IL FUTURO DELLA DESTRA, di Ernesto Galli Della Loggia, da il Corriere della Sera del 12 dicembre 2010
23 dicembre 2010
Dopo il voto di fiducia ottenuto oggi da Berlusconi, vi consigliamo di leggere l’articolo di Ernesto Galli della Loggia, di tre giorni fa.
Se martedì prossimo il governo otterrà la fiducia nelle due Camere sarà difficile non riconoscere in ciò un indubbio successo di Berlusconi: un successo della leadership, della determinazione e della coriacea personalità del presidente del Consiglio. Ma anche quel successo non potrà cancellare un dato ormai acquisito: la grande promessa/scommessa berlusconiana è fallita. Berlusconi può durare tutto il tempo che si vuole, anche fino alla fine della legislatura, ma è impossibile non prendere atto che delle grandi novità che la sua discesa in campo sembrò annunciare quindici anni fa, oggi non rimane pressoché nulla. Al centro di quella promessa/scommessa c'era, infatti, molto di più che il puro e semplice impegno (questo sì senz'altro mantenuto) di sbarrare il passo alla sinistra. C'era l'idea che quello che allora nasceva, nel quadro di un bipolarismo finalmente conquistato, doveva essere, sarebbe stata, una destra liberale adeguata ai tempi (quindi liberista ma con giudizio, per esempio solidarista ma decisamente anticorporativa), pregna degli umori della società civile ma dotata di senso delle istituzioni, capace di esprimere un'adeguata cultura e capacità di governo. Non è andata così, invece. Berlusconi non è stato capace di dare vita a nulla di tutto questo. Così come non è stato capace di farlo quella tradizione politica alimentata nelle file del Msi prima e di An poi, e di cui Gianfranco Fini è stato finora il massimo rappresentante. Tradizione che messa con la vittoria di Alemanno nella condizione unica di reggere le sorti della capitale del Paese, sta dando la prova d'inettitudine e di malgoverno che è sotto gli occhi di tutti. In questi quindici anni, dunque, la destra plasmata e guidata da Berlusconi ha dimostrato di essere in grado di vincere le elezioni, ma non di radicare nella società una stabile struttura di rappresentanza degli interessi, di darsi le sedi dove elaborare una discussione programmatica, darsi un volto e formare dei quadri propri, insomma di fondare una vera cultura politica e un vero partito. Il che significa che anche le sue possibilità di vittoria elettorale presumibilmente diminuiranno di molto il giorno in cui il Cavaliere abbandonerà la scena. Quando ciò accadrà, quando tramonterà la sua stella, il sistema politico italiano minaccerà di ritornare così a quello squilibrio che, a pensarci bene, dura niente di meno che dai giorni immediatamente successivi alla Prima guerra mondiale. E cioè alla mancanza sulla destra di un moderno e grande partito di orientamento liberal-conservatore fedele alle istituzioni parlamentari, che raccolga i voti della vasta area d'ispirazione moderata, o come altro voglia dirsi, che comunque non si riconosce nella sinistra. In questo vuoto s'infilò e vinse a suo tempo il fascismo. Su questo vuoto, dopo il 1945, stabilì la sua egemonia la Democrazia cristiana costruendovi gran parte delle sue fortune politiche. Con il declino del berlusconismo quel vuoto ora si sta per manifestare nuovamente, e ne è segno inequivocabile l'infittirsi del lavorio centrista intorno al progetto di un «terzo polo» al quale sembra aderire anche Fini.
Progetto che ha come base e premessa necessaria la cancellazione di qualunque maggioritario e l'adozione di un sistema proporzionale che serva, tra l'altro, a sterilizzare la forza della Lega relegando il Carroccio isolato a destra, nello stesso ruolo marginale che nella Prima Repubblica aveva il Movimento sociale.
L'esito ineluttabilmente centrista-proporzionalistico del fallimento di Berlusconi potrebbe essere contrastato, mi pare, solo da un'iniziativa che partisse dall'interno del Pdl. Con l'obiettivo per l'appunto di guardare e di andare oltre Berlusconi. Un'iniziativa capace di immaginare una destra conservatrice su certi temi ma liberale su altri, anticorporativa, non bigotta ma radicata nell'ethos giudaico-cristiano, antigiustizialista ma fermissima nella legalità, plurale, e magari capace di accorpare con spregiudicatezza anche forze e tradizioni politiche come i radicali o spezzoni del mondo ecologista, oggi apparentemente incongrue ma, io credo solo apparentemente (si ricordi la definizione di Pannella data da Montanelli come «uno dei nostri»). Un'iniziativa che almeno oggi come oggi, però, fa a pugni con la quiete cimiteriale che regna nel Pdl, con il sorprendente mutismo che distingue tutti i suoi esponenti. Se le cose continueranno così, l'autocancellazione politica del Popolo della libertà condurrà inevitabilmente, come dicevo sopra, alla vittoria del progetto centrista neo-democristiano sulle rovine del berlusconismo. Una vittoria neo-democristiana ma questa volta senza neppure quella grande cosa che dopotutto fu la Dc.