IL CASO DEYFRUS, UN RICORDO STORICO CHE INVESTE ANCHE IL RUOLO DEL MOVIMENTO SOCIALISTA. di Angeli Alberto 2 gennaio 2023
02 gennaio 2023
Il 13 gennaio 1898 – 13 gennaio 2023, dopo 125 anni è giusto ricordare il caso dell’Ufficiale francese, ebreo, Alfred Deyfrus, processato per alto tradimento e condannato, nonostante la palese falsità dei documenti e dei testimoni. Si trattò di una feroce ingiustizia antisemita che divise a metà la società Francese alla fine del diciannovesimo secolo. L'opinione pubblica si divise in due schieramenti: i dreyfusards e gli antidreyfusards. I primi, intellettuali, politici, e tutti coloro che consideravano l'affaire un clamoroso caso di antisemitismo, di razzismo e di nazionalismo cieco; i secondi erano, al contrario, nazionalisti, antisemiti e militari. Fu in questo mese, del 13 gennaio 1898, che il romanziere Emile Zola espresse la propria contrarietà che determinò, con la sua lettera pubblicata sulla stampa, il giornale l’Aurore, una forte reazione popolare che indusse il potere ad una revisione del processo, che si concluse con la riabilitazione dell’Ufficiale ebreo. Per un socialista è importante ricordare l’avvenimento del 24 dicembre 1894, giorno che segnò la condanna di Deyfrus al carcere a vita da scontare su uno scoglio chiamato l’isola del Diavolo.
La vicenda giudiziaria si svolse in un periodo di gravi tensioni e pericolose derive del nazionalismo e del revanchismo – un sentimento antitedesco di rivincita e rivalsa – che contrassegnavano la vita politica francese negli anni successivi alla guerra franco-prussiana e alla battaglia di Sedan che, avvenuta nell’estate del 1870, segnò una netta vittoria della Germania a danno dell’esercito francese. Negli anni seguenti, le classi dirigenti in difficoltà cercano capri espiatori. E la condanna dell'ufficiale dell'esercito Capitano Alfred Dreyfus, per spionaggio nel 1894, fu perfetta per l'élite in crisi ai vertici della società francese. Dreyfus era un ebreo e diffamato come rappresentante di "stranieri" che minano tutto ciò che è nobile in Francia. Riconosciuto colpevole da una corte marziale segreta, di aver venduto segreti militari alla Germania, il tribunale lo condanna all'ergastolo. Poiché non voleva ammettere la sua colpa, Dreyfus fu mandato nella colonia penale di Devil's Island in Sud America. Le autorità avevano ripulito velocemente una roccia arida lunga 3200 mt e larga circa 500 mt, e ripristinata una vecchia capanna di pietra per ospitare il condannato e, a turno, alloggiare la ridotta sorveglianza del prigioniero.
Non c'è da stupirsi della rivelazione, scriveva la stampa borghese e guerrafondaia e razzista, se la Germania aveva sconfitto la Francia in una recente guerra, quando i traditori erano al centro dello stato. La vicenda fu allora utilizzata per unire l’opinione ben pensante contro un nemico esterno e minare così ulteriormente la memoria della rivolta operaia della Comune di Parigi del 1871. Quasi nessuno dubitava della condanna, data la forza della borghesia economica e del potere militare, rispetto a quella della classe operaia ed emarginata socialmente e economicamente. Ma tutte le prove contro Dreyfus erano un falso, e gradualmente la sua famiglia e poi una cerchia più ampia di sostenitori iniziarono a minare il resoconto ufficiale. Sezioni della sinistra e alcuni liberali e intellettuali progressisti ripreso il caso di Dreyfus, aprendo un duro scontro contro gli elementi corrotti della società, i quali, a loro volta, si organizzarono utilizzando tutti i mezzi per dimostrare che Dreyfus era colpevole e per diffamare i suoi sostenitori come feccia antipatriottica.
La destra non perdeva occasione per affermare che dietro le richieste di liberazione di Dreyfus ci fosse un movimento clandestino composto da ebrei, socialisti e stranieri. Un movimento che, presumibilmente, mirava ad alimentare sfiducia di rilevanti parti del popolo contro l'esercito, indebolendone il prestigio e con la riapertura del processo svelare i segreti e, una volta assolto, aprire così le porte al nemico tedesco. La questione dominò la vita politica per due anni, dall'estate del 1897 all'estate del 1899. Leon Blum , poi primo ministro socialista, scrisse che fu una "vera guerra civile" e "una crisi umana non meno violenta della Rivoluzione francese".
Il 13 gennaio 1898, il romanziere Emile Zola , uno degli scrittori più tradotti al mondo, pubblicò un articolo di 4.000 parole intitolato "J'Accuse" (Io accuso) sul quotidiano liberale L'Aurore. Il giornale vendette circa 300.000 copie, anche se molte furono acquistate e bruciate dai sostenitori dell'esercito. Nella lettera aperta Zola con audacia rivolse accuse precise a tante personalità influenti, indicandole per nome, così da costringerle a denunciarlo per diffamazione, mettendo in atto le premesse per una revisione pubblica del caso. Al proposito scriveva: “Accuso il generale Billot di aver avuto tra le mani le prove certe dell'innocenza di Dreyfus e di averle nascoste per motivi politici e per salvare la faccia dello stato maggiore. “Accuso il generale Boisdeffre e il generale Gonse di essersi resi complici dello stesso delitto, il primo senza dubbio per i suoi pregiudizi religiosi, l'altro forse per quello spirito di corpo che mira a fare del ministero della guerra un santuario che non deve essere attaccato”. Questi i colpevoli indicati da Zola i quali esprimevano la loro: “ossessione dello 'sporco ebreo' che è la piaga del nostro tempo”. Il caso si trasformò presto in un affare internazionale. Il contraccolpo fu così feroce che Zola fu rapidamente condannato per diffamazione criminale e dovette fuggire in Inghilterra per sfuggire alla prigione.
