IL GIUSTIZIALISMO STRARIPANTE di Alberto Benzoni da L'Avanti della domenica, 29 gennaio 2012
17 febbraio 2012
Cosa unisce eventi diversi come la bocciatura dei referendum e il salvataggio di Cosentino? Il fatto di essere avvenuti contemporaneamente ma anche la debolezza delle reazioni suscitate, fiacche quanto scontate tanto da scomparire subito dai giornali.
Vent’anni fa, la sinergia tra movimento referendario e movimento giustizialista fu tale da scardinare un sistema che aveva retto il Paese per cinquant’anni; oggi si torna rapidamente all’ordine del giorno. Allora, a promuoverla, c’era una coalizione di magistrati, imprenditori, giornalisti sostenuta da un vasto arco di forze politiche, con la destra in prima fila e il Pd nella veste di “utile idiota”; oggi di questa coalizione non c’è la minima traccia.
Ciò detto movimento referendario e giustizialismo hanno avuto una sorte diversa. Il primo è stato ridotto all’ombra di sé stesso anche per l’evidente malafede dei suoi sostenitori politici mentre il secondo sta dilagando, ma sta diventando totalmente ingestibile.
Vent’anni fa c’erano i buoni e i cattivi. Da una parte la magistratura, simboleggiata da alcuni suoi esponenti eroici e incorrotti, ma anche di riflesso le forze che erano state tenute fuori ai tempi della prima repubblica dai comunisti alla destra vecchia e nuova.
Dall’altra i “politici corrotti” – primo fra tutti Craxi - che allignavano nei partiti di governo. Da una parte gli imprenditori concussi, dall’altra i partiti corrotti e le loro tangenti. E via discorrendo. Insomma si assisteva ad una sorta di Sacra rappresentazione in cui i primi combattevano vittoriosamente i secondi con l’appoggio entusiasta del ‘popolo’.
Oggi, invece, questa rappresentazione non è più possibile per due ragioni: perché non ci sono più personaggi positivi da esibire sulla scena e soprattutto perché nel frattempo gli spettatori si sono fortemente incattiviti.
Nello specifico i buoni non sono e in larga misura sanno di non essere assolutamente credibili e in misura tale da non poter trarre alcun vantaggio dall’assunzione di posizioni populistico - giustizialiste.
Per anni e anni il Pd ha affidato ai giudici il compito di far cadere Berlusconi. Ma sono altri a realizzare questo obbiettivo e su terreni in cui, per inciso, lo stesso Pd fatica a muoversi. Mentre quello giudiziario gli è completamente evaporato dalle mani e in una duplice prospettiva: quella del “lucro cessante” ma, soprattutto, del “danno emergente”.
Cosa sta succedendo? Sta succedendo in primo luogo che, con la marginalizzazione del Cavaliere, i suoi guai giudiziari e le vicende private connesse sembrano improvvisamente interessare molto di meno, quasi fossimo già nel “come eravamo”. Mentre, nel contempo, il fiume giustizialista si è di molto ingrossato, per colpire indistintamente i partiti e i politici in generale, a destra come a sinistra. Insomma, l’arma di cui disponevi non solo non è più a tua disposizione, ma ti si ritorce contro. In un contesto in cui la collera popolare non fa distinzione tra reati e comportamenti discutibili, ma vede negli uni e negli altri la manifestazione del marciume universale.
Così Cosentino doveva essere arrestato non ‘benché’ ma ‘in quanto’ parlamentare e, appunto, in quanto parlamentare è stato oggetto di una solidarietà trasversale da parte dei suoi colleghi.
Ma forse un filino di speranza c’è almeno per la sinistra. Perché oggi il giustizialismo, come un grande fiume vicino allo sbocco, si divide in due direzioni e verso nuovi bersagli, privilegiando sempre più quelli economico-sociali.
Qui siamo, almeno per ora, alla guerra di tutti contro tutti, dove ciascuna categoria è minoritaria nel rapporto con l’opinione pubblica, ma diventa improvvisamente maggioritaria nella sue denuncia delle altre in un meccanismo perverso e distruttivo che trova un momento finale di sintesi nella denuncia della politica, dei partiti e delle istituzioni, come simboli del privilegio.
In questo senso i parlamentari e, più in generale i partiti, vivono una situazione analoga a quella dei nobili e dei vescovi nella Francia della seconda metà del settecento. Allora la gente considerava insopportabile il loro regime privilegiato, ma sostanzialmente perché non corrispondeva più ad alcuna funzione sociale e religiosa, insomma perché nobili e vescovi avevano rinunciato ai loro diretti e ai loro doveri per affluire alla corte di Versailles.
Lo stesso sta accadendo ai parlamentari; la rinuncia alle loro prerogative politiche in cambio di quelle economiche. O almeno così la cosa viene percepita; nessuna voce di protesta per il ridimensionamento del ruolo delle assemblee; voci indignate quando si mettono in discussione i loro guadagni.
Così come stanno le cose l’ondata sta per travolgere tutto e tutti. L’unica nostra speranza è che non si verifichi la saldatura definitiva tra giustizialismo morale e giustizialismo sociale, ma questa è legata alla capacità della sinistra di offrire a quest’ultimo una qualche risposta complessiva e credibile.
Insomma, di riscoprire il suo ruolo storico.