I SOCIALISTI NEL DIBATTITO DELLA SINISTRA di Valdo Spini
11 aprile 2017
Mentre si apre il processo che porterà alle primarie del Pd il 30 di aprile, con le rilevanti conseguenze che ne deriveranno, vale la pena di formulare qualche considerazione sulla recente conferenza nazionale di Napoli della nuova formazione politica Art.1-Movimento Democratico e Progressista.
Passare dalla fase (e dallo spirito) della scissione alla fase e allo spirito della costruzione. È questa la prova che attende il movimento. Ciò significa manifestare capacità di apertura e di pluralismo, puntare con decisione a raccogliere quanti si sono distaccati dal voto e dalla politica in questi anni, non ritrovando più dei punti di riferimento adeguati alle loro aspettative, nonché i giovani che sono stati protagonisti nella vittoria del NO, sia dal punto di vista della loro alta partecipazione che dal punto di vista del voto che hanno espresso.
Forse, in questo senso, sarebbe stato preferibile un nome più semplice, quello di Partito del Lavoro, nella duplice accezione di voler rappresentare ogni tipo di lavoro, subordinato, autonomo, imprenditoriale e di affermare l’occupazione come obiettivo prioritario della nuova formazione politica.
Il partito democratico era nato da una frettolosa “fusione a freddo” delle culture post-comunista e cattolica di sinistra. Ormai lo dicono tutti. Una fusione a freddo in realtà distante proprio dallo spirito pluralista della Costituzione in cui un socialista come Lelio Basso aveva formulato il fondamentale art.3 (è compito della repubblica rimuovere gli ostacoli…) e di cui l’azionista Calamandrei aveva saputo celebrare lo spirito di “rivoluzione promessa”. In un certo senso è proprio dal fallimento di questa “fusione a freddo” che è nata l’affermazione della leadership di Matteo Renzi. Nel momento in cu si smantellavano o si indebolivano le tradizionali aggregazioni sociali, si cercava lo sbocco istituzionale come sostituto di una necessaria ripresa di collegamenti reali con la società italiana nel profondo delle sue pieghe e delle sue contraddizioni.
Una politica questa che è finita nel vicolo cieco del referendum del 4 dicembre e che ci pone tutti in una situazione politica difficile ed incerta.
Bisogna allora passare dall’affermazione del NO ad una riforma sbagliata, ad un SI ad una politica nuova. Un SI alle speranze di poter uscire dalla situazione di retroguardia in cui l’Italia si trova nella zona euro attraverso un’adeguata politica economica. Vanno considerati in questo senso i “Sei punti” lanciati dall’economista Pier Luigi Ciocca ad una recente riunione della Fondazione Circolo Rosselli. Un Si alle speranze di riprendere un controllo ed una programmazione del flusso migratorio cui l’Italia è particolarmente esposta non solo per motivi geografici, ma per le regole dell’accordo di Dublino. Un No ai provvedimenti frammentari e alla mance (gli ottanta euro), un SI a piani effettivi di investimenti pubblici, di qualificazione della formazione e di sviluppo delle ricerca con effetti concreti sul moltiplicatore e la produttività del lavoro.
I sondaggisti individuano in almeno il 10% l’area potenziale di espansione a sinistra del Pd. Non è poco ed è qualcosa che potrebbe influenzare le vicende politiche del nostro paese. Il fatto è che quest’area è attualmente articolata in varie formazioni politiche o interessata da varie ipotesi di ristrutturazione e di aggregazione, come il Campo Progressista di Giuliano Pisapia. Lo stesso Mdp è frutto della convergenza tra parlamentari e militanti provenienti dal Pd e parlamentari e militanti che non hanno condiviso il congresso cui si è costituita Sinistra italiana, formazione politica che anch’essa si situa nel campo della sinistra
Come superare questo stato di cose. Non certo con un’appiccicatura diplomatica di vertice dell’ultimo momento finalizzata alla costituzione di listoni che superino le attuali (o future) soglie di sbarramento. Sarebbe cosa troppo fragile. Una ricomposizione unitaria ha bisogno, a monte, di un confronto programmatico serio e concreto, sviluppato in uno spirito costituente.
Tanti hanno fatto in questi anni delle belle battaglie, ma tanti hanno fatto in questi anni anche tanti errori. Non mi sembra quindi che si possano precostituire maestri ed allievi . Mi sembra invece che un processo costituente condotto non dall’alto verso il basso ma dal basso vero l’alto possa suscitare nuove energie, aggregare nuove iniziative, specie giovanili, creare un trend positivo.
Proprio uno spirito costituente, attraverso l’affermazione di un pluralismo reale delle provenienze e dei percorsi politici dei promotori, richiamando in campo anche l’area socialista- laburista, cioè proprio il contrario di quella fusione a freddo che aveva caratterizzato la formazione del Pd, può far uscire dall’ambito della scissione per volare alto nella costruzione di un soggetto ampio e pluralistico. In tal modo divisioni vecchie e nuove potrebbero essere superate soddisfacentemente ed attirare anche nuovi apporti e nuovi consensi che potrebbero venire dalle tormentate vicende che ci attendono nei prossimi mesi. Vi sono anche reti giovanili interessanti cui possiamo guardare con interesse e con fiducia.
La vittoria del No è stata la difesa dei valori e dei principi della Costituzione: libertà, uguaglianza, solidarietà e partecipazione. Ora si deve sviluppare la necessaria iniziativa programmatica e politica per affermare un SI alla loro attuazione, sviluppando tutte e forze e le convergenze utili e feconde.
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