo tardi, e che, proprio a causa della sua tardività, sarà sicuramente più gravosa e rischiosa di quanto lo sarebbe stata se presa subito dopo i primi sterminii, noi, che siamo il Paese più coinvolto nella faccenda, siamo considerati irrilevanti e poco affidabili, visti i precedenti e visto il comportamento seguito. Resta il fatto che il governo dei comici ha dovuto rimangiarsi tutto, come per il nucleare. Ma allora, qual è la qualità della politica estera di questo governo?
150 anni dell’Unità d’Italia.
Cito da ultimo la celebrazione dei 150 anni dello Stato unitario, perchè nella distanza tra le qualità di coloro che dettero avvio al processo di modernizzazione, liberalizzazione ed unificazione del Paese e quelle di questi signori si sintetizzano le inadeguatezze di una maggioranza e di un esecutivo che, collocandosi al di fuori del percorso culturale e politico che ha preso avvio in quegli anni, è indegna di rappresentare l’Unità ed il progresso del Paese (vedi, ancora una volta, su questo sito: http://www.spazioliblab.it/?p=2723). E questo giudizio ha avuto la sua conferma nei fischi che sono stati riservati alla troupe, nelle persone di La Russa ed Allemano, e soprattutto al suo capo-comico, in diverse cerimonie pubbliche alle quali hanno presenziato in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’ Unità d’Italia. Applausi, invece, per Napolitano. I parlamentari leghisti hanno invece disertato la seduta del Parlamento a Camere congiunte nella quale il Capo dello Stato teneva il suo discorso. Come già ho avuto modo di scrivere, poco importa: è giusto che sia così; è giusto che questi signori non prendano parte ad una cerimonia che non è la loro, e della quale non sono degni; così come è del tutto comprensibile che altri vengano fischiati ed accolti da un coro di “buffone,buffone”, “bunga-bunga”, “dimissioni”. Gli italiani onesti, di destra o di sinistra che siano, non meritano questo governo, che non ha diritto all’uso della maiuscola.
Conclusione: nel giro di un paio di giorni, quattro diversi episodi hanno messo in luce inadeguatezza, pressapochismo, inconsistenza e discredito di questo governo e della maggioranza che lo sostiene.

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