IL GARANTISMO NEI CONFRONTI DEI NEMICI DELLA DEMOCRAZIA: MAFIA E FASCISMO di Francesco Bochicchio

24 luglio 2017

IL GARANTISMO NEI CONFRONTI DEI NEMICI DELLA DEMOCRAZIA: MAFIA E FASCISMO di Francesco Bochicchio

Il problema del garantismo in una democrazia costituzionale è molto delicato: si possono riconoscere e garantire ai nemici della democrazia, in particolare la mafia e il fascismo, le guarentigie e le tutele proprie della democrazia? Il garantismo riconosce i diritti individuali quali intangibili anche dalla maggioranza ed anche dalla potestà accusatoria dello Stato, che è costretta ad arrestarsi innanzi ai diritti, nella loro sostanza e nella necessaria modalità di accertamento probatorio, sostanza e modalità che valgono per tutti, anche per i nemici dello Stato. La grandezza della democrazia è proprio questo di non effettuare discriminazione a carico dei nemici dello Stato. Ma si possono mantenere le stesse conclusioni anche quando i nemici dello Stato sono anche i nemici della democrazia? il discorso è estremamente complesso. La democrazia richiede che lo Stato non  privi i propri nemici degli istituti propri della democrazia, ma se questi sono anche nemici della democrazia, la tolleranza nei loro confronti non è alla fine negazione della democrazia, vale a dire quale rinunzia della stessa a difendersi, con il rischio di soccombere, rischio molto forte come insegnano diverse esperienze storiche?  Ma alla stessa negazione non si arriva anche prendendo la direzione opposta, se la democrazia non è democratica con i propri nemici? Il groviglio sembra inestricabile, ma solo perché non ci si rende conto che la democrazia è assetto statale ma anche insieme di principi: e si tratta di principi del tutto singolari in quanto attengono non solo ai valori ultimi ma anche alle regole. Le regole stanno sul piano dei valori ultimi in quanto i valori ultimi richiedono l’assunzione di determinate regole. Non è una questione di lana caprina. Tutti i valori richiedono regole, ma negli altri casi le regole sono fungibili e sostituibili da altre che assicurano il raggiungimento degli stessi fini-valori, nella democrazia no, solo alcune regole sono essenziali e non fungibili e non sostituibili da altre in quanto si tratta di regole che sono nel contempo anche valori. E i principi non sono sacrificabili, tra cui l’ammissibilità di movimenti antidemocratici fino a quando non abbattano la democrazia, vale a dire fino a quando non violino le regole democratiche: non  si tratta semplicemente di affermare che i movimenti antidemocratici sono ammissibili fino a quando non prendono il sopravvento, il che si rivelerebbe dall’irresistibile umorismo involontario, ma al contrario, di impedire loro sia all’opposizione che al governo di violare le regole democratiche. Non è il mero pericolo, ma la violazione di regole democratiche che è inammissibile. Partiamo dal caso Riina, ancora grande capo della mafia, con la moglie che svolge un ruolo fondamentale nella gestione dell’enorme patrimonio formato in modo illecito e delittuoso: le sue condizioni di salute richiedono, in modo inderogabile  clemenza nella detenzione, per essere precisi non nella detenzione “tout court”, che resta ferma, ma nelle sue modalità: dalla clemenza nelle modalità alla concessione degli  arresti domiciliari che vorrebbe dire nient’altro che la concessione di  mano libera per continuare a delinquere il passo è invalicabile. Una cosa è l’umanità della  pena, essenziale per la  democrazia costituzionale,  altra l’abolizione della stessa pena nel momento in cui l’interessato continua a delinquere: un grande ed importantissimo capo-mafia anche quando in condizioni terminali è in grado di delinquere sempre, organizzando i suoi accoliti e fornendo loro direttive terribili.  Veniamo al caso del neofascismo: la configurazione di reati e di interventi repressivi, anche con nuove norme, in quanto quelle attuali, pur efficaci, sono disattese, è contro la manifestazione di pensiero “tout court”? Se uno si dichiara fascista è innocuo, in quanto esercita diritti ma un movimento fascista, organizzato e tale da fare manifestazioni pubbliche, con intervento su organi politici statali e locali, e con altri episodi apparentemente minimi, tra cui le provocazioni in cimiteri e l’esaltazione di Franco Freda, riconosciuto colpevole della Strage di Piazza Fontana del ’69 ma non più punibile, manifesta solo il proprio pensiero o incide in modo intimidatorio sulla democrazia? Un gruppo  che intimidisce e propone il fascismo è antidemocratico e prospetta il sovvertimento della democrazia, si limita a manifestare le proprie idee o fa un qualcosa di più? La peculiarità del fascismo, che lo rende irriducibile  rispetto ad altri movimenti anti-democratici o parzialmente tali quali quelli passati di natura comunista, è rappresentato dall’eversione, vale a dire dalla capacità di agire in modo occulto, in collusione con forze statali inquinate e con gruppi di pressione non trasparenti. L’intimidazione è la punta di un’”iceberg” veramente inquietante: ma ciò non  può indurre a trascurare che si è nella maggior parte dei casi ancora sul piano della manifestazione del pensiero e del diritto di associazione: ciò salvo il caso di interruzione di manifestazioni politiche statali e regionali e salvo i casi di interventi non autorizzati o comunque di per sé illeciti. Pertanto, il vero modo di evitare il pericolo fascista è non di vietare sue manifestazioni apparentemente lecite, ma di verificare che lo siano veramente, e così di approntare tutti gli strumenti di verifica e di prevenzione.  

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