IL DEBITO PUBBLICO di Francesco Bochicchio del 14 luglio 2019
14 luglio 2019
Savona, da Presidente della Consob, ha sostenuto che un debito pubblico alto, financo al 200% (del Pil), è sostenibile soprattutto alla luce della presenza di un alto livello sia di risparmi sia di esportazioni.
Secondo tale ricostruzione, il debito pubblico, anche se estremamente alto, non è eccessivo se inserito in una forte politica economica.
Ma tale situazione non si rivela idonea a comportare un’incisione sulle cause strutturali del debito pubblico: l’elemento giustamente evidenziato da Savona, della mancanza di un disavanzo in conto capitale, con la conseguenza che il debito pubblico ha raggiunto l’alta vetta attuale ed è alimentato solo da interessi, è lungi dal poter essere un fattore decisivo, in quanto la politica economica –quale lucidamente disegnata da Savona- può ridurre il peso degli interessi ma sempre fino ad un certo punto.
Il vero è che il debito pubblico, proprio per la sua consistenza e per la sua struttura, è in mano alla finanza d’affari internazionale che così determina anche la politica economica statale.
La ripresa della politica economica statale, lucidamente prospettata da Savona, deve sempre fare i conti con la finanza d’affari internazionale: si tratterebbe di una cogestione in cui il ruolo determinante sarebbe della stessa finanza d’affari internazionale.
L’unica via per uscire da questo circolo vizioso è quello di spostare la direzione del debito pubblico statale dalla grande finanza d’affari internazionale al sistema bancario interno -annullando la sciagurata separazione tra Banca e d’Italia e Tesoro dell’81-.
Non si può trascurare che debito pubblico, inflazione e coinvolgimento del sistema finanziario sono di loro strettamente ed anzi indissolubilmente collegati.
Il basso costo del denaro penalizza i creditori: contrariamente a quanto illusoriamente si pensa, anche a sinistra, il sostegno dei debitori contro i creditori non è una forma di tutela dei soggetti deboli contro i forti, ma all’esatto contrario è la via per spingere i creditori ad orientarsi verso la speculazione.
Siamo in un sistema capitalistico: il capitale è in mano ai creditori, e quindi o si riesce a condizionarli oppure ci si fa condizionare da loro.
L’autosufficienza economica dello Stato sussiste solo se la politica economica interna è dotata di forza. Stato e settore creditizio interno sono in via indefettibile complementari o in senso virtuoso od in senso vizioso che conduce al disastro attuale: se, al contrario, il secondo è forte ed è non speculativo e quindi autonomo dalla grande finanza d’affari internazionale, la politica economica diventa sovrana: ma, sia ben chiaro, è un sovranismo pubblico che non è nazionalista in quanto richiede poi un coordinamento sovranazionale vero e non fittizio come invece quello dell’Europa, altrimenti la sovranità è della grande finanza internazionale.
La politica monetaria grandiosa della BCE di Draghi è stata salutare ma senza mettere in discussione il ruolo dominante della grande finanza d’affari internazionale, E’ pertanto, pur nella sua straordinaria natura meritoria -giustamente di recente enfatizzata su “Milano Finanza” da Emilio Girino, acuto e sapiente avvocato milanese, grande amico dello scrivente, pur con una diversa impostazione in ordine ai limiti di tale straordinaria politica economica -, più arretrata dell’impostazione di Savona
L’impostazione di Savona non a caso si completa con la previsione dell’emissione di titolo europeo privo di rischio (“safe asset”), come è di fatto (solo) il “Bund” tedesco (che non regge più la concorrenza con i “Treasury Bill” ed i “Bond” Americani), in modo da azzerare la differenza tra i conti pubblici della Germania e dei Paesi deboli, a cui favore sarebbero destinate le somme raccolte con il titolo. E’ una proposta provocatoria, che mette a nudo l’inesistenza dell’Europa: l’Italia è stata messa in ginocchio dalla separazione tra Banca d’Italia e Tesoro e dall’adesione all’Europa nel contesto che poi ha portato a queste condizioni rovinose, come all’epoca segnalato da Paolo Savona in polemica con il suo maestro Guido Carli. Questa proposta provocatoria può diventare costruttiva se si realizza il sovranismo non nazionalista sopra visto, che richiede poi un vero coordinamento sovranazionale. Savona si è staccato dall’impostazione dominante e lancia provocazioni che vengono erroneamente lette come adesione al populismo, attualmente diviso tra il nazionalismo della Lega e la protesta senza costrutto dei 5Stelle. Il vero è che Savona non ha ancora compiuto il passaggio ad un’impostazione di riformismo socialista antiliberista, l’unica che può dare sostanza al populismo non nazionalista dei 5Stelle: è in mezzo al guado, ma non è una situazione negativa. Come ammonivano i latini, “oportet ut scandala eveniant”.
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