IL 25 GIUGNO VOTIAMO NO - del Prof. Aldo Ferrara
12 giugno 2006
Per quanto l'argomento "riforme" sia più da addetti ai lavori, costituzionalisti, fini giuristi etc., è tale l'importanza del problema che non possiamo permettere che il dibattito su questo tema muoia prima di cominciare e l'epilogo è assai vicino. Più di un milione di firme raccolte vogliono e gridano che la Costituzione non venga stravolta con un provvedimento che la lacera in più punti. Ed i punti in sintesi sono due: i poteri del Premier e la funziona pubblica dello Stato affidata alle Regioni.
Il primo punto, come dice Giovanni Sartori, sempre acuto e sintetico, prevede non una Repubblica presidenziale, con un Presidente votato dai
cittadini-elettori, vedi la Francia, bensì un Paese con una sorta di Caudillo, dotato di pieni poteri, sperando che abbia anche quelli intellettuali. Sarebbe dotato di potere di dimissionare i suoi stessi ministri e capace di mandare a casa le Camere ma soprattutto insensibile al richiamo del Capo dello Stato e soprattutto del Parlamento. Affidare la nostra democrazia parlamentare ad un solo uomo al comando, significherebbe pregiudicare la nostra capacità di evolvere verso una democrazia dell'alternanza, pregio di tutte le democrazie europee e traguardo che stiamo faticosamente raggiungendo.
Il secondo punto è la qualità di Stato: un conto è lo Stato che controlla e verifica l'offerta dei servizi indispensabili (sanità, scuola, sicurezza che sono quelli da devolvere alle regioni) un conto è lo Stato privato di queste prerogative di controllo, affidate a potentati locali. Ci si avvierebbe verso una condizione di sussidarietà permanente con la perdita assoluta dei poteri di controllo. Basti vedere quello che succede in Lombardia con una sanità tendenzialmente in via di concessione al privato od in parte privatizzata ma che comunque impegna 1'86% del PIL lombardo creando così due risultati: carico della spesa erariale ed aumento di quella privata. Il cittadino lombardo paga la sanità quattro volte: con imposte dirette, con imposte indirette, con aumento della spesa privata (farmaceutica, ticket) e con la necessità di dover ricorrere alle cure specialistiche private quando le liste d'attesa impediscono un ricorso sanitario provvidenziale.
Privatizzare sanità, scuola e sicurezza sociale significa vendere o svendere quello che i nostri padri hanno faticosamente costruito in termini di previdenza per il futuro ed in pratica cassare anche le certezze per il futuro dei nostri giovani.
Si vuole in pratica sostituire la certezza delle regole per quel liberismo che in definitiva altro non è che libero arbitrio e quindi Far-West. Non possiamo consentirlo né per l'art.21 della Costituzione che garantisce la libertà di comunicazione (la legge Gasparri è obiettivamente liberticida), né per l'art. 11 che ripudia la guerra ( l'Italia combatte in numerosi fronti di guerra spacciati per umanitari) né per l'Art.32 che sancisce il ruolo dello Stato sul diritto alla salute per tutti nessuno escluso, povero o ricco che sia. Con questi provvedimenti su sanità e scuola si vuole operare un percorso politico ben preciso: dividere la società in una forbice perversa che preveda un ancestrale ritorno al passato: la società dei ricchi che possono curarsi e sopravvivere meglio e possono studiare di più, recarsi all' estero etc. Il solito metodo di Robin Hood alla rovescia. La Costituzione nata dalla Resistenza antifascista chiede un "no" secco giorno 25 giugno, salvo che il Governo non decida di porre rimedio subito con un decreto ad hoc.