I SOCIALISTI VERSO IL CONGRESSO, PER UNA NUOVA INIZIATIVA POLITICA di Roberto Biscardini
09 ottobre 2013
Il prossimo congresso del PSI deve essere un congresso straordinario.
- Perché deve essere profondamente rinnovata la linea politica che, sotto la guida di Riccardo Nencini, rivolta alla pura e semplice sopravvivenza del marchio, a fini esclusivamente personali, ci ha portato all’attuale declino. Senza una politica autonoma, senza chiarezza negli obiettivi, senza identità, il PSI ha finito per non esistere più agli occhi degli altri. Ad essere un partito senza personalità. E questa involuzione ha segnato non solo la nostra percezione esterna, ma anche la nostra vita interna. Sempre meno compagni, sempre meno sezioni, sempre minore solidarietà, sempre minore capacità di reagire.
- Perché il PSI e i socialisti, soprattutto in questo particolare momento politico, possono ancora svolgere un ruolo decisivo, affinché si affermi nella sinistra italiana una cultura socialista oggi assente. Unica condizione per rendere credibile in futuro il successo della sinistra. E affinché siano praticabili profonde riforme di tipo socialdemocratico sul piano istituzionale, economico e sociale.
- Perché il PSI attraverso il ricambio della sua guida politica, responsabile di non aver voluto difendere né l’identità né la prospettiva, può e deve ritrovare le forze e le energie per crescere nei consensi e in peso politico. Un’iniziativa che deve partire soprattutto dal basso, dai territori, scevra da incrostazioni di vecchio gruppo dirigente con l’obiettivo principale di difendere il popolo socialista che ancora è rimasto, richiamare quello che si è chiamato fuori ed essere punto di riferimento per quello nuovo. L’obiettivo è darsi un nuovo e grande progetto. Basta vivere nei marosi della Seconda repubblica, facendo quel che si può e ciò che è stato possibile fare. Adesso bisogna uscire dal presente e costruire il futuro socialista della sinistra italiana.
Costruire con i socialisti, con una politica profondamente riformatrice da perfezionare, con battaglie forti da perseguire, una nuova fase democratica che rifiuta lo status quo e nella quale la cultura socialista sia l’espressione più forte di una possibile alternativa al centro e alla destra. Secondo un vecchio schema che ancora non è venuto meno: senza la cultura socialista la sinistra non vince e non produce riforme efficaci.
Sulla base di questi tre punti si può avviare una fase straordinaria della vita dei socialisti italiani nella consapevolezza che il nostro compito e quello delle future generazioni non è più quello della sopravvivenza di un partito socialista dello 0,5 per cento in attesa di tempi migliori, ma è quello di essere protagonista di una “svolta radicale”, di una vera e propria “rigenerazione” che partendo da zero possa costruire da subito una grande realtà politica con chi ci sta e con chi ci crede.
Per questo, quando alcuni di noi per primi, e poi questa consapevolezza si è allargata fino a diventare coscienza maggioritaria, abbiamo chiesto al segretario nazionale di fare un passo indietro per consentire al partito ed agli iscritti, di dar vita ad un nuovo corso. Non l’abbiamo fatto per sostituire un nome con un altro e un segretario con un altro. No, l’abbiamo fatto nella consapevolezza della gravità della crisi, nella consapevolezza che la figura dell’attuale segretario non sia più in grado di garantire una prospettiva di crescita unitaria del PSI, nella consapevolezza che per crescere occorra avviare una fase di forte discontinuità.
Lo abbiamo fatto in nome di una nuova speranza collettiva e per senso di responsabilità, con coraggio e a viso aperto, senza imbrogli e senza trame di palazzo, mossi da un’unica convinzione: occorre avviare una nuova fase, perché la grande questione socialista possa ritrovare cittadinanza e slancio dall’azione di un PSI fortemente rinnovato. Quindi, a fronte delle gravi insufficienze della gestione del partito, culminate nella decisione, di cui il segretario si è assunto l’intera responsabilità, di non presentare la lista di partito nelle ultime elezioni politiche, in una condizione a noi assolutamente favorevole, abbiamo posto il problema di una gestione unitaria del PSI. Una gestione nuova e aperta al nuovo per costruire una nuova fase della storia socialista proporzionale alla speranza e alle aspettative di giustizia di chi ancora crede in questa cultura.
Una fase aperta che ci consenta di lasciare alle spalle le piccoli questioni della vita quotidiana interna al PSI e di superare l’errore più grave compiuto dal segretario in questi anni, nonostante le costanti e ripetute sollecitazioni perché si cambiassero strada e comportamenti: ovvero, la logica della chiusura del piccolo partito in sé. Che gioca con la politica delle alleanze, un po’ al centro e un po’ a sinistra, ma che non ha esplicitato una vera strategia. da perseguire. Una politica senza coerenza e coraggio, fatta di piccole cose prese a prestito dall’attualità. Una politica del galleggiamento, che ha avuto paura di una gestione condivisa e allargata del PSI. Ha avuto paura di raccogliere nuove adesioni e nuovi iscritti, ha puntato ad essere in pochi per non dover fare i conti con un gruppo dirigente allargato e con una base di iscritti che sarebbe stata sempre più esigente. La paura del confronto e, peggio ancora, di qualcuno che potesse fare ombra o “portare via il posto”. Non è un caso che nonostante le tante proposte, il partito finisca il ciclo dal congresso di Perugia ad oggi senza aver trovato la forza di nominare il proprio presidente, scegliendo tra le tante personalità che ancora ci sono vicine, così come tra quelle che avrebbero potuto dare al partito più immagine e più vigore. Così siamo passati negli ultimi cinque anni dalla fase difficile, ma certamente chiara della Costituente del 2008, al taglio delle ali e al taglio delle teste. Per essere in pochi. E da allora ad oggi si contano di più coloro che hanno lasciato il partito o che con il PSI hanno rotto rapporti di confronto e di collaborazione, di quanti si siano avvicinati.
