IL GLOBAL COMPACT E L'ITALIA di Alberto Benzoni
06 dicembre 2018
Quella sul "global compact"è una tante risoluzioni
dell'Onu. Tutte basate sul richiamo ai principi e agli obbiettivi comuni che
dovrebbero ispirare, negli interessi dell'umanità, i rapporti tra i popoli e le
nazioni.
Se ne contano diecine e diecine, sugli argomenti più svariati- dal disarmo al
controllo degli armamenti, dalla difesa delle culture e dei beni culturali al
clima, dai diritti dei popoli ai diritti umani- ma tutte votate con
magggioranze consistenti: siamo in un universo dove il voto di Nauru conta come
quello degli Stati uniti e dove non esiste diritto di veto.
Al posto del veto c'è, naturalmente, il diritto di "non aderire"di
cui si sono avvalsi ripetutamente le grandi potenze per ragioni di "interesse
nazionale"e anche quanti si ritenevano in qualche colpiti o minacciati
dalle risoluzioni dell'Assemblea.
Recentemente però le reazioni negative si sono accentuate e allargate,
sull'onda di un disprezzo pregiudiziale nei confronti delle Nazioni unite che
ha a che fare, più che con la razionalità della real politik, con il cinismo
brutale impersonato da Trump.
E' in tale "contesto"che il Parlamento italiano sarà chiamato a
votare, nel prossimo febbraio, sulla adesione dell'Italia al global compact in
materia di migrazioni, confermando o smentendo l'assenso inizialmente espresso
dal nostro Presidente del Consiglio.
Sarà un voto sui principi; ma proprio per questo un vero e proprio
"momento della verità": per il governo, per le forze che lo
sostengono e per la politica italiana.
Cosa dice, infatti, il "global compact": primo che il diritto ad
emigrare è un diritto naturale ( perchè mai, infatti, il diritto di andarsene
da qualche altra parte dovrebbe essere concesso senza limiti ai denari, alle
imprese e alle merci e negato, invece, in linea di principio alle persone);
secondo che la distinzione tra i portatori dei diritto di asilo e ngli
immigrati economici non sta in piedi; terzo che il diritto di limitare/regolare
i flussi rimane un elemento essenziale della sovranità nazionale ma andrebbe
esercitato in un contesto negoziale tra paesi "di partenza" e paesi
"di arrivo".
Nulla di vincolante in tutto questo; nulla che apra la strada ad
"invasioni"di sorta od obblighi a fare o non fare alcunchè.
Semplicemente il richiamo al fatto che africani, asiatici o sudamericani sono
esseri umani e che, come tali sono titolari di diritti.
E allora chi voterà no dovrà assumersene tutte le conseguenze politico-morali;
nè potrà pretendere, in nome diesigenze politiche contingenti solidarietà
automatiche da parte dei suoi alleati di governo. Mentre, a loro volta, i
pentastellati dovranno decidere se essere fedeli ai principi su cui si basa il
loro movimento oppure aderire, per necessità, ad una decisione che criminalizza
non già il clandestino ma l'immigrato in generale sulle orme tracciate da
Trump. All'opposizione, infine, di dare credibilità ad un internazionalismo
talvolta sbandierato più spesso accantonato per ragioni di bottega.
Sarà, per tutti, il momento della verità.