IL COSTO DELL'INCERTEZZA. Da "Le ragioni del Socialismo" Novembre 2004.

10 novembre 2004

IL COSTO DELL'INCERTEZZA. Da

Il centrosinistra, allargato a Rifondazione Comunista, ha rinnovato la sua fiducia a Prodi, il quale ha battezzato la coalizione, che si candida a governare il paese, Grande Alleanza Democratica (GAD). Non c'è dubbio che, rispetto al passato, c'è una novità (non penso certo alla candidatura di Prodi), ed è rilevante: Rifondazione Comunista è parte organica della coalizione. Ma c'è di più: per la prima volta il partito di Bertinotti, che si è fatto più flessibile, ha stabilito un rapporto politico, ma anche programmatico (e non solo sul ritiro del contingente italiano dall'Irak) con una parte dei Ds e costituisce un polo di attrazione e di coagulo di tutti i gruppi radicali collocati nell'area tradizionale di centrosinistra e anche fuori da quell'area. Non è un caso che, alle scorse elezioni, Aldo Tortorella, che aveva guidato l'ala sinistra del Ds, abbia dichiarato di votare per Bertinotti. E non è un caso che Piero Sansonetti sia transitato dall'Unità a Liberazione, senza che egli e i direttori del quotidiano fondato da Antonio Gramsci l'avvertissero come "rottura", ma come una promozione sul campo. Meritata, auguri a Piero! Ma il fatto politico va rilevato. Un rapporto analogo non c'è fra i partiti che dovrebbero dare vita alla Federazione riformista. Voglio dire che a sinistra del centrosinistra è andato avanti un processo politico unificante, cosa che non si è verificata sull'altro versante, anche se si è fatta la lista unica di Prodi. Adesso, dopo il lancio della GAD, la prospettiva del partito riformista si è rafforzata o indebolita? Alcuni nostri amici riformisti dicono "sì, si è rafforzata". Ma la mozione congressuale, presentata dal segretario dei Ds, ripropone la "Federazione riformista" ma non parla più di un partito. Una Federazione -scrive Fassino - che "non annulli le identità dei partiti, ma le faccia incontrare e da essi tragga forza per un progetto comune". E poi aggiunge: "un processo federativo promosso insieme a Romano Prodi, da Ds, Margherita, Sdi e Repubblicani europei, aperto all'adesione di liste civiche di centrosinistra e di sindaci, associazione e movimenti, soggetti culturali e sociali". Quel che si delinea, quindi, non è un soggetto politico con una identità, ma una coalizione riformista, con caratteri prevalentemente elettorali, all'interno della "Grande Alleanza Democratica". La scelta Fassino tiene conto di due fatti: l'orientamento della Margherita di mantenere una propria identità, e la preoccupazione di non tirare la corda sino a rompere con la sinistra Ds. La quale, come abbiamo detto, sui contenuti programmatici e le scelte culturali e ideali (per quel tanto che ci sono) è più vicino a R.C. che alla Margherita. Se la corda si rompe, quella sinistra ha già una casa. Un altro nodo non sciolto è quello che attiene a quell'insieme di temi e valori che sono emersi col caso Buttiglione. Il quale li ha posti in forme tali da essere censurato anche dai deputati europei della Margherita che aderiscono al gruppo liberal-democratico. Ma sarebbe un'ipocrisia non vedere come, su questi temi, non ci sarebbe certo una base comune nella Federazione riformista. Insomma, perché ancora oggi solleviamo questi problemi? Noi siamo stati fautori di un processo politico di unificazione delle forze riformiste: se non ci sarà un grande partito di centrosinistra, il maggioritario non reggerà. Ma per l'unificazione non basta una legge elettorale. E allora occorre riflettere e spiegare perché, dopo la prova elettorale della lista unitaria, che conseguì un successo relativo, ma un successo, il processo unitario non sia andato avanti, ma indietro. Noi abbiamo cercato di farlo. Ma non ci pare che vi sia un impegno in questo senso nelle forze che dicono di volere il partito riformista. Alla vigilia delle elezioni regionali, quel che conta è l'allargamento dello schieramento, e vincere un confronto che, per molti versi, condiziona il futuro. Ma proprio questa vigilia, e la difficoltà, tutta politica, di presentare in tutte le regioni liste unitarie, conferma i nostri dubbi sul futuro della Federazione. La Margherita vuole fare liste separate là dove prevede un risultato negativo per il suo partito, e liste unitarie dove prevede successo. I dirigenti Ds delle "regioni rosse" hanno detto: liste unitarie in tutte le regioni o in nessuna. Noi ci auguriamo che in ogni caso il centro-sinistra abbia un successo. Ma è chiaro che, se ci saranno liste separate, si vinca o si perda, la prospettiva del partito riformista è seppellita. Ed è questa la ragione per cui torniamo a dire che l'incertezza della prospettiva non fa andare avanti nessun progetto: né quello del partito unitario riformista, né quello di un più grande partito che unifichi tutte le forze che si riconoscono nel socialismo europeo.

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