Ecco perché, per ragioni politiche e organizzative il Congresso deve essere straordinario nella forma e nelle sostanza, deve avere un carattere rifondativo, deve muovere dalle radici più profonde delle nostre esperienze per rivolgersi a quanti credono ad una sinistra socialista possibile, uniti da una nuova alleanza e da un rinnovato legame di solidarietà.
Per voltare pagina, per aprire una fase nuova del nostro futuro. Una fase aggregante, una gestione allargata e collegiale, una fase in cui tutti gli iscritti possono sentirsi protagonisti e partecipi di un nuovo percorso.
Dopo vent’anni ci sono le condizioni per farlo.
Per ragioni strutturali e per ragioni politiche.
Perché la domanda socialista nella politica, nell’economia e nella società è una domanda forte che non trova rispondenza in una adeguata offerta politica. Nessun partito della sinistra, al di là di qualche sporadica dichiarazione con riferimento al socialismo europeo, ha dimostrato di voler perseguire una politica socialista e di caratterizzare la propria politica in questa prospettiva.
Contemporaneamente, mentre la destra tende ad aggregarsi intorno ad un centro che si candida come unico soggetto politico garante della governabilità e della stabilità, senza alternative appunto, il centrosinistra, e il PD in particolare, non cogliendo appieno la gravità del momento, rischia di essere risucchiato nella logica della stessa governabilità, senza proporre un’alternativa di sistema di cui ci sarebbe assolutamente bisogno.
Ecco perché solo un grande e radicale cambiamento della politica economica non più solo basata sulla cosiddetta politica dell’austerità con la inevitabile riduzione della base produttiva, solo profonde riforme istituzionali che consentano ai cittadini di ricostruire un patto di fiducia con uno Stato che oggi non è garante di giustizia e di uguaglianza, solo una politica economica e di crescita che consenta una diversa redistribuzione della ricchezza insieme alla difesa delle conquiste sociali su cui ancora si regge il paese, può rendere credibile una nuova sinistra socialista giusta e popolare.
Ciò che proponiamo in occasione del prossimo congresso del PSI non è quindi di ridistribuire le carte all’interno di un gruppo dirigente più o meno ristretto, ma di chiamare il popolo socialista, giovani e anziani, donne e uomini, che ci crede e che è stato in tutti questi anni fedele all’idea di socialismo a partecipare insieme ad una vera e propria “rivoluzione culturale”, partendo da un dato certo: anche nel nostro paese, come nel resto d’Europa e del mondo, a fronte della crisi morale in cui si è infilato il capitalismo internazionale e a fronte delle ingiustizie prodotte da politiche liberiste senza regole, esiste una domanda potenziale di socialismo, come garante di uguaglianza e di giustizia, cui non risponde né la politica né i partiti. Spetta a noi socialisti dare delle risposte e agire con coerenza.
Il nostro obiettivo è quindi quello di iniziare con generosità un nuovo percorso, un nuovo inizio. Una fase nuova di rilancio e di rigenerazione della politica della sinistra socialista dal basso, chiamando gli italiani che ci stanno a partecipare, in nome di un idea dell’Italia che vogliamo e possiamo indicare. Una visione strategica per il futuro delle giovani generazioni. Un partito della verità, ripartendo da quelle negate in tutti questi anni, agendo subito su tre fronti dentro e fuori il partito.
Il fronte del partito perché il PSI sia ricondotto alla sua missione storica. Il fronte della cultura socialista da riproporre alla società in forme nuove e adeguate ai bisogni attuali. E quello della ricostruzione di un area politica ed elettorale che ci consenta di affrontare con dignità le prossime scadenze: le elezioni europee, le prossime politiche e quelle amministrative e aprire una fase grande anche dal punto di vista dei consensi.
Un’iniziativa da perseguire con abnegazione tutti i giorni e a tempo pieno, che guarda lontano per ridare ai giovani e agli anziani quella fiducia e quella speranza che seppero dare i socialisti agli inizi del secolo scorso. Un movimento di rottura con la storia recente e con le ipocrisie dell’ultimo ventennio, forte e riconoscibile in tutta l’opinione pubblica. Una contemporanea risposta a quel bipolarismo coatto e senza ideali che non ha consentito alla grande tradizione del socialismo italiano ed europeo di avere nuova voce. Che ha imbarbarito la politica e persino le coscienze. Andiamo alle nostre radici migliori e lì troveremo la strada della nostra affermazione e della nostra modernità.