I TRE POLI CHE CI ASPETTANO, di Massimo Cacciari, da l'Espresso del 12 novembre 2010
10 dicembre 2010
Tutto si è messo in moto e i nuovi "poli" potranno dar vita a una coalizione liberal-democratica solo se si apriranno a imprese, nuove professioni, precari.
Unica buona novella: tutto davvero si è rimesso in moto - come, dove, con chi, tutti ne parlano e nessuno lo sa. Riusciranno Tremonti-Bossi a compiere le loro Idi di marzo, pensionare Berlusconi e ottenere da Napolitano l'incarico per formare un governo para-tecnico, in cui reimbarcare il "traditore" Fini e provarci anche con Casini? Per quanto fanta-politica, non mi sembra possano esservi altre possibilità di continuare la legislatura. Il gioco del cerino è già durato anche troppo e finirebbe col danneggiare entrambi gli attuali duellanti. Ma soprattutto la Lega non potrebbe più a lungo tollerarlo senza perdere consensi. E ragioniamo, allora, di alternative politiche alla fine della seconda Repubblica.
Fini può diventare il centro di attrazione e di coagulo di parte davvero rilevante di interessi e di ceti che avevano puntato sul Pdl? O il suo movimento rappresenta sostanzialmente, nella sua base reale, materiale, la tradizione di Alleanza nazionale e per certi versi, prima ancora, addirittura della Fiamma tricolore? I partiti politici non si identificano con le idee del "capo", tanto meno con i desideri delle loro nomenklature, neppure nei regimi autoritari - figuriamoci nel casino nostrano. Arduo, comunque, pensare a un "polo", alternativo a ciò che residuerà da Pdl e Lega, da un lato, ma anche concorrente col Pd, dall'altro, che si strutturi intorno alla figura del presidente della Camera.
Ma discorso analogo vale per Casini. Casini e Rutelli possono aggregare settori significativi dell'area cattolica e liberale, oggi dispersi tra Pdl e Pd - ma come combinarli con la base materiale, ripeto, di Futuro e libertà, non tanto con la cultura politica maturata dal suo leader? L'handicap più grave che questo "polo", tutto ancora in mente Dei, sembra costituito da due elementi complementari: l'essere formato da "puri" esponenti di ceto politico-partitico, e caratterizzato da una immagine di marcata nostalgia per la prima Repubblica. Questa immagine non rende affatto piena giustizia del difficile e anche generoso percorso che i tre politici sopra citati hanno compiuto negli anni, ma ciò nonostante è reale, diffusa e radicata, soprattutto nei movimenti che essi cercano di rappresentare (con l'eccezione, forse, di Api). Controbatterla e superarla è vitale per costruire un'alternativa costituente, come a me piace dire, alla fine del berlusconismo e del bipolarismo all'italiana.
Un soggetto politico nuovo può nascere solo dalla consapevolezza che qualsiasi "stato dei partiti" da prima Repubblica, qualsiasi centralismo burocratico-politico sia nei partiti che nelle istituzioni, qualsiasi "parlamentarismo" bloccante, magari fondato su sistemi elettorali assolutamente proporzionalistici, condannerebbero questo Paese ad aggravare la propria decadenza. Certo, l'esaltazione delle virtù taumaturgiche del "nuovo" non rappresenta che l'altra faccia della nostalgia.
Sarebbe bello, anzi, finirla con le retoriche "futuriste". Tutti a rincorrere questo "futuro"...
Sarebbe bello che la politica ci indicasse, invece, qualche praticabile via per vivere decentemente il breve presente che ci è concesso, senza nostalgie o rimpianti e senza più o meno cieche speranze. L'ansia di futuro mistifica sempre le difficoltà di affrontare realisticamente, programmaticamente, responsabilmente la situazione data. Filosofia dolorosa, ma vera: partire dall'effettuale, conoscerlo e capire che cosa da esso si può costruire, non sognare. Finita è la gamma del possibile, infinita quella dei sogni.
Potranno, insomma, formarsi soggetti politici, siano o no "poli", dal disfacimento dei due "grandi" partiti attuali, capaci di passare dal "rottamare" o dalla "nostalgia" a quel programma e a quella coalizione di governo autenticamente liberal-democratici, sempre falliti in questo ventennio? Forse - ma soltanto, temo, se agli attuali protagonisti se ne aggiungeranno altri, provenienti da quei settori della società civile che soffrono in prima fila della nostra eterna crisi-transizione: imprese, nuove professioni, ricerca, precariato di massa giovanile. Senza questa "base" nessun nuovo partito, nessuna coalizione, nessun governo si reggerà nel "famoso" Futuro.