Ma le cose non se fermarono. Un grande movimento sociale, la Lega per i diritti dell'uomo, organizzò riunioni pubbliche in tutto il paese e milioni di firme furono raccolte per una petizione di massa per il rilascio di Dreyfus. La pressione di una crescente campagna condotta con grandi manifestazioni per le strade di tante città, costrinse a istituire una seconda Corte marziale alla fine del 1899, che vide Dreyfus ricondotto in Patria, lasciando per sempre la prigione sull'isola. Il secondo processo clamorosamente confermò la pena inflitta nel primo processo, perché il pensiero di ammettere l’ innocenza di Deyfus era troppo destabilizzante per i militari e il governo. Tuttavia, per fermare la diffusa reazione del popolo, il presidente della Repubblica esercitò il potere di Grazia per perdonare Dreyfus. Sono trascorsi molti anni e il nome di Dreyfus sembra caduto nell’oblio, completamente cancellato della memoria della sinistra Francese e di quella Europea.
Jules Guesde, fondatore del primo partito socialista e della diffusione del Marxismo in Francia( con Marx collaborò per la preparazione di un programma rivoluzionario e il suo slogan fu “Costruire il socialismo e nient'altro che il socialismo”), scrisse, all’epoca, che la vicenda fu uno scontro tra gli elementi dominanti della Borghesia, del capitale e dell’esercito, e che i socialisti dovevano lottare per smascherare l’ordito di questa trama politica che aveva un obiettivo preciso, mantenere il dominio militare/borghese. D’altro canto si trattava della stessa classe capeggiata dalle stesse figure centrali che furono parte di quell’ esercito che aveva schiacciato la Comune. All’popca, anche un altro eminente socialista, Jean Jaures, sosteneva “che i lavoratori devono occuparsi di tutte le questioni della democrazia”. Aggiungendo: «Chi è più minacciato oggi dalle azioni arbitrarie dei generali, dalla glorificata violenza delle repressioni militari? Chi? Il proletariato”. Jaures era legato alla rivoluzionaria polacco-tedesca Rosa Luxemburg , che in uno dei suoi primi lavori, scrisse al proposito del caso Deyfrus: "Il principio della lotta di classe impone l'intervento attivo del proletariato in tutti i conflitti politici e sociali di qualsiasi importanza che si svolgono all'interno della borghesia". Questo per fatto, prosegue la Luxemburg , che la vicenda ha coinvolto "militarismo, sciovinismo-nazionalismo, antisemitismo e clericalismo” e che sarebbe “totalmente incomprensibile non entrare in lotta con questi nemici”, poichè "Il nemico della classe operaia, il militarismo, era completamente esposto ed era necessario dirigere tutte le lance contro di esso".
Nello stesso scritto sostiene anche che i socialisti “devono affrontare l'agitazione attorno a Dreyfus come una lotta di classe chiaramente caratterizzata che la differenzia dalle altre fazioni del movimento". Jaures e Luxemburg avevano ragione a dire che” i rivoluzionari devono essere tribuni degli oppressi piuttosto che semplici osservatori. L'oppressione distrugge vite ma è anche un coltello alla gola dell'unità della classe operaia”.
Ma questa non era la fine del dibattito socialista sul caso Dreyfus. Meno di un anno dopo la pubblicazione di J'accuse, il primo ministro conservatore offrì un posto di ministro di gabinetto a uno dei sostenitori socialisti di Jaures, Alexandre Millerand. Aveva deciso che questo era il modo migliore per porre fine alla vicenda e ampliare il sostegno al suo nuovo governo. Millerand avrebbe dovuto fare da “bilancia” per la nomina del generale Gallifet, carnefice della Comune, a ministro della guerra. Fu il primo esempio di un socialista che si unì a un governo apertamente capitalista, che, ancora una volta, divise nettamente la sinistra. Jaures difese la mossa come un logico seguito all'affare Dreyfus e come una fase di transizione del governo congiunto capitalista-operaio.
Ma la Luxemburg manifestò la sua contrarietà alla scelta di Jaures , scrivendo:” che il ruolo di classe di un governo non è cambiato a causa di un rimescolamento di personalità”, per cui: "l'ingresso di un socialista in un governo borghese non è, come si pensa, una conquista parziale dello stato borghese da parte dei socialisti, ma una conquista parziale del partito socialista da parte dello stato borghese". Fu un primo segno di argomenti che avrebbero attraversato i partiti socialdemocratici, di tipo laburista, sulla rivoluzione e le riforme nel corso della storia. Quasi tutti si adattarono allo stato borghese e, nel 1914, allo scoppio della guerra mondiale , si unirono alla propria classe dirigente per sostenere il massacro dei lavoratori di altri paesi. Gli avvertimenti della Luxemburg su Millerand erano del tutto corretti. Il governo a cui si unì si rifiutò di perseguire coloro che avevano messo in prigione Dreyfus. Millerand diede ai responsabili di quelle trame una copertura e una riabilitazione a scapito del movimento socialista. L’abbandono della rivendicazione di fare giustizia fu il prezzo pagato per restare nel governo e minare l’affidabilità del socialismo rivoluzionario.